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4 anni ago · · 0 comments

Attacco, fuga o congelamento in breve

Davanti a un pericolo si attivano in condizioni normali le risposte di attacco, fuga o congelamento(freezing).

Nel mondo animale il congelamento ha la funzione di simulare un’immobilità corporea tale da permettere di non farsi vedere da un predatore mentre l’animale stesso valuta quale strategia, di attacco o fuga, attuare.
Quando nessuna di queste due strategie appare possibile, lo svenimento come finta morte sembra essere l’unica risposta possibile: si tratta di un’immobilita tonica, da intendersi come risposta adattiva di tipo automatico volta alla, visto che i predatori puntano per lo più prede in movimento.

Nell’uomo il congelamento è una forma di difesa messa in atto in situazioni di pericolo.
Quindi, è ovviamente forte il legame con la paura/terrore.
In quella situazione, cervello e corpo smettono di comunicare, mente pericolo esterno e cervello restano connessi: questa dinamica afferisce ai traumi.

Quindi il primo sistema che si attiva è il parasimpatico ventrovagale per abbassare il livello di conflitto; se non va a buon fine si attiva il sistema simpatico e, quindi, attacco o fuga e quando anche una di queste due risposte non appare possibile, si attiva il parasimpatico dorsovagale, con la morte apparente e, proprio per mezzo dell’attivazione del sistema dorso-vagale, vi è un distacco dall’esperienza: le possibili manifestazioni dissociative su collocano qui.

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Francesca Di Donato – Psicologa
Psicologia clinica, dinamica e della salute – percorsi individuali, di coppia e in gruppo: in presenza e online
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4 anni ago · · 0 comments

Recupero dello stato di salute psichica di una persona

Come si favorisce e/o si recupera lo stato di salute di una persona in ambito psicologico?
Attraverso la psicoeducazione, la prevenzione primaria secondaria e terziaria, il sostegno e/o l’abilitazione-riabilitazione.

Il che vuol dire:
~ favorire consapevolezza,
~ sollecitare e sostenere lo sviluppo di risorse psico-fisiche
~ mobilitare tale risorse in vista dell’obiettivo
~ abilitare-riabilitare quelle già presenti da potenziare o quelle perdute o compromesse da recuperare
~ favorire l’assunzione di responsabilità della persona sul proprio stato di salute, attraverso le sue scelte.

Il fine è favorire uno stato di benessere in cui sapere, saper fare e saper essere si integrano in un processo orientato verso le emozioni, i bisogni e i valori autentici della persona.

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Francesca Di Donato – Psicologa
Psicologia clinica, dinamica e della salute – percorsi individuali, di coppia e in gruppo: in presenza e online
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RIflessioni su Psicologia e scientificità s.s.

4 anni ago · · 0 comments

RIflessioni su Psicologia e scientificità s.s.

La questione metodo-epistemologica della scientificità della Psicologia è argomento aperto e tutt’altro che risolto e fortemente legato al riconoscimento di un costrutto, di un assunto, di una teoria… da parte della comunità professionale in questione.

Troppo a lungo la questione “efficacia” in psicologia è stata studiata con il medesimo modello medico, che non è il nostro, e prima o poi dobbiamo capirlo e farcene una ragione.

Siamo ancorati troppo spesso all’idea che siccome esistono dei protocolli d’intervento psicologico allora siamo legittimati a dire che il nostro lavoro deve essere fondato sulle evidenze e solo su quelle.
Tuttavia nella vita reale una metodologia simile, chiaramente di emulazione medica, non risponde alle necessità della nostra professione, salvo forzare inverosimilmente le cose.

A chi sostiene non ci siano dubbi sul fatto che i nostri comportamenti -sia consci, sia inconsci- e che le nostre interazioni con l’ambiente -animato e/o inanimato che sia- dipendano dal funzionamento del cervello, per coerenza con il trasporto che mostrano per tutto ciò che è basato sull’evidenza, chiedo anche solo una prova empirica di una direzione causale che va dal funzionamento del cervello al comportamento/esperienza. Perché, a oggi, al massimo, mi sembra che si possa fare affidamento su correlazioni aspecifiche e non rapporti causali diretti.

Sorge in me il dubbio che alcuni Psicologi avrebbero, piuttosto, voluto fare i Medici-psichiatri e si siano poi ritrovati a praticare la professione sbagliata o stiano cercando un disperato compromesso tra istanze interiori contrapposte, plasmando la realtà al di fuori di loro stessi, invece di rivolgere lo sguardo dentro loro stessi.

In quanto Psicologi, forti di un’identità umanistico-fenomenologico-esistenziale dovremmo offrire un panorama alternativo a quello medico e ancor più nello specifico a quello psichiatrico e, in tal, modo fare la differenza.

Quando non si sta parlando di ricerca o di statistica in psicologia, ma di terapia psicologica, l’epistemologia che seguiamo non è quella medica o quella empirica strictu sensu e non può esserlo se non a scapito di buona parte del vissuto umano.

La psicologia è quel frammento di esperienza umana nella quale si incontrano “oggetti” ed “eventi” -che sono il prodotto delle attività psichiche della persona che ne è portatore- e i costrutti e le teorie di chi le osserva: ci si confronta con asserti la cui validità non è sempre riconducibile alle spiegazioni della logica o della pratica basata sulle evidenze.

La Psicologia dovrebbe, quindi, abbracciare la filosofia, l’antropologia, l’arte, la poesia, la letteratura, il mondo alchemico… ricordando che -solo per non dimenticare le nostre radici- la più arcaica forma di cura è nella figura dello sciamano che vede riflesse le prime manifestazioni/interventi di ordine psichico (spirituale e psicosomatico). Altresì, la Psicologia dovrebbe abbracciare certamente anche le neuroscienze, proprio perché per sua stessa natura ha il potere di arricchirsi di TUTTA l’esperienza umana, dunque anche quella neuroscientifica; tuttavia, arricchirsi di qualcosa non vuol dire diventare quella cosa: la psicologia è qualcosa di più della semplice somma delle discipline di cui si nutre. 

E mentre si lavora affinché le persone diventino loro stesse, assolvendo alla loro vera natura, in modo assolutamente contraddittorio e incongruente, molti vogliono alterare l’identità della professione che rappresentano, invece di farla essere ciò che essa è.

Quindi la domanda è “chi ha scelto Psicologia, sa davvero di cosa ha scelto di occuparsi?”


Una considerazione aggiuntiva: la nostra legge ordinistica è frutto di un compromesso con i medici, che volevano continuare a fare quello che già facevano prima che venisse istituita la nostra professione (cioè occuparsi di psicologia; infatti, la psicoterapia non è un atto tipico a sé, ma il prodotto giuridico di tale compromesso) e ciò a comportato:
una rincorsa al modello medico fronte politico (la nostra legge ordinistica porta il nome di uno psichiatra e vedi oggi la rincorsa allo Psicologo di base/delle cure primarie),
una rincorsa al modello medico sul fronte operazionale (vedi la visione tutta orientata alla patogenesi e alle etichette diagnostiche)
all’uso di terminologie mediche (anamnesi, pazienti…),
a termini di paragone -peraltro sbagliati- con i medici (ad es. quelli sulla specializzazione)
a categorie diagnostiche ti tipo medico-psichiatrico (vedi DSM)

Probabilmente questo scimmiottamento del modello medico si nutre di questo aspetto più di quanto si possa immaginare, pagando così lo scotto di una identità professionale precaria, di cui si ha ben poca consapevolezza.

Gli Psicologi sono, a oggi, quella categoria di professionisti che, per valorizzare il proprio ruolo, hanno dimenticato le loro radici e di essere professionisti della relazione, bramando di diventare come i medici, i quali la relazione con il paziente l’hanno abdigata a livelli di iterazione fortemente up-down, che spesso rilega la persona in un ruolo di passività. 

Inoltre, per concludere questa riflessione, mi preme ricordare che i paradigmi psicologici sono nutriti da concetti, assunti, costrutti, regole che guidano gli studiosi nella loro conoscenza e nella soluzione di problemi… e non pretendono di cogliere la verità o di descrivere una realtà oggettiva, altrimenti ognuno di essi si chiamerebbe DOGMA e non PARADIGMA.

E spesso si dimentica che anche la significatività statistica a cui spesso si fa riferimento poggia su un accordo comunitario e non su assiomi o su leggi di natura.

Leggi anche:https://scuoladipsicologia.com/2021/04/14/psicologo-come-professione-sanitaria-unidentita-snaturata/
Leggi anche:https://scuoladipsicologia.com/2021/08/18/origini-e-discendenze-della-disciplina-psicologica/

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Francesca Di Donato – Psicologa
Psicologia clinica, dinamica e della salute – percorsi individuali, di coppia e in gruppo: in presenza e online
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4 anni ago · · 0 comments

Studiare Psicologia oggi: prospettive occupazionali.

In Italia abbiamo circa 110.000 Psicologi.

Negli Stati Uniti sono 160.000. 
La differenza è davvero minima se la vediamo in relazione al territorio. 
Il fabbisogno anno dopo anno è zero: questo significa che per anni, non dovrebbero esserci più iscrizioni a Psicologia per rispondere al numero programmato.
Cosa che non accadrà mai.Precisazione. Numero chiuso e numero programmato non sono la stessa cosa: quello programmato è gestito su scala nazionale, calcolato principalmente sulla base delle richieste del mercato; il numero chiuso esprime solo un numero limite espresso dalla singola università per quel preciso corso di laurea, senza guardare al fabbisogno nazionale, ma solo alle proprie risorse interne di copertura. 

Quindi sì siamo troppi rispetto alla capacità del nostro territorio di sfamare sì tante bocche con questo lavoro.

Tanto che a oggi, su 110.000 psicologi, solo 65.000 esercitano la professione: 45.000 sono iscritti all’Albo, senza esercitare. Quindi, su 10 psicologi:
– 4 non esercitano proprio
– 3 guadagnano meno di 600 euro/mese.Tutti i colleghi iscritti all’ordine che fanno altri lavori o non lavorano affatto pesano su tutti quelli che lavorano come Psicologi a livello di contribuzione.Ogni studente universitario costa ai contribuenti circa 8.300 euro/annui: mentre 200 ai 2.000 ce li mette la famiglia con le tasse calcolate in base all’ISEE, circa dai 6.000 ai 7.000 ce li mettono tutti gli altri contribuenti: questo vuol dire che ogni laureato in psicologia che non lavora fa perdere all’intero Paese 45.000 euro sull’intero percorso universitario calcolato sui 5 anni.Vero anche che la maggior parte non lavora o lavora poco per scarse capacità imprenditoriali e/o scarsa conoscenza del mondo del lavoro: arrivare all’abilitazione senza aver fatto nessuna esperienza lavorativa di alcun tipo, appoggiandosi esclusivamente alle risorse familiari, è a mio avviso una degli aspetti che incide sulle capacità di muoversi nel mondo del lavoro, specie per quei lavori che richiedono capacità libero-professionali elevate.

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L’Italia ha una percentuale di laureati tra le più basse dell’Ue: il 20,6% tra i 25 e i 54 anni, ma questo è uno di quei discorsi che spesso ho sentito tirar fuori e che ci hanno messo in ginocchio nel tempo.

Il risultato è che per rincorrere l’Europa o chi per essa sono stati abbassati negli anni gli standard universitari, quindi la qualità formativa è stata intaccata da ipersemplificazioni e promozioni come se non ci fosse un domani già dalle medie.

A cosa ci serve avere tanti laureati, aver creato l’illusione che tutti siano adatti al contesti accademico… se poi si laureano tutti a suon di esami a crocette e manuali che servono a poco sul piano culturale e professionale?
L’università di oggi, fatte rarissime eccezioni, è diventata una barzelletta.A cosa ci occorre avere più laureati se le persone si indirizzano in modo acritico verso discipline per le quali il mercato del lavoro non ha richiesta? 

Non era meglio avere meno laureati, ma di qualità e tutti opportunamente impiegati e orientati verso adeguati settori di impiego?

Oggi ci sono persone con 2/3 lauree, ma per molte di loro non è molto diverso dal fare una raccolta punti al supermercato, perché il valore della laurea di per sé si è perso e solo il singolo individuo -con le sue personali qualità- può ridargli la giusta valorizzazione, purtroppo.

Forse, puntare meno sui numeri -o quanto meno farlo rispetto alle realistiche richieste di mercato- e investire di più su un sistema formativo realmente meritocratico risolverebbe tante questioni.

Ma la domanda è: ti conviene iscriverti a Psicologia, oggi?
Stando ai numeri, NO.
Ma se la tua spinta motivazionale è forte, se la scelta poggia su un valore per te centrale…. nessuno può dirti di evitarlo, anche perché nessuno conosce il tuo potenziale.
Quindi, se la ritieni la miglior scelta possibile per te, allora falla!  Ma mantieni sempre un occhio sul piano di realtà e ricordati che dovrai dare più del massimo da subito, senza aspettare l’abilitazione per imparare a fare lo Psicologo.

Io ho fatto così e a un mese dall’abilitazione già avevo il primo paziente. Da lì un’ascesa progressiva e crescente.
Se ce l’ho fatta io, puoi farcela anche tu.

https://www.enpap.it/DOC/Ebook_ENPAP_Demografia_luglio2019.pdf

AAA. cercasi lavoro https://scuoladipsicologia.com/2020/07/05/a-a-a-cercasi-lavoro-a-tu-per-tu/
L’uso della parola “corso” nella promozione professionale: https://scuoladipsicologia.com/2022/03/16/sulluso-della-parola-corso-nella-promozione-professionale/
Promozione professionale https://scuoladipsicologia.com/2020/07/05/promozione-professionale/
errori e orrori della promozione professionale https://scuoladipsicologia.com/2020/12/16/errori-ed-orrori-della-promozione-professionale/

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Francesca Di Donato – Psicologa
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Counseling e Coaching per lo Psicologo – differenze operative

Che differenza c’è tra il Coaching e il Counseling?

Nel Coaching c’è tendenzialmente una comunicazione supportiva, che è più direttiva, meno facilitante, in vista dell’obiettivo.
Nel Counseling la relazione è di tipo facilitante e in realtà tutto il percorso è fortemente orientato alla relazione.

Nel Coaching il focus sulla motivazione è più accentuato, è più orientato al compito e alla performance, che alla relazione. C’è maggiore sfida del limite e assunzione del rischio.
Nel Counseling l’attenzione è più sul processo.

Nel Coaching c’è molto più modeling e l’attenzione al superamento del problema, più che all’atteggiamento assunto davanti al problema.
Nel Counseling gli obiettivi tengono maggiormente conto del rapporto risorse-criticità.

Nel Coaching, quindi, il supporto è collaborativo, motivante, finalizzato al risultato e/o al miglioramento di una prestazione.
Nel Counseling, il supporto socio-relazionale e psicologico è finalizzato al cambiamento.

“…condividono il nucleo legato alla componente emozionale, che fornisce energia propulsiva…” (Nico, 2003)

Questa descrizione va intesa in termini generali senza perdere di vista il singolo professionista con le sue caratteristiche peculiari.

 

A oggi, Counseling e Coaching oltre ad essere ad appannaggio degli Psicologi, sono praticati da chiunque voglia avvalersi,  anche senza aver frequentato alcun corso, della L. 4/2013 che disciplina professioni non organizzate in Ordini o Collegi, quindi è importante verificare che ci si stia rivolgendo al professionista che davvero si desidera.

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Francesca Di Donato – Psicologa
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Prima prova edS

La prima prova dell’esame di stato è il TEMA.
L’argomento della traccia e le richieste formulate in essa possono variare in base alla sede in cui si svolgerà l’esame e in base soprattutto alla commissione esaminatrice.
Vi sono, tuttavia, dei punti che generalmente le commissioni richiedono di sviluppare relativamente un dato costrutto o fenomeno.
Ciò non significa dar vita a un elaborato schematico e macchinoso.
Trattandosi di un tema è importante utilizzare uno stile omogeneo tenendo sempre in considerazione le richieste e le preferenze della commissione.
Sarà dunque necessario mantenere un approccio flessibile allo studio, in modo da poter adattare le proprie conoscenze a qualsiasi richiesta.

  • Il primo punto è la definizione del costrutto o fenomeno. Sarebbe opportuno riportare una definizione condivisa dagli studiosi e soprattutto comprensibile. A tal fine potrebbe risultare utile la consultazione di testi universitari e di articoli scientifici. Alcune commissioni richiedono, oltre la sola definizione, di indicare autori, teorie o branche della psicologia che storicamente si sono occupate di studiare il costrutto o fenomeno in questione. Qualora richiesto, tale punto dovrà essere sviluppato sinteticamente. Ciò significa indicare in poche righe autori o filoni di pensiero specificando il loro contributo in termini generali.
  • Un ulteriore punto da sviluppare riguarda l’approfondimento di una o più teorie: dunque sarà opportuno, durante lo studio, approfondire per ogni argomento almeno due teorie prestando particolare attenzione agli esperimenti a loro sostegno nonché ai punti di forza e debolezza di ciascuna, informazioni particolarmente utili in caso di confronto fra più teorie. Generalmente la traccia non indica le teorie da approfondire pertanto la scelta di esse è assolutamente soggettiva. Trattandosi di argomenti ampiamente studiati durante il percorso di studi, anche in questo caso potrebbe risultare utile la consultazione di testi e materiale universitario. Ciò, oltre a rendere soggettiva la scelta, faciliterebbe la possibilità di fare collegamenti validi all’interno del tema e soprattutto la possibilità di fare riferimento a teorie e studi recenti. Quest’ultimo aspetto non è da sottovalutare dal momento che negli ultimi anni alcune commissioni richiedono esplicitamente di fare riferimento nella stesura dell’elaborato a letteratura recente.
  • La traccia potrebbe richiedere anche di indicare strumenti e metodi di indagine del costrutto o fenomeno oggetto di argomentazione. Generalmente non si richiede al candidato di stilare una lista di strumenti, bensì di indicarne alcuni spiegando sinteticamente in cosa essi consistono. A tal fine, potrebbe risultare utile la consultazione di materiale universitario, in particolare di testi inerenti alla valutazione diagnostica oppure la consultazione del sito Giunti Psychometrics, grazie al quale è possibile accedere gratuitamente alla descrizione degli strumenti presenti nel catalogo. Qualora possibile, sarebbe preferibile mantenere, nella scelta degli strumenti, una coerenza interna rispetto le teorie precedentemente illustrate.
  • Infine un ultimo punto da sviluppare riguarda gli ambiti applicativi ovvero gli ambiti in cui possono trovare utilizzo concreto le teorie precedentemente scelte. Una volta individuato l’ambito sarò opportuno spiegare in linee generali in che modo le teorie trovano applicazione proprio in esso.

Di seguito sono elencate tutta una serie di tematiche che potrebbe risultare vantaggioso ripassare per la prima prova. È possibile tenere a mente i punti appena descritti per la maggior parte di esse, fatta eccezione per alcune tematiche non convenzionali e per argomenti attinenti alla metodologia. Rendere lo studio soggettivo per ognuna delle seguenti tematiche, consultando materiale universitario e attingendo al proprio bagaglio di conoscenze e competenze, faciliterà l’apprendimento e soprattutto la possibilità di ricordare molti contenuti il giorno dell’esame.


Scarica qui: La prima prova edS

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Jessica Caiazza – Psicologa
Ambiti: tutoraggio all’apprendimento nei disturbi specifici dell’apprendimento – riabilitazione psicologica in persone adulte con disabilità
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Francesca Di Donato – Psicologa
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Seconda prova edS

La seconda prova dell’esame di stato è il PROGETTO.  Il candidato dovrà progettare un intervento specifico, rispondendo esattamente alle richieste della traccia.
Al contrario del tema sarà necessario prediligere uno stile di risposta schematico ricordando di non aggiungere nulla in più a quanto richiesto.

Nel rispondere alle varie richieste è importante ricordare di rispettare una coerenza interna: la tematica e il target dovranno orientare cioè la scelta di un modello teorico di riferimento e di conseguenza di una metodologia di lavoro. La metodologia di lavoro aiuterà a definire precisamente gli obiettivi specifici del progetto i quali consentiranno la scelta di tutte le attività o azioni necessarie al loro raggiungimento.

 

Sarà necessario attenersi, nella scelta della metodologia e delle attività specifiche, alla realtà entro cui si interviene e scegliere, pertanto, obiettivi realizzabili nel determinato contesto.
Affinché il progetto sia realistico sarà inoltre necessario scegliere azioni da poter realizzare in tempi plausibili.

Date tali premesse, vediamo nel dettaglio i punti che generalmente vengono richiesti di sviluppare nella stesura del progetto.

 

Il titolo

Non sempre è richiesto di assegnare al proprio progetto un titolo, tuttavia è preferibile formularne uno.
Il titolo dovrà necessariamente essere sintetico, richiamare i contenuti del progetto e potrà assumere una forma creativa:
(es. Non smetto quando voglio!) oppure tecnica (es. prevenire il disagio giovanile).

 

Inquadramento del problema o premessa

Nella premessa va riportata una breve descrizione del fenomeno e i riferimenti teorici che si ritengono utili ai fini di una maggiore comprensione dello stesso.
Sarebbe auspicabile inquadrare da subito il fenomeno all’interno di una cornice teorica specifica la quale orienterà successivamente la scelta della metodologia di lavoro.

Per sottolineare la rilevanza del fenomeno in questione potrebbe essere particolarmente apprezzato il riferimento alla prevalenza o incidenza, dello stesso, nella popolazione generale.
Queste specifiche informazioni sono accessibili, a seconda dell’argomento, da fonti quali ISTAT, MIUR ecc.

Alcune commissioni richiedono di indicare, all’interno dello stesso paragrafo, anche l’analisi del contesto ossia di fornire sinteticamente una visione della situazione e dell’ambiente nel quale si andrà ad operare.

Destinatari o target

I destinatari sono coloro ai quali è rivolto il progetto. È opportuno specificare, in base alla problematica e alla realtà in cui si interviene, le caratteristiche salienti del target come la numerosità, il range di età oppure la diagnosi.
Generalmente si distinguono in destinatari diretti (popolazione con cui lavoriamo direttamente) e destinatari indiretti (popolazione che trae beneficio o vantaggio dal nostro progetto).

 

Obiettivi

Per la definizione degli obiettivi sarà necessario scegliere verbi forti e riportarli in forma infinita.
Tendenzialmente, in tale sezione, va distinto l’obiettivo generale del progetto dagli obiettivi specifici:
– L’obiettivo generale è lo scopo ultimo del progetto e riguarda il titolo dello stesso (es. prevenire comportamenti devianti in adolescenza).
– Gli obiettivi specifici, invece, sono quei cambiamenti che ci si attende dal nostro intervento.
Essi devono essere coerenti con le attività che si andranno poi a descrivere e devono riferirsi a dimensioni o variabili concretamente osservabili, in grado dunque di dare delle informazioni sull’efficacia dell’intervento.

 

Metodologia

In tale paragrafo andrà sinteticamente descritta la metodologia di lavoro. Andrà dunque specificato brevemente in cosa essa consiste. Le principali metodologie a disposizione dello psicologo da approfondire per l’esame di stato sono di seguito elencate. Si potrà privilegiare una sola metodologia oppure più di una in maniera integrata.
Nel caso di integrazione di modelli parliamo di Modello integrato. Nel caso di integrazione di strumenti e tecniche si parlerà di integrazione da eclettismo tecnico. (Per approfondire cerca la sezione MODELLI PSICOLOGICI su questo sito).

Fasi, attività, tempi

In tale paragrafo andranno descritte le azioni che si ritengono necessarie al fine del raggiungimento degli obiettivi specifici prefissati. Dunque tali attività dovranno necessariamente essere coerenti con essi.
Di seguito un esempio illustrativo di coerenza tra obiettivi e attività.  Ovviamente nel progetto le attività andranno descritte accuratamente.

Oltre tutte le azioni necessarie al raggiungimento degli obiettivi specifici sarà importante indicarne alcune, di seguito riportate, che possono essere inserite in ogni tipologia di progetto.
Per rendere il progetto lineare si potrà suddividere tutte le attività in fasi.

Di seguito uno schema riassuntivo da poter utilizzare come guida per la stesura di tale paragrafo.

Per ogni incontro/attività va stabilita la durata, i luoghi, il personale coinvolto e il target attivo.

Risorse

In tale paragrafo andranno elencate tutte le risorse necessarie per la realizzazione del progetto. Esse vengono distinte di norma in risorse materiali (locali, materiale di ufficio, strumenti vari…) e risorse umane (equipe di professionisti).

 

Budget

Tale paragrafo non è sempre richiesto dalla commissione pertanto andrà indicato solo se espresso nella traccia. Qualora richiesto, si potrà indicare una cifra ipotetica tenendo in considerazione i costi delle risorse materiali e delle singole figure professionali coinvolte. A tal fine, e per quanto riguarda la figura dello psicologo, si potrebbe consultare il nomenclatore -e il relativo tariffario- delle prestazioni il quale in maniera orientativa consentirà di stabilire dei costi.
Poiché tutto ciò potrebbe risultare eccessivamente complesso si potrà optare anche per l’utilizzo di espressioni generiche “Come da tariffario ordinistico”.

Rischi

In tale paragrafo andranno elencati tutti gli aspetti che possono costituire un ostacolo al raggiungimento degli obiettivi prefissati e allo svolgimento delle singole attività.
Essi andranno valutati in base al progetto specifico. Di seguito sono elencati esempi di rischi più frequenti.

  • Atteggiamento non collaborativo dei partecipanti
  • Scarsa motivazione del target
  • Pregiudizi verso la figura dello psicologo o altre figure professionali
  • Spazi non adeguati
  • Partecipazione improvvisamente interrotta

 

Valutazione

In tale paragrafo andranno specificati i momenti della valutazione. Di seguito uno schema riassuntivo da poter utilizzare come guida per la stesura di tale punto.

Di seguito un elenco di possibili tematiche da poter considerare per la preparazione della seconda prova.

Come prima cosa, sarà necessario approfondire le singole metodologie di lavoro a disposizione dello psicologo e tutti quegli strumenti trasversali dei quali può servirsi (focus group, brainstorming, laboratori ecc.). Successivamente sarà indispensabile, per ogni tematica che si riterrà utile, preparare una premessa ragionando sulla metodologia di lavoro più opportuna a seconda dei vari possibili target. Tale esercizio consentirà di entrare sempre più nel linguaggio progettuale.

 

LAVORO

·         Prevenzione dello stress lavoro correlato
·         Prevenzione del burnout
·         Prevenzione del mobbing
·         Promozione del benessere organizzativo
·         Promozione della sicurezza nei luoghi di lavoro

·         Intervento di empowerment in azienda

·         Sviluppo delle competenze comunicative

 

SCUOLA

·         Integrazione di alunni stranieri nel gruppo classe

·         Inclusione di alunni con disabilità o bisogni educativi speciali

·         Educazione stradale

·         Educazione alla legalità

·         Educazione alla sessualità

·         Educazione all’uso corretto della tecnologia

·         Prevenzione di condotte a rischio

·         Prevenzione del bullismo

·         Prevenzione del fenomeno della dispersione scolastica

·         Prevenzione dei disturbi del comportamento alimentare

·         Prevenzione dei disturbi specifici dell’apprendimento

·         Orientamento professionale

·         Realizzazione di uno sportello di ascolto

 

COMUNITA’

·         Integrazione dei migranti nella comunità

·         Reinserimento sociale o lavorativo di ex detenuti

·         Contrastare la violenza di genere

·         Contrastare il fenomeno della povertà ed emarginazione sociale

·         Strutturazione di un centro antiviolenza

 

EMERGENZA

·         Intervento in caso di eventi naturali disastrosi

.         Intervento in caso di epidemia/pandemia

 

ANZIANI

·         Promozione del benessere nella popolazione anziana

·         Potenziamento della memoria negli anziani

·         Intervento rivolto a soggetti con demenza e ai loro familiari

·         Strutturazione di una casa di riposo

 

CLINICA

·         Intervento rivolto a pazienti con diagnosi psichiatriche e ai loro familiari

·         Strutturazione di un centro diurno

 

FAMIGLIA

·         Sostegno alla genitorialità

 

Altre tematiche attuali:

·         Hikikomori

·         Gioco d’azzardo

·         Dipendenza dal rischio

·         Cyberdipendenze

·         Baby blues

·         Baby mamme

·         Prostituzione minorile

·         Violenza su bambini negli asili e nelle scuole

·         Violenza su anziani nelle strutture

·         Separazione e divorzio

Scarica qui La seconda prova edS

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Ambiti: tutoraggio all’apprendimento nei disturbi specifici dell’apprendimento – riabilitazione psicologica in persone adulte con disabilità
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Terza prova edS – 1/4 indicazioni caso clinico adulti ed evolutivo

La terza prova dell’esame di stato è il caso clinico. Generalmente le commissioni danno possibilità di scelta tra più casi: caso clinico adulto, caso clinico evolutivo, caso di neuropsicologia, caso di lavoro. Tuttavia, non sempre le commissioni decidono di inserire tutte le opzioni elencate pertanto sarà necessario orientare lo studio su almeno due di esse.

Le indicazioni presenti in tale articolo potranno essere prese come punto di riferimento per il caso clinico adulto ed evolutivo. Generalmente al candidato viene richiesto, a partire dalla descrizione più o meno dettagliata di un quadro sintomatologico, di:

  • Formulare un ragionamento clinico quindi di avanzare delle ipotesi diagnostiche
  • Di indicare nel dettaglio le aree da approfondire al fine di confermare l’ipotesi diagnostica principale ed escludere le restanti
  • Di indicare tutti gli strumenti utili alla raccolta delle informazioni necessarie
  • Di avanzare delle ipotesi di intervento

Prima di descrivere più dettagliatamente la struttura indicata è bene sottolineare l’importanza di leggere attentamente e più volte il testo e di utilizzare nella stesura sempre espressioni ipotetiche. Espressioni come “sarebbe opportuno indagare”, “potrebbe essere utile approfondire”, “potrebbe indurre a pensare” e così via consentono di dimostrare alla commissione che non si sta dando nulla per certo. Va ricordato infatti che non è richiesto di «indovinare» la diagnosi ma dimostrare di saper fare un ragionamento clinico di valutazione.

 

  1. APERTURA

In apertura del proprio elaborato sarà opportuno dichiarare il modello diagnostico che si andrà a prendere in considerazione. Per il caso clinico adulto ed evolutivo si potrà prendere in considerazione il DSM nella sua ultima versione. Ciò significa che lo studio approfondito dei criteri diagnostici, delle differenze tra i diversi quadri patologici, è una condizione essenziale per superare la prova in questione.

Dunque l’elaborato potrà iniziare con frasi del tipo:

“Per le finalità diagnostiche richieste si farà riferimento al DSM 5.”

“Per l’analisi del caso e l’inquadramento diagnostico si farà riferimento al DSM 5.”

 

  1. IPOTESI DIAGNOSTICA E DIAGNOSI DIFFERENZIALE (RAGIONAMENTO CLINICO)

Sarà opportuno, al fine di formulare un ragionamento clinico più chiaro e lineare possibile, far precedere alla stesura di tale punto i seguenti passaggi per i quali si potrà sfruttare la brutta copia.

– Intercettare nel testo le informazioni cliniche ovvero solamente le informazioni traducibili in criteri diagnostici

– Tradurre ciascun’informazione clinica in criterio diagnostico

– Per ogni criterio diagnostico individuato indicare le categorie ampie di disturbi in cui poter riscontrare il sintomo

– Per ciascuna categoria ampia elencare i soli disturbi in cui il sintomo rappresenta un criterio diagnostico

– Dal momento che più sintomi convergeranno in uno stesso disturbo si potranno a questo punto prendere in considerazione due o tre ipotesi diagnostiche appuntando per ciascuna le informazioni cliniche mancanti nel testo

– Individuare nel testo le informazioni aggiuntive ovvero tutte quelle informazioni significative ma non traducibili in criteri diagnostici

– Tra le ipotesi avanzate, quella che riuscirà meglio a spiegare i sintomi e che risulterà coerente anche con le informazioni aggiuntive presenti nel testo rappresenterà l’ipotesi diagnostica principale

Una volta realizzato un simile schema preliminare si potrà procedere con la stesura discorsiva dell’intero ragionamento effettuato.

 

  1. AREE DA APPROFONDIRE

In tale paragrafo bisognerà indicare tutti quegli aspetti da approfondire accuratamente al fine di confermare o meno l’ipotesi diagnostica formulata.

In prima analisi si dovrà prendere in esame i bisogni della persona, le sue motivazioni e aspettative attraverso una analisi della domanda. Molte di tali informazioni sono deducibili dall’invio, non sempre spontaneo. Tale indagine iniziale consentirà allo psicologo di fornire informazioni comprensibili rispetto a ciò che verrà fatto e di fissare obiettivi concordati e congruenti con il percorso. Ricordiamo come quest’ultimo aspetto sia condizione necessaria per passare al consenso informato.

A questo punto si potrà procedere all’analisi del problema ovvero all’analisi di tutte quelle informazioni mancanti nel testo ma necessarie ai fini di una maggiore comprensione del caso. Di seguito uno schema indicativo e riassuntivo delle possibili informazioni da poter inserire nella stesura dell’analisi del problema.

Le informazioni sopra elencate dovranno essere scelte a seconda del caso specifico. La scelta di esse dovrà essere dettata da un attento ragionamento individuale.

 

4.STRUMENTI

In questo paragrafo andranno indicati tutti gli strumenti utili alla raccolta delle informazioni necessarie.

Uno di essi è sicuramente il colloquio dal quale si possono ricavare informazioni importanti sia sul piano verbale che non verbale.

Un altro strumento da poter indicare, sia nel caso adulto che evolutivo, è la cartella anamnestica utile per delineare la storia clinica del paziente.

In aggiunta a questi, e a seconda del caso, andranno indicati uno strumento ad ampio spettro e uno o più strumenti specifici strettamente legati all’ipotesi diagnostica formulata e alla diagnosi differenziale. Nella scelta di questi ultimi bisognerà prestare molta attenzione e verificare che

– non siano validati sulla precedente versione del DSM

– possano essere somministrati a persone che abbiano l’età specifica del nostro paziente

Per ciascuno strumento andrà motivata la propria scelta.

Di seguito degli schemi riassuntivi dai quali poter prendere spunto per la scelta degli strumenti. È bene non dimenticare di scegliere gli strumenti in base al caso specifico.

  1. IPOTESI DI INTERVENTO

In tale paragrafo il candidato dovrà indicare una ipotesi di intervento quindi esplicitare, a seconda del caso specifico, quale trattamento potrebbe essere indicato e i suoi obiettivi specifici. Si potranno dunque ipotizzare uno o più livelli di intervento (individuale, familiare, scolastico) di tipo supportivo, espressivo oppure entrambi. A prescindere dalla scelta privilegiata occorrerà motivare quanto scritto cercando di non ricorrere a citazioni standard ma seguendo un filo logico e lineare.

 

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Scaletta adulti
https://scuoladipsicologia.com/2020/07/11/terza-prova-eds-2-3/

Modello di stesura caso clinico adulti
https://scuoladipsicologia.com/2020/07/11/modello-di-stesura-caso-clinico-adulti/

Scaletta evolutivo
https://scuoladipsicologia.com/2020/07/26/terza-prova-eds-4-4-scaletta-evolutivo/
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Jessica Caiazza – Psicologa
Ambiti: tutoraggio all’apprendimento nei disturbi specifici dell’apprendimento – riabilitazione psicologica in persone adulte con disabilità
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Francesca Di Donato – Psicologa
Psicologia clinica, dinamica e della salute – percorsi individuali, di coppia e in gruppo: in presenza e online
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Terza prova edS – 2/4 – scaletta adulti

Fase di stesura del caso clinico adulti: i punti fondamentali.

– Ipotesi diagnostica in base al manuale di riferimento: riportare elenco sintomi presenti nel testo
ipotesi di intervento al fine di
. confermare l’ipotesi diagnostica e valutare il livello di gravità
. procedere con gli atti tipici dello Psicologo L.56/89, art.1

– Diagnosi differenziale

– Egosintonicità/egodistonicità dei sintomi

– Esplorare il bisogno/analisi della domanda

– Aspettative sul percorso e obiettivi

– Contratto

– Consenso informato e informativa privacy

– Se è stata inviata/o, se viene accompagnata/o, se chiama lui/lei o qualcuno per lui/lei

– Grado di autonomia/dipendenza

– Motivazione intrinseca/estrinseca e stadio del cambiamento

– Precedenti percorsi terapeutici

– Esplorazione del vissuto
. in quale periodo è insorta la sintomatologia
. malesseri precedenti
. tentate soluzioni
. risorse attivate

– Esplorazione aree di vita e contesto familiare

– Sguardo alle aree di benessere/risorse

– Strumenti:
. colloquio
. cartella anamnestica/storiografica
. diario
. agenda
. test personalità
. test specifici

– Eventuali colloqui con familiari

– Eventuali consulti (psichiatra, neurologo…)
– Eventuale invio a specialista

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Francesca Di Donato – Psicologa
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4 anni ago · · 0 comments

Terza prova edS – 3/4 – Modello di stesura caso clinico adulti

Dagli elementi presentati (inserire elenco dei sintomi riportati nel testo), facendo riferimento al DSM V (o altro manuale diagnostico) si potrebbe ipotizzare (inserire l’ipotesi diagnostica), che va in diagnosi differenziale con…

Al fine di confermare l’ipotesi diagnostica formulata, precederei con la seguente ipotesi d’intervento.

Attraverso un ascolto attivo e l’osservazione fenomenologica, con accettazione incondizionata, esplorerei il bisogno del paziente, attraverso un’attenta analisi della domanda.
Arriverei, così, alla definizione del contratto da verificare, poi, momento per momento.

Chiederei come mai chiede aiuto proprio ora e approfondirei le aspettative riguardo al percorso e ai suoi obiettivi; darei delle informazioni riguardo a essi, in merito a cosa faremo, e a come e quando lo faremo, sottolineando l’importanza di fissare obiettivi concordati, concreti, realizzabili e congruenti col percorso e alla luce degli atti tipici dello Psicologo espressi dall’art. 1 della Legge 56/89:  attività di prevenzione -primaria, secondaria e terziaria- sostegno, abilitazione-riabilitazione psicologica; passerei, così, al consenso informato.

Nei primi incontri userei un basso livello di strutturazione, quindi farei uso di una modalità di colloquio non-direttiva, per poi, successivamente, a seconda del momento e del caso, valutare se passare da uno stile non direttivo, a uno semi-direttivo o direttivo, muovendomi con flessibilità.

L’ascolto, autentico, coinvolgerebbe sia un aspetto critico, volto a valutare la razionalità e le coerenza di un discorso, così come a evitare ipergeneralizzazioni, e un aspetto empatico, che favorisce l’autoesplorazione.

A questo punto approfondirei se ci sono stati altri indici di malessere psichico prima dell’esordio di questi sintomi e come la persona ha cercato di fronteggiare il disagio fino a questo momento: quali soluzioni tentate e quali risorse -interne ed esterne, funzionali e non- sono state attivate.

Tenendo conto che il colloquio è di per sé uno strumento di raccolta dati, attraverso la cartella anamnestica raccoglierei informazioni sul paziente e cercherei di delineare la sua storia clinica e con il genogramma -che graficamente- permette di descrivere la famiglia nell’arco di tre generazioni-, invece, esplorerei se e in che modo la componente trigenerazionale possa aver influenzato la persona e il problema presentato. (Si può sostituire il genogramma con altri strumenti o limitarsi al colloquio e alla cartella anamnestica).

La comunicazione all’interno dei colloquio investirà il canale verbale, paraverbale e non-verbale con tanto di mimica, prossemica, postura, abbigliamento… e, partendo dal presupposto che la comunicazione è sempre circolare e che la personalità dello psicologo è sempre coinvolta, farei attenzione a non trasmettere messaggi di chiusura, giudizio o svalutazione, facendo spazio all’accettazione incondizionata lungo tutto il percorso.

Procederei con la somministrazione dei seguenti test/questionari/interviste:
. MMPI-II per avere un profilo relativo alla presenza di disturbi
o SCID
. 16 PF di CATTEL per ottenere un profilo di personalità non legato alla nomenclatura patologica (se non si somministrano altri test di personalità) o questionario sugli stili di personalità
(fare una scelta personale e argomentata)

Strumenti pratici di riferimento:
. il diario, come strumento espressivo e di autocontenimento, per favorire nel paziente una migliore gestione emotiva, per favorire l’esplorazione del suo mondo interiore e del suo dialogo interno
. l’agenda per la programmazione e gestione efficace del tempo, utile a sostenere qualunque cambiamento.
Questi strumenti rinforzano l’alleanza collaborativa perché, oltre a favorire la consapevolezza del paziente stesso e a darci informazioni importanti su di lui, rinforzano il concetto riguardo l’importanza dei suoi vissuti e sottolineano come quello spazio sia di fatto uno spazio per lui.

Considererei l’ipotesi di usare tecniche immaginative, a mediazione corporea, la respirazione e tecniche di rilassamento, il role play e/o tecniche espressivo-creative…

Potrei valutare colloqui con i familiari.

Senza dare sostegno eccessivo, perché potrebbe creare un rapporto di dipendenza, favorirei l’autostima, l’autogestione, l’empowerment (in base ai disturbi) e l’interdipendenza.

Manterrei sempre uno sguardo alle aree di benessere e di salute, nonché alle risorse interne e esterne, del paziente.

Qualora fosse necessario procederei a un consulto oppure all’invio verso uno specialista: Psicologo-psicoterapeuta/Psichiatra/ Medico-psicoterapeuta/Neurologo/Medico di famiglia ecc…

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Francesca Di Donato – Psicologa
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