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Dialogo tra modelli psicologici nel mio lavoro

Ciao, sono Francesca ! Oggi ti parlo un po’ dell’integrazione nel mio lavoro di Psicologa e Formatore.
Ti lascio, intanto, questo link qualora volessi sapere di più su come lavoro https://scuoladipsicologia.com/presentazione/

In Psicologia, l’integrazione di teorie e tecniche diverse parte da un presupposto: nessun modello può ritenersi l’unico valido in termini assoluti. I vari approcci esprimono, infatti, ognuno, una teoria della mente indagata da uno specifico punto di vista e, come tali, colgono l’angolazione da e verso cui guarda l’osservatore, un osservatore che risente del contesto storico-sociale, culturale e personale a cui appartiene. La realtà, per sua stessa natura, presenta una complessità tale per cui ognuno di noi può cogliere aspetti e interpretarli solo attraverso una lettura soggettiva, che non corrisponde alla realtà oggettiva.  Attraverso l’integrazione, dunque, si favorisce il dialogo, l’interazione, l’arricchimento tra più linguaggi… portando al superamento di quegli interrogativi che generano una chiusura verso prospettive diverse dalla propria: dove sta il giusto? Chi detiene la verità? Chi ha ragione? TUTTI e NESSUNO. E, anzi: non di rado, si dicono le stesse cose con parole diverse.

L’integrazione non ha a che fare solo con i modelli, ha a che fare anche con il professionista e con la sua modalità di stare al mondo.
L’approccio o l’integrazione che facciamo, se maturata con consapevolezza, parla di noi più di quello che immaginiamo e la qualità finale dipende, poi, anche da come ci stiamo noi in quel modello e da come ci muoviamo con e attraverso di esso. 

Non è a caso, quindi, che ho abbracciato una modalità di lavoro integrato -sia teorica, sia tecnica, pluralistica appunto- riconoscendo valore e dignità a tutti i contributi con cui sono venuta a contatto e che ben mi fanno sentire rappresentata, cercando di mantenere anche un occhio alle criticità di ognuno.
L’integrazione mi permette di muovermi con l’altro come non mi sarebbe permesso se avessi seguito un unico approccio o solo un paio di essi.
Per me funziona lavorare in questo modo, anche perché risponde esattamente al mio modo di approcciare alla vita, prima che al lavoro.
Il modo di lavorare deve adattarsi allo Psicologo per assumere, innanzitutto, forma congruente; da qui, poi, dovrà tradursi in un lavoro di alta sartoria, cucita sulla persona.

Leggo spesso affermazioni tipo “per quel problema/disturbo funziona meglio questo approccio”, ma in questo caso si perde di vista come
. l’unicità della persona rende ogni problema/disturbo unico,
. le persone non sono il loro problema
. spesso oltre il problema in figura c’è altro a cui bisogna guardare
quindi un’affermazione simile non la darei per certa a priori, come vedo fare da molti.

Inoltre sento dire che “a volte un paziente risponde meglio a un approccio che non a un altro”.  Provo a fare una precisazione: la persona non è tanto all’approccio che risponde meglio, ma al professionista e, quindi, alla persona che ha davanti, perché la prima cosa che cura è la relazione.

Per la ricerca e le pubblicazioni sull’approccio relazionale integrato vai in fondo alla pagina.


Vediamo ora i modelli, le teorie relative e i principali aspetti che hanno influenzato la mia formazione e che fanno, in modo selezionato, da punto di riferimento e da cornice per il mio lavoro e per il mio modo di intendere il setting e la relazione (N.B. nessun paragrafo ha la pretesa di essere la sintesi completa ed esaustiva di ogni modello teorico, ma esprime solo i contenuti centrali alla base della mia formazione):

•PSICOANALITICO-PSICODINAMICO

•COGNITIVO-COMPORTAMENTALE

•UMANISTICO-ESISTENZIALE

•SISTEMICO-RELAZIONALE

•BIOFUNZIONALE-CORPOREO

•INTEGRAZIONE TEORICA

•INTEGRAZIONE SUI FATTORI COMUNI

•INTEGRAZIONE DA ECLETTISMO TECNICO

•INTEGRAZIONE PLURALISTICA

•POST MODERNISMO

 

•SALUTOGENESI

•FENOMENOLOGIA

•ESISTENZIALISMO

•PSICOEDUCAZIONE

•NEUROSCIENZE

•PNL

 

•GRUPPI

 


PSICOANALITICO-PSICODINAMICO

FREUD (1856 – 1929)

Il disturbo psichico non è secondario a un disturbo organico e non si innesca a causa di qualcosa che manca nella sua organizzazione, ma è conseguenza di un conflitto generato da energie opposte: vita pulsionale da un lato, istanze di controllo dall’altro.

Il sogno è la via regia per accedere all’inconscio, che è fondamentale per comprendere il comportamento dell’uomo: tutto ciò che è psichico è largamente inconscio e nel sogno, in cui la coscienza è assopita, ha la capacità di manifestarsi in tutta la sua essenza, anche se questo significa fare i conti con la censura messa in atto verso il desiderio espresso dal sogno stesso.

Prima topica. Tre i sistemi psichici: conscio, tutto ciò che è consapevole e in relazione diretta con il mondo esterno; preconscio per i contenuti non immediatamente accessibili alla coscienza, seppur raggiungibili attraverso un atto volontario; inconscio fatto di contenuti e vissuti sommersi e rimossi.
Seconda tipica. L’energia psichica è distribuita tra Io, Es e Super Io. L’Io, razionale, risponde al principio di realtà, utilizza l’angoscia come segnale di allarme nei confronti delle spinte pulsionali e media tra il bisogno di soddisfacimento immediato dei bisogni e le regole morali del Super-Io; ha una parte conscia, esecutiva, e una parte inconscia, che attiva i meccanismi di difesa: identificazione, rimozione e sublimazione, affinché l’Io stesso non venga invaso dall’ansia, frutto del conflitto tra le tre istanze di personalità. L’Es,pulsionale e totalmente inconscio, risponde al principio di piacere e richiede, quindi, il soddisfacimento immediato di istinti, pulsioni, desideri, bisogni. Il Super-Io è l’istanza morale, prevalentemente inconscia; il controllore interno che prende forma attraverso l’interiorizzazione di regole, schemi di valore, codici di comportamento… acquisiti a partire dalle figure di riferimento, secondo il principio dell’autoritarismo.

Eros, pulsione di vita, – nutrito dall’energia pulsionale dell’Es e dall’autoconservazione dell’Io- e Thanatos, pulsione di morte, -legato all’aggressività e alla relativa tendenza auto ed etero distruttiva, antagonista degli impulsi di vita- sono in lotta continua.

La libido è la pulsione sessuale che da una parte si contrappone alla destrudo ovvero l’impulso distruttivo , dall’altra, grazie alla sublimazione, viene ridirezionata verso oggetti socialmente accettabili (es. l’arte).

Sviluppo psicosessuale:
Fase orale: nel primo anno di vita l’esperienza di piacere passa attraverso la bocca e ha come oggetto il seno; la fissazione orale può manifestarsi attraverso il vittimismo, regressioni a uno stato di dipendenza e pratiche comportamentali-dipendenti di tipo orale.
Fase sadico-anale: tra la fine del secondo anno di vita, fino al terzo, l’esperienza di piacere passa attraverso il controllo volontario degli sfinteri; la fissazione anale ritentiva prende forma attraverso comportamenti distruttivi e manipolatori, invece la fissazione anale espulsiva attraverso senso del possesso, attenzione e cura verso i dettagli, l’ordine e l’igiene.
Fase fallica: dai tre ai cinque anni gli organi genitali vengono associati all’esperienza del piacere e si sperimenta il complesso di Edipo, sperimentato verso il genitore del sesso opposto; la fissazione fallica si riscontra in personalità risolute, orgogliose, egoiste e comportamenti legati alla promiscuità sessuale, disturbi sessuali e relazionali, omosessualità.
Periodo di latenza: fino alla pubertà la libido è dormiente si consolida l’identità di genere, attraverso l’identificazione con il genitore dello stesso sesso.
Fase genitale: dalla pubertà, per il resto della vita l’energia libidica si direziona nuovamente verso i genitali e si sviluppano relazioni significative con il sesso opposto: ciò può avvenire pienamente solo qualora si siano risolte tutte le eventuali fissazioni precedenti.

 

WILHELM REICH (1897 – 1957)

Vedi paragrafo BIO-FUNZIONALE CORPOREO

 

CARL GUSTAV JUNG (1875 – 1961)

Teoria dei complessi: la psiche umana è un insieme di complessi -tra cui spicca l’Io- che si caratterizzano di rappresentazioni, vissuti e ricordi a forte tonalità e carica affettiva che, in quanto realtà psicologica naturale di qualunque individuo, determina il corso della nostra vita.

L’inconscio presenta, quindi, una dimensione personale, rappresentata da contenuti rimossi e contenuti passati che hanno perso interesse, e una dimensione collettiva, comune a tutti gli uomini, qualunque sia la cultura, in cui risiedono gli istinti e gli archetipi, immagini pre-esistenti e arcaiche, a contenuto affettivo che hanno un passato, dei valori socio-culturali e una progettualità futura: l’inconscio collettivo non ha, quindi, a che fare solo con il passato, bensì persegue un progetto esistenziale.
L’Anima: la femminilità inconscia nel maschio, in contrapposizione alla virilità conscia; l’Animus: il maschile inconscio, presente nella donna.
Ombra: luogo di tutte quelle caratteristiche personali proprie ritenute svantaggiose, ma che ognuno nega di possedere, mentre vengono proiettate all’esterno, su altre persone. L’accettazione di questa natura duale, fatta di Luce e Ombra, di bene e male, è il risultato di un efficace processo di individuazione, attraverso cui ci si unifica con se stessi e con l’umanità, divenendo ciò che è destinati a divenire, differenziandosi dagli altri. Attraversare errori e sperimentare la colpa in termini morali è necessario per avviare e perseguire tale processo, tenendo conto che sembra non esserci cosa più complessa del sopportare se stessi.
Lì dove l’individualismo si limita a porre l’accento esclusivo su se stessi, quindi sull’Io e suoi bisogni, l’individuazione, si centra sul Sé -e non sull’Io- per integrare, successivamente, polarità e complessità interne ed esterne.
L’individualista è colui che non è riuscito e individuarsi.
L’individuazione è diventare quella cosa che non è Io, ma Sé, centro e totalità della psiche.

L’individuazione dei tipi psicologici è data dalla combinazione di
due atteggiamenti temperamentali fondamentali     -introversione/estroversione- con
due funzioni razionali -pensiero/sentimento- e
due funzioni irrazionali -sensazione/intuizione-.
L’esperienza psichica altro non è che un gioco tra opposti.

Possiamo andare con un altro soltanto fin dove siamo andati con noi stessi.

La psiche non è dentro di noi, siamo noi dentro la psiche.

 

ANNA FREUD (1895 – 1982).

I meccanismi di difesa vengono messi in atto dalla parte inconscia dell’Io per fronteggiare le spinte dell’Es, lì dove deve confrontarsi con il principio dell’autoritarismo messo in atto dal Super Io e le richieste della realtà: questo riduce o sopprime qualunque rischio a danno dell’integrità dell’equilibrio interno dell’Io. La funzione è, dunque, adattiva.
.Formazione reattiva allontanamento di impulsi istintuali, soprattutto se aggressivi, sostituendoli con tendenze opposte alla spinta istintuale stessa.
.Identificazione con l’aggressore: di fronte a un pericolo esterno, l’Io si trasforma da minacciato a minacciante, dopo o prima dell’aggressione temuta.
.Introiezione di alcuni caratteri di un oggetto esterno per sottrarsi all’angoscia da separazione.
.Limitazioni dell’Io allontanamento di sensazioni spiacevoli o cariche affettive presenti, che potrebbero riattivare vissuti del passato.
.Negazione di contenuti che possono emergere alla coscienza solo sotto forma di affermazioni negate.
.Proiezione su persone o oggetti esterni; l’intolleranza dell’individuo nei riguardi degli altri è accompagnata dalla severità verso se stesso; l’effetto di questo meccanismo è la rottura del legame tra gli istinti inaccettabili e l’Io.
.Rimozione dall’Io cosciente di una pulsione che potrebbe compromettere l’integrità dell’Io stesso.
.Rinuncia altruistica: soddisfacimento degli istinti altrui per soddisfare indirettamente i propri.
.Sublimazione, spostamento egosintonico di una pulsione sessuale o aggressiva, verso una meta non sessuale e non aggressiva, che risponde a valori sociali elevati.

Altri meccanismi di difesa:
.Acting out (O.Fenichel) come tentativo di prendere distanza dal conflitto inconscio e risolverlo passando all’azione: questo diminuisce la tensione interna e porta a una scarica parziale degli impulsi.
.Annullamento retroattivo (S.Freud) di pensieri, parole, azioni passate come non siano mai avvenuti e sostituiti da pensieri, parole, azioni con valenza opposta.
.Conversione (S.Freud) di conflitti psichici in sintomi somatici, motori o sensori.
.Difesa maniacale dalla depressione attraverso una fantasia di onnipotenza ed euforia.
.Difesa ossessiva dall’ansia, tramite rituali che fungano da barriera tra sé e le proprie pulsioni.
.Difesa percettiva intesa come innalzamento della soglia percettiva verso stimoli verso cui si sperimenta ansia.
.Diniego (S.Freud)egodistonico di esperienze traumatizzanti, di impulsi, dati di realtà o parti di sé.
.Idealizzazione (S.Freud) dell’oggetto fino a che qualità e valore si misurino con la perfezione.
(M.Klein) Idealizzazione contro le pulsioni distruttrici.
.Identificazione (S.Freud) assimilazione dell’Io a un Io estraneo.
.Identificazione proiettiva
(M.Klein) modalità di proiezione di parti di sé all’interno dell’oggetto, per controllarlo, possederlo, danneggiarlo.
.Isolamento (S.Freud) di un pensiero, un comportamento o un evento dalla relativa carica affettiva.
.Preclusione (Lacan) o rigetto di un significante fondamentale, che si manifesta all’origine del fatto psicotico.
.Razionalizzazione (E.Jones) tentativo di dare coerenza logica e moralmente accettabile di un atteggiamento, di un sentimento, pensiero…
.Regressione (S.Freud) ritorno a fasi superate del proprio sviluppo.
.Repressione (S.Freud) meccanismo conscio di esclusione dalla coscienza -che opera tra conscio e preconscio- di un contenuto spiacevole o ritenuto inadeguato o inibizione di un affetto.
.Riparazione (M.Klein) al fine di mantenere o ripristinare l’integrità dell’oggetto d’amore.
.Scissione dell’Io (S.Freud) come coesistenza di due realtà psichiche separate e autonome, in rapporto con la realtà esterna e in opposizione a una spinta pulsionale: una nega la realtà, l’altra la riconosce.
.Scissione dell’oggetto (M.Klein) l’oggetto verso cui convergono le pulsioni erotiche e distruttive è scisso in oggetto buono e oggetto cattivo.
.Spostamento (S.Freud) dell’interesse da rappresentazioni cariche di intensità ad altre meno rappresentative, ma collegate alla prima da una catena associativa; il sogno ne rappresenta una manifestazione.

 

MELANIE KLEIN (1882 – 1960)

Dalle libere associazioni di Freud alla tecnica del libero gioco: è così che M.Klein sceglie di occuparsi della prima infanzia, per esplorare le rappresentazioni della vita interiore dei bambini.

Con la nozione di fantasma cerca di spiegare come ogni pulsione sia accompagnata da una fantasia di un oggetto attraverso cui soddisfarla: sono queste fantasie che vanno interpretate e non le difese contro le pulsioni. Alla base dell’Io e del suo sviluppo troviamo un susseguirsi continuo di introiezioni e proiezioni di oggetti parziali o totali che vengono scissi in “buono” -proiezione del proprio amore e introiezione dell’amore dell’oggetto buono- e “cattivo” -proiezione della propria aggressività e introiezione della persecutorietà dell’oggetto cattivo- (seno, feci, pene…madre, padre..).

Sviluppo psicologico suddiviso, quindi, in due fasi:
posizione paranoica fino ai 4-6mesi di vita in cui avviene la scissione, data dal conflitto amore/odio, dell’oggetto in seno buono/seno cattivo: richiesta costante del soddisfacimento del bisogno e rabbia lì dove ciò non avviene;
posizione depressiva fino a circa i 9/12 mesi superamento della scissione, conseguente alla scoperta che l’oggetto è unico e la madre viene vissuta come oggetto esterno totale, verso cui sperimenta angoscia depressiva data dal timore di distruggerlo con la propria aggressività.

 

DONALD W. WINNICOTT (1896 – 1971)

Visione positiva dell’individuo come dotato di una naturale tendenza alla risoluzione e gestione dei conflitti e buone capacità di adattamento.

Lo sviluppo psichico ed emotivo, l’Io, il Sé e il rapporto col mondo esterno sono legati alle relazioni oggettuali primarie, specie quella con la madre, grazie alla quale, se sufficientemente buona, il bambino sperimenta il contenimento emotivo. Questo consente l’interiorizzazione di una madre buona, immagine questa che serve quando la mamma stessa è assente.
Una risposta parziale, alterata o mancata ai bisogni fisiologici e psicologici del bambino da parte della mamma, comporta annichilimento dell’Io e la costruzione di un falso Sé che compiace i bisogni di una madre assente o intrusiva e che serve da protezione al vero Sé, che così si permette di non sentire il dolore.
Nella fase di passaggio dalla fusione all’indipendenza si crea una dimensione, uno spazio affettivo colmato dagli oggetti transizionali che hanno una funzione rassicurante di compromesso simbolico con la madre-ambiente e aiutano a elaborare la separazione, attraverso la gestione dell’ansia dovuta all’assenza dalla mamma stessa.

HARRY STACK SULLIVAN (1892 – 1949

Centrale per lo sviluppo della personalità è l’esperienza interpersonale, che prende forma a partire da quella madre-bambino: la soddisfazione dei bisogni psicologici e di sicurezza favoriscono il formarsi di un Io buono, mentre alterazioni nella connessione emotiva madre-bambino, dovute all’ansia della madre che sollecita a sua volta l’ansia nel bambino, generano un Io cattivo o perfino un non-Io come nel caso di ansia elevata in intensità.

 

HEINZ KOHUT (1913 – 1981)

L’attenzione è centrata sul , struttura fondamentale della psiche e centrale della personalità, la cui coesione dipende dalle risposte empatiche della figura materna e si nutre nel e del rapporto con gli altri.
Fisiologicamente, la personalità muove lungo un continuum che va da uno stato di grandiosità e onnipotenza (Sé grandioso: sono perfetto e tu mi ammiri), a un’attenuazione del Sé -dovuta a un’adeguata, progressiva e necessaria frustrazione- che va a fondersi con oggetti-Se idealizzati (tu sei perfetto e io sono parte di te): si favorisce, così, un sano sviluppo dell’autostima che, realistica, prende forma attraverso aspirazioni e produttività, accettazione dei propri limiti, empatia e abilità interpersonali funzionali.
Se viene a mancare un’adeguata relazione madre-bambino, se l’ambiente -soprattutto da parte della madre e del padre nelle prima fasi di sviluppo- è scarsamente empatico e se non avviene un’adeguata frustrazione, necessaria al superamento dell’idealizzazione, il Sé si ripiega su se stesso in modo difensivo e subisce un arresto alla posizione grandiosa e onnipotente: questo è espressione di un disturbo della propria autostima (fissazione narcisistica).

 

JOHN BOWLBY (1907 – 1990)

L’attaccamento è un forte legame affettivo che la persona sviluppa -in modalità innata- verso altre persone, ma anche cose, animali, l’ambiente circostante, a partire dal legame primario madre-bambino a seguire per tutta la vita, secondo quattro fasi:
da 0 a 8-12 settimane sono l’odore e la voce della mamma a permettergli di discriminare la sua presenza, da quella altrui;
dal 6°-7° mese inizia a comparire una buona discriminazione delle persone con cui entra in contatto;
dal 9° mese la figura di attaccamento è usata come base sicura da cui esplorare il mondo circostante, seppur cercando consenso e protezione;
dai 3 anni il bambino impara a mantenere un senso di sicurezza anche in ambienti sconosciuti, a patto che siano presenti figure di accudimento secondarie.
I legami primari orientano, quindi, gli scambi relazionali nell’infanzia e nell’età adulta.
L’esperienza della base sicura è quella condizione che consente al bambino di allontanarsi, per esplorare il mondo circostante e farvi ritorno al bisogno o quando avverte qualche minaccia: interrompe l’esplorazione e raggiunge prontamente la madre per ricevere conforto, protezione e sicurezza.
Ogni genitore è una persona che, a partire dalla sua infanzia, entro i primi 8 mesi di vita, ha interiorizzato la propria esperienza di attaccamento, diventando un vero e proprio modello operativo interno che influenza, successivamente, la risposta ai bisogni del proprio bambino: la qualità dell’attaccamento del bambino dipende dalla qualità della risposta ai suoi bisogni.
La figura materna, quindi, oltre l’investimento libidico e il soddisfacimento dei bisogni primari, ricopre un ruolo centrale riguardo le cure inerenti i vissuti emotivo-affettivi.
Il bambino tra il terzo e il nono mese, così come tra il terzo e quarto anno di vita, reagisce al distacco secondo tre fasi: protesta, disperazione/ritiro in se stessi e distacco il cui passaggio dall’una all’altra è sfumato.
Durante la protesta l’attenzione è tutta incentrata sull’aspettativa del ritorno ed è vissuta con disagio; la disperazione si caratterizza da sconforto, atteggiamento di chiusura e perdita di speranza riguardo un possibile ritorno della mamma; nella fase del distacco, poi, l’attenzione e l’interesse per l’ambiente viene vissuto senza disagio.

La Ainsworth, collaboratrice di Bowlby, attraverso l’osservazione di una Strange situation cercò di identificare il comportamento di attaccamento, il comportamento affiliativo e quello esplorativo. L’esperimento consistette in brevi episodi di separazione e riavvicinamento tra bambino e madre, in un ambiente sconosciuto al bambino eppure piacevole, e in presenza di un adulto estraneo eppure amichevole.
Tre i pattern fondamentali di attaccamento rilevati:
sicuro: sicurezza nell’esplorazione dell’ambiente circostante, convinzione di essere amabile, nessun timore abbandonico, capacità di sopportare distacchi prolungati, fiducia in sé.
Caregiver attento, disponibile e protettivo.
insicuro evitante: insicurezza nell’esplorazione, convinzione di non essere amato, tendenza all’evitamento della relazione per evitare un rifiuto sicuro, ci si affida esclusivamente a se stessi e non si chiede aiuto.
Caregiver che disattende alle richieste di sicurezza e protezione.
insicuro ansioso-ambivalente: insicurezza nell’esplorazione, convinzione di non essere amabile, incapacità di sopportare distacchi prolungati, ansia relativa al timore dell’abbandono, sfiducia nelle proprie capacità e fiducia nelle capacità altrui.
Caregiver con risposte ambivalenti e minacce abbandoniche usate a scopo manipolatorio.
Un quarto pattern venne poi descritto da Main e Solomon:
insicuro disorientato/disorganizzato: spaventato dalla stessa persona da cui dovrebbe sentirsi protetto, paura senza soluzione.
Caregiver spaventato e spaventante.

La separazione precoce dal caregiver di riferimento è vissuto come evento traumatico e può avere diverse ripercussioni sulla vita dell’individuo a seconda della durata e del periodo in cui si verifica la separazione
Lo stile di attaccamento può essere modificato attraverso esperienze correttivo-riparative.

 

JAMES HILLMAN (1926 – 2011)   PSICOLOGIA ARCHETIPICA

Allievo di Jung, usò la metafora della Psiche come giardino e col suo mutare di stagione in stagione. Psiche è, così, l’esperienza tutta, intorno a noi, e non solo ciò che è nella testa di ognuno: la psiche non è dentro di noi, siamo noi ad abitare la psiche. Il dolore, come il piacere, fa parte dell’esistenza umana e c’è qualcosa che possiamo imparare da esso, esattamente come da qualunque altro aspetto dell’esistenza.
Per studiare l’anima si deve scendere nelle profondità del mondo infero, di cui il sogno -appropriandosi delle immagini presenti nell’ambiente, per richiamarle alla memoria successivamente- ne è dimensione.
Fare anima è stare con le immagini dell’anima. L’anima presenta immagini patologizzate, fantasie assurde: l’anima per sua natura patologizza e, questo, sottolinea l’autonoma capacità della psiche di creare malattia, stati morbosi, anormalità e sofferenza negli esseri umani. Di qui, afferma che non è importante arrivare all’eroica eliminazione dei sintomi, perché consentono un accesso alla vita e all’anima, che solo attraverso essi è possibile.
Attraverso i sintomi l’anima chiede attenzione: ci vuole il sintomo per ritrovare se stessi.
Gli uomini nel loro essere attivi sono animi e le donne nel loro essere sognatrici sono animae e le proiezioni hanno luogo anche attraverso le due diverse parti della psiche, quindi, non sono solo direzionate all’esterno; ogni figura Anima proietta un tipo particolare di figura Animus e viceversa. Anima coinvolge l’emotivo, l’irrazionale, relazione, connessione… e apporta Eros alla coscienza, ad Animus, invece, è coscienza, intelletto, riflessività, ponderatezza e conoscienza… e apporta Logos.
Essere psicologici, implica l’essere spirituali.

Hillman, come Jung, ritiene che possiamo andare con un altro soltanto fin dove siamo andati con noi stessi, aggiungendo, a questo, che possiamo andare con noi stessi, soltanto fin dove siamo andati con un altro.


 

COGNITIVO-COMPORTAMENTALE


WOLPE
(1904 – 1990)

Desensibilizzazione sistematica: il presupposto di base è che una persona non può, contemporaneamente, essere rilassata e provare ansia, dunque la persona esposta, concretamente o immaginativamente, allo stimolo/problema in modo progressivamente crescente -sollecitando uno stato di rilassamento muscolare o contattando un’immagine a valenza positiva e piacevole, capace di indurre uno stato di benessere- riesce a gestire l’ansia.
La terapia si rivolge al sintomo manifesto e si propone una rieducazione della persona, a partire dalla situazione-stimolo a più bassa carica ansiogena, fino ad arrivare a quella che genera maggiore attivazione.

 

ALBERT BANDURA (1925)

L’apprendimento non avviene solo attraverso stimoli (condizionamento classico di Pavlov) oppure  imparare facendo (condizionamento operante di Skinner), l’apprendimento può avvenire anche in modo indiretto, osservando modelli di comportamento. L’apprendimento sociale, infatti, può coinvolgere l’abilitazione di nuove modalità comportamentali attraverso, apprendimento vicario, osservativo, che coinvolge il modellamento e l’imitazione, e avviene a partire da
.attenzione verso un’azione/comportamento/condotta di un “altro significativo”, che si manifesta nell’ambiente
.ritenzione di ciò che è stato notato
.riproduzione della condotta e
.motivazione a riproporlo, in misura delle conseguenze riscontrate.
Nel modellamento astratto l’individuo estrae una regola generale dopo aver osservato dei comportamenti specifici.
Osservare l’aggressività, soprattutto se l’atto rimane impunito, induce l’imitazione: di qui il comportamento aggressivo; acquisizione di comportamenti non adattivi sono alla base della psicopatologia.
Centrale è il concetto di autoefficacia intesa come “convinzione nelle proprie capacità di organizzare e realizzare il corso delle azioni, necessario a gestire adeguatamente le situazioni, che si incontreranno in modo da raggiunger ei risultati prefissati. Le convinzioni di efficacia influenzano il modo in cui le persone pensano, si sentono, trovano delle fonti di motivazione personali e agiscono”.
L’autoregolazione è un meccanismo attraverso il quale si gestisce il proprio funzionamento psicosociale.

 

DONALD MEICHENBAUM (1940)

Considerato uno stimolo, prima che si generi un comportamento, c’è una interpretazione cognitiva dello stimolo stesso, che viene assunto a livello di pensiero automatico: diventa, quindi, importante procedere attraverso la psicoeducazione e la ristrutturazione cognitiva di tutte quelle convinzioni non adattive, del dialogo interno e auto-affermazioni che influenzano il suo modo di stare al mondo.

ALBERT ELLIS (1913 – 2007)

Padre della Terapia Razionale Emotiva (RET), divenuta, poi, Terapia razionale emotiva comportamentale (REBT) il cui assunto di base è che le nostre reazioni emotive, i nostri pensieri e i comportamenti sono strettamente connessi secondo un rapporto circolare di reciproca influenza. Quindi il modo in cui leggiamo la realtà, ossia come percepiamo, interpretiamo e valutiamo, inferiamo ciò che accade attorno a noi, influenza inevitabilmente il nostro mondo emotivo e i nostri comportamenti.
Evento (A) Credenze razionali/irrazionali che condizionano la visione di A (B) Reazione emotiva e comportamentale (C).
Le convinzioni razionali rispondono a criteri di desiderabilità, avversione, attrazione, preferenza… e non intralciano gli scopi di vita. Le convinzioni irrazionali assumono carattere assolu­tistico, generalizzante, dogma­tico, dicotomico, rigido, illogico, distorto… e per questa loro stessa natura allontanano dalla dimensione del desiderio, allontana dai “voglio”, nutrendosi, invece, di “devo”, bisogni letti in termini di necessità che allontanano dal benessere e dai propri scopi, alimentando sentimenti di depressione, ansia, rabbia, colpa… Quindi, abbiamo a che fare con pretese assolute, bassa tolleranza alla frustrazione o insopportabilità e giudizi totalizzanti su di sé e/o sugli altri.

Intervenire sulle credenze irrazionali, sul dialogo che la persona ha con se stesso e su se stesso, col mondo e sul mondo, permette di agire positivamente sulle risposte emotive e comportamentali.
Può capitare che una persona invece di soffermarsi su una questione specifica, si concentri su una parte di essa e ci si confronti secondo schemi di pensiero e reazioni emotivo-comportamentali disfunzionali tanto quanto quelli relativi alla questione originaria: si tratta, in questo caso, di un metaproblema o problema secondario e agisce complicando il quadro generale.

 

AARON T. BECK (1921)

Le distorsioni cognitive non sono altro che mappe interne attraverso cui ci si crea una rappresentazione del mondo; si manifestano attraverso credenze disfunzionali su se stessi, sull’ambiente e sul futuro e sembrano emergere spontaneamente, assumendo nel tempo la forma di pensieri automatici negativi: si manifestano attraverso il dialogo interno, pensieri e scenari… presi come assolutamente veri, difficili da controllare e da confutare. Credenze irrazionali apprese in età precoce, influenzano la percezione e l’interpretazione in età adulta del passato, del presente e del futuro, generando sofferenza emotiva.
Di seguito una serie di distorsioni cognitive:
.Pensiero dicotomico o polarizzato: realtà divisa in due sole categorie in contrapposizione e prive di sfumature.
.Personalizzazione: attribuzione negativa di ciò che accade rivolta tutta a se stessi.
.Iper-generalizzazione: da un evento o situazione singola e specifica, si trae una conclusione generalizzata a qualunque altro evento o situazione dalle caratteristiche simili.
.Catastrofizzazione: lettura completamente negativa di un fatto verificatosi e/o previsione catastrofica di eventi che devono ancora verificarsi.
.Svalutazione o iper-valutazione: tendenza a sminuire o a ingigantire aspetti, successi, traguardi, errori… propri e/o altrui.
.Doverizzazione: caratterizzata da “devo” che hanno carattere di ingiunzione.
.Ragionamento emotivo: trarre conclusioni sulla realtà interna e/o esterna sulla base delle emozioni che si provano.
.Astrazione selettiva o filtro mentale: l’attenzione è bloccata su uno o più dettagli, traendo conclusioni attraverso questi, non tenendo conto del quadro generale.
.Lettura del pensiero: convinzione in merito al pensiero altrui, specie se riferito a sé.
.Due pesi due misure: quando la stessa azione, pensiero, ragionamento, emozione… acquisiscono valore diverso in base a chi è coinvolto.
.Inferenza arbitraria: trarre una conclusione autoriferita e non verificata su pensiero, intenzione, azione… altrui o su certe situazioni.
.Etichettamento: etichette usate per descriversi nella propria totalità e in quanto persona, senza valutare i singoli aspetti e riferirsi ad essi nella loro specificità.
Attraverso una ristrutturazione cognitiva si interviene, quindi, su quelle regole interne, affermazioni e disposizioni della persona che prendono la forma di distorsioni cognitive, per sostituirle con altrettante regole interne, affermazioni e disposizioni che efficaci e orientate al benessere della persona.

ALTRE DISTORSIONI:
. Bias di conferma:
distorsione che porta a confermare le proprie idee in modo rigido. Il focus attentivo si blocca su quelle informazioni che confermano le proprie idee.
. Bias della giustificazione delle scelte: tendiamo a giustificarci a posteriori anche scelte sbagliare -oltre quelle giuste-, piuttosto che riconoscere e ammettere l’errore.
. Bias del carrozzone: si nutre del fatto che in un preciso contesto ci sono altri a pensarla allo stesso identico modo

 

PAUL GILBERT (1951)

Considerati i seguenti ingredienti:
accoglienza, atteggiamento non direttivo e disposizioni rogersiane di accettazione positiva incondizionata, congruenza e autenticità, capaci di mettere l’altro nella condizione di attualizzare tutto il proprio potenziale
– insegnamenti buddistilegati alla sensibilità, alla motivazione ad alleviare la sofferenza, all’essere presenti (mindful) e alla compassione, intesa come atteggiamento di gentilezza verso se stessi e gli altri, capace di generare benessere
– approccio evoluzionistico alle neuroscienze
– Archetipi, intesi come immagini pre-esistenti che funzionano da sistemi di guida innati, così come descritti da Jung;
e aggiungerei
– indicazioni gestaltiche che invitano a stare più sul sentire che sul contenuto dei pensieri, che invitano a stare con emozioni e sensazioni vissute come negative, invece di sopprimerle
creiamo la ricetta della Terapia focalizzata sulla compassione.
Usare la compassione per creare uno spazio di calore, calma e sicurezza, entro cui affrontare il proprio giudizio interno, la vergogna, la colpevolizzazione, la sofferenza… e sviluppare un Sé compassionevole capace di indurci a prenderci cura di noi stessi attraverso la tolleranza e l’accettazione positiva.


 

UMANISTICO ESISTENZIALE

CARL R. ROGERS (1902 – 1987)   APPROCCIO CENTRATO SULLA PERSONA

Rogers si fece portatore di un principio rivoluzionario, all’interno di un approccio non-direttivo, centrato sulla persona: se, all’interno di una relazione di aiuto, il cliente ha l’opportunità di sperimentare
.congruenza: si nutre di autenticità e spontaneità ed è parte di quel professionista che conosce e accetta se stesso;
.accettazione positiva incondizionata: indica una disposizione di ascolto senza giudizio (sospensione del giudizio, che non vuol dire annullamento);
.empatia: permette di sentire il mondo interiore dell’altro come se fosse il proprio
allora risolverà da solo le sue questioni e il cambiamento sarà possibile.

Aiutando il cliente, nella sua unicità, a mettersi in moto responsabilmente verso mete personali, lo si aiuta a trovare da sé il significato della propria esistenza: ogni individuo ha la capacità per assolvere alla propria tendenza attualizzante, che lo spinge a sviluppare il proprio potenziale nel presente. È evidente una concezione positiva della persona, tesa costantemente all’autorealizzazione, all’autoregolazione e alla differenzazione.
La triade rogersiana è fondamentale durante tutto il percorso di cambiamento ed è insostituibile nelle fasi iniziali, per stabilire un rapporto di fiducia: favorisce quel legame necessario per dar forma all’alleanza collaborativa, attivandola e mantenendola nel tempo.
La terapia è tale in quanto c’è l’incontro entro il quale si dispiega la tecnica, cioè la relazione, e gli strumenti Io – Tu.: il senso fondamentale dell’esistenza umana si rintraccia, infatti, la relazione Io-Tu, che diviene il principale agente di cambiamento.
La personalità non è altro che un sistema di valori coerenti gli uni con gli altri: i valori che non sono coerenti con la valutazione che l’individuo ha di sé, non possono essere assimilati alla personalità stessa.
Il concetto di sé si forma nell’infanzia attorno al bisogno di accettazione positiva incondizionata: se questa disposizione è presente allora il concetto si sé si svilupperà in modo autonomo, libero e il locus di valutazione sarà interno, con uno sguardo all’esterno. Qualora, invece, dovesse manifestarsi un atteggiamento condizionato di accettazione, l’individuo pur di garantirsi l’affetto delle figure significative, farà propri i valori proposti da queste persone. Da qui il conflitto psichico.
Il concetto di sé, formatosi, sia esso funzionale e flessibile o rigido e disfunzionale, diviene comunque qualcosa da salvaguardare a ogni costo.
Il mal funzionamento della personalità è conseguenza dell’incoerenza tra esperienza e concetto di sé:
. concetto di sé integro, tuttavia alienato – Nevrosi
. concetto di sé disintegrato a causa dell’irruzione di elementi esperienziali incoerenti – Psicosi

 

FREDERICK PERLS (1893-1970)   GESTALT

La parola Gestalt non è traducibile con una singola parola -anche se si usano termini come “forma”, “configurazione”- perché non esprime qualcosa di statico o un’azione compiuta, ma indica un processo: questo sottolinea l’importanza delcome. L’obiettivo delle tecniche gestaltiche è la sperimentazione attiva: il fare e il sentire al servizio dell’essere.

Una Gestalt è un fenomeno irriducibile in cui tutto è maggiore della semplice somma delle singole parti; così si finisce a guardare all’uomo in un’ottica olistica: mente, corpo, emozioni, cognizioni, comportamento e ambiente, sottolineando ciò che è sperimentato nel qui e ora.

Il processo omeostatico è un processo di autoregolazione in base al quale l’uomo soddisfa i propri bisogni e interagisce con l’ambiente: quando questo processo fallisce, cioè quando la persona non riconosce il proprio bisogno o non è in grado di soddisfarlo, si genera una rottura dell’equilibrio. Siccome i bisogni sono tanti, il processo omeostatico è continuo.
La consapevolezza del bisogno crea distinzione tra figura e sfondo. Il cliente porta ciò che in quel momento sta in figura (bisogno emergente) e che acquisisce significato solo in rapporto allo sfondo, col quale va integrato (figura e sfondo non possono essere percepiti nello stesso momento). Un bisogno soddisfatto torna sullo sfondo, lasciando lo spazio al soddisfacimento di un altro bisogno: quelli insoddisfatti costituiscono gestalt incomplete/aperte e, se restano tali, genereranno un conflitto. Il ciclo dell’esperienza diviene, cosi, una successione di figure-sfondo e individuo incorpora nel Sé le esperienze positive, dopo averle masticate e digerite, e butta fuori quelle negative. L’aggressività per Perls è, quindi, pulsione di vita volta all’assimilazione del mondo esterno, e non pulsione di morte. (Per Freud, l’aggressività è energia psichica legata alla pulsione di morte e ha lo scopo di riportare l’organismo a uno stato di quiete).
Il punto di incontro tra l’organismo e l’ambiente è chiamato confine di contatto, ma esiste un confine anche tra le parti all’interno dell’individuo: solo la permeabilità del confine assicura un pieno contatto con il Sé e gli altri.

Il ciclo del contatto è un entrare in relazione in modo processuale con sé e il mondo esterno, secondo quattro fasi:
.pre-contatto: organismo mobilitato da uno stimolo interno o esterno; si inizia a consapevolizzare il bisogno;
.avvio di contatto: consapevolezza del bisogno, accompagnata da una scelta responsabile, per soddisfare il bisogno stesso; è una fase di orientamento in cui si mobilita l’energia necessaria;
.contatto pieno: azione, soddisfacimento del bisogno;
.post-contatto: digestione, integrazione consapevole dell’esperienza.
Si arriva così a un vuoto fertile, cioè uno spazio necessario per ascoltarsi e permettere a un nuovo bisogno di emergere e avviare, così, un nuovo ciclo del contatto.
Il ciclo può essere interrotto da resistenze che intralciano il fluire naturale dell’esperienza, agendo come veri e propri meccanismi di interruzione del contatto:
.Egotismo, proprio di chi si sente arrivato e sa tutto, in assenza di spontaneità e vitalità: “esisto solo io con i miei desideri”;
.Proiezione all’esterno di parti di sé non ritenute piacevoli;
.Deflessione come evitamento del contatto, distogliendo l’attenzione, il girarci intorno;
.Retroflessione come impulso aggressivo o disagio verso l’ambiente, scatenato su di sé
.Proflessione (proiezione + retroflessione) faccio all’altro qualcosa che vorrei fosse fatto a me;
.Introiezione attraverso il quale si fanno propri idee e principi degli altri, senza assimilarli in modo personalizzato;
.Confluenza, cioè mancanza di confini tra sé e l’altro, con difficoltà a separarsi;
.Desensibilizzazione, che implica un blocco, un’anestesia delle sensazioni provenienti dal corpo e dall’ambiente.
Alcuni di questi meccanismi possono manifestarsi anche in una forma sana: per esempio, la retroflessione garantisce il controllo delle pulsioni e degli istinti; la confluenza tipica della simbiosi materna e dell’innamoramento (a patto siano seguiti dalla fase del ritiro); l’egotismo quando è richiesta una separazione decisa; la proiezione che permette l’identificazione. Quando essi diventano un modo per gestire e ridirigere sentimenti non voluti, in modo sistematico, si trasformano in resistenze che generano problemi: la persona che “funziona bene”, attraverso la consapevolezza, passa all’azione che porta alla soddisfazione del bisogno; il mancato soddisfacimento, invece, implica il rappresentarsi ripetitivo della situazione stessa in luoghi e tempi successivi.

 

PAUL GOODMAN (1911 – 1972)

Durante il ciclo, l’individuo è coinvolto nelle sue tre funzioni del Sé.  Il Sé non è un’entità determinata, è un processo di ciò che accade nel confine-contatto tra l’organismo e il suo ambiente, permettendo l’adattamento creativo e attivo (processo permanente di adattamento creativo). È un modo di stare al mondo secondo tre modalità:
Es: pulsione fisiologica e corporea -sensoriale, non istintiva- agisce nel pre-contatto, quando i bisogni iniziano ad emergere alla consapevolezza corporea; è passivo e opera anche inconsapevolmente.
Io: orienta nella scelta, implica la presa di coscienza dei propri bisogni e l’assunzione di responsabilità; agisce nell’avvio di contatto e nel contatto pieno. Perdita della funzione dell’Io sono le resistenze.
Personalità: integrazione dell’esperienza alla base del senso di identità; funziona attiva nel post-contatto.

 

CONSAPEVOLEZZA nella GESTALT

In inglese Awareness da distinguere da Consciousness,  cioè coscienza.

Avere consapevolezza vuol dire essere in contatto con le proprie disposizioni interne -in termini di attività intellettive, emotive e sensoriali- relative all’esperienza in corso.

Quando la consapevolezza è tale da consentire di appropriarsi in modo immediato del vissuto soggettivo, nel qui e ora, prende il nome di continuum di consapevolezza: la persona è in contatto con ciò che accade dentro e fuori di sé, con sensazioni, emozioni, sentimenti, pensieri, linguaggio, comportamenti e con ciò che comunica.

Ciò che può incidere nella buona maturazione della propria consapevolezza è:
– crescere in ambienti/famiglia dove la negazione è un meccanismo prevalente nella gestione dei vissuti
– crescere con il timore che il proprio vissuto interno possa generare un conflitto o uno scompenso in quello altrui
– crescere con figure di riferimento che investono l’altro con le sue convinzioni su come si sente o si dovrebbe sentire, cosa dovrebbe fare, dire, pensare, agire…
Queste condizioni interferiscono con la possibilità di sviluppare una capacità autentica e autonoma di sentire, pensare, agire.

 

ABRAHAM H. MASLOW (1908 – 1970)

Piramide dei bisogni: classificazione gerarchica delle motivazioni che sottendono a partire dai bisogni primari, a carattere fisiologico, passando per i bisogni superiori di sicurezza, di affiliazione, di stima, bisogni cognitivi, estetici, fino a quelli di realizzazione.

L’autorealizzazione si concretizza con la piena attuazione di se stessi e del proprio potenziale.

 

ROLLO MAY (1909 – 1994)

Approccio esistenziale alla Psicologia: conflitto tra l’individuo e le questioni della vita che hanno carattere esistenziale: limiti, valori, libertà, solitudine, scopi di vita, l’essere al mondo, la mancanza di significato…

La tensione esistenziale, che deriva dal prendere coscienza e dal confrontarsi con questi temi, alimenta meccanismi che intralciano la capacità di prendere decisioni autentiche, che sono alla base dell’esperienza di libertà.

Il terapeuta esistenziale è presente e autentico, libero in quella relazione di esprimere anche i propri sentimenti (auto-svelamento) e non si chiede “perché?”, bensì “perché no!?”, così da accompagnare l’altro a darsi una possibilità, a trasformare il desiderio in volontà, i “voglio” in “posso”.

 

JACOB L. MORENO (1892 – 1974)

L’anima di un individuo non può essere penetrata fino in fondo, allora va portata “al di fuori”.
Centrale è la libertà con cui ognuno si permette di assumere il proprio ruolo sul palcoscenico della vita e se da una parte conta la comprensione di sé, dall’altra si aggiunge la comprensione di ciò che è altro da sé.
Agire la spontaneità è rispondere ai bisogni reali della persona nel qui e ora. Spontaneo è lo slancio, l’impulso; spontaneità è l’acquisizione culturale che cerca si superare gli automatismi; spontaneità è la libera espressione della personalità; spontaneità è la risposta adeguata, nuova, originale, a situazioni nuove.

Psicodramma: rappresentazione in gruppo di scenari significativi -veri, immaginati e/o proiettivi-  per un protagonista della drammatizzazione; ciò avviene con l’aiuto degli altri componenti del gruppo che svolgono la funzione di Io-ausiliari, cioè ricoprono il ruolo di persone, cose, figure simboliche rappresentative per la persona. È presente anche un uditorio che fa da eco e specchio al protagonista, rispetto alla sua storia.
Permette alla persona direttamente coinvolta di osservare la situazione da angolazioni diverse, di decentrarsi dalla situazione e raggiungere autoconsapevolezza.
L’acting out ha qui funzione catartica.

 

ERIC BERNE (1910 – 1970)   ANALISI TRANSAZIONALE

L’Analisi transazionale venne proposta da Berne come teoria della personalità, che manifestò risvolti efficaci nella comunicazione (transazioni), nell’ambito dello sviluppo infantile (copione) e degli scambi relazionali (in quale stato dell’Io si trova la persona, con quale si relazione e a quale Stato dell’Io si rivolge), nonché come tecnica per il cambiamento.

La personalità si può suddividere in tre Stati dell’Io e ogni stato dell’Io è considerabile un sistema coerente di pensieri, sentimenti e comportamenti:

. Stato dell’Io genitore: si sviluppa tra i 0-9/10 anni, è esteropsichico (esteropsiche: organo identificatore) e normativo. Porta con sé tutti quei messaggi che abbiamo assorbito dalle figure di riferimento, negli anni formativi della coscienza, arrivando a dar forma a un genitore interno, che si nutre, a ogni età, di messaggi genitoriali: principio dell’autoritarismo.
GENITORE NORMATIVO: TU NON SEI OK – Regole e valori che fanno da guida; il messaggio è sul “non fare” piuttosto che “fare”:
. PROTETTORE: le direttive genitoriali mirano autenticamente a proteggere e promuovere il benessere.
. PERSECUTORE: svaluta l’altro.
GENITORE AFFETTIVO: TU SEI OK – si prende cura, è attento e rispettoso; il messaggio è sul “fare” piuttosto che “non fare”:
. CONSIGLIERE: fornisce aiuto nel momento in cui l’altro mostra il bisogno e lo desidera.
. SALVATORE: iperprotettivo, si sostituisce all’altro.

. Stato dell’Io bambino: si sviluppa tra i 0-5 anni, è archeopsichico (archeopsiche: organo regressivo), istintuale e pulsionale. È la sede dei bisogni, comportamenti, pensieri ed emozioni dell’infanzia. Qui vi è creatività, desiderio di esplorazione, curiosità. Risponde al principio del piacere.
BAMBINO ADATTATO: rispetto funzionale delle norme:
. INTEGRATO: utilizza automaticamente quelle condotte che gli permettono di raggiungere i propri scopi.
. SOTTOMESSO: accettazione passiva delle regole; si compiange.
BAMBINO LIBERO: espressione libera, creativo-intuitiva:
. SPONTANEO: reagisce all’ambiente in modo affettivo
. RIBELLE: contro-dipendenza, rifiuto delle regole, sfida.

. Stato dell’Io adulto: si sviluppa tra i 10 mesi-12 anni, è neopsichico (neopsiche: organo elaboratore) e razionale. Diventa funzionale quando il sistema nervoso completa il suo sviluppo e si forma il pensiero astratto. Media tra il Genitore e il Bambino, con razionalità ed equilibrio; vive nel qui e ora e fa uso funzionale del problem solving. Risponde al principio di realtà.

Una personalità sana gode della compresenza di tutti e tre gli Stati dell’Io, con un Adulto predominante e, allo stesso tempo, capace di far spazio sia al Bambino sia al Genitore, tenendo conto che:
. un Genitore costante affronta il mondo secondo le sole regole genitoriali; . un Genitore assente vive in assenza di norme, in anarchia, senza cura per gli altri;
. un Adulto costante non sa divertirsi con gli altri e funziona come un elaboratore dati;
. un Adulto assente vive con l’assenza dell’esame di realtà; lotta costante tra il Genitore e il Bambini;
. un Bambino costante vive come un eterno bambino, secondo l’impulso del momento;
. un Bambino assente vive senza emozioni e spontaneità.

Può avvenire una contaminazione tra gli stati dell’Io, qualora presentassero confini deboli:
. Adulto contaminato dal Genitore: pregiudizi e slogan;
. Adulto contaminato dal Bambino: fantasie prese come dati di realtà;
. Adulto in doppia contaminazione (dal Genitore e dal Bambino): pregiudizi, slogan e fantasie come dato di realtà.

L’analisi della personalità, a partire dagli Stati dell’Io, prende il nome di
analisi strutturale che può essere
. storica: episodio del passato collegato al comportamento e al sistema di riferimento presenti
. fenomenologica: la persona rivive intensamente la situazione originaria in cui provò l’esperienza di uno Stato dell’Io.
analisi funzionale, invece, si sofferma sul modo in cui vengono usati i vari Stati e può essere
. comportamentale: comportamento, mimica e tono voce
. sociale: Stato dell’Io suscitato negli altri e che è complementare a quello in cui ci troviamo noi.

Lo scambio comunicativo -verbale e non- tra due persone viene chiamato transazione (regole della comunicazione): fintanto che le transazioni rimangono complementari (parallele), la comunicazione può continuare all’infinito; quando la transazione è incrociata si ha una interruzione della comunicazione e uno (o entrambi) dovrà cambiare Stato dell’Io, affinché la comunicazione possa continuare; le transazioni ulteriorihanno uno scopo nascosto e il vero messaggio resta inespresso, celato dietro una transazione socialmente accettabile: vengono sollecitati o sono presenti due Stati dell’Io differenti. L’analisi delle transazioni ha lo scopo di favorire il controllo del comportamento nelle relazioni interpersonali.

Copione: piano di vita basato su decisioni autolimitanti -con andamento ripetitivo- prese durante l’infanzia del bambino, intorno ai sette anni e portate avanti per tutta la vita; il copione è trasmesso e rinforzato inconsapevolmente dai genitori; tali decisioni sono tanto più rigide quanto prese in situazioni vissute come minacciose. Crescendo si può continuare a recitare il tema di fondo finché non si decide di cambiarlo.

Gioco: rappresenta una serie di transazioni complementari ulteriori che, attraverso la manipolazione, cerca di dare o ricevere carezze, con una modalità reciprocamente distorta, trascinando con sé un tornaconto negativo (il fine inconscio è dare carezze negative). C’è sempre almeno una transazione ulteriore ed è presente uno scambio di ruolo, secondo i tre ruoli fondamentali: vittima, persecutore, salvatore. i giochi sono legati alle quattro posizioni esistenziali -in relazione a se stesso, agli altri e alla realtà- di seguito riportate.

Ok corral: “io sono ok e tu sei ok”; “io sono ok e tu non sei ok”; “io non sono ok e tu sei ok”; “io non sono ok e tu non sei ok”.

Carezze: indicano l’universale bisogno di riconoscimento che comincia col contatto fisico; se non ci sono abbastanza carezze si passa a cercare quelle negative, per sopperire a tale bisogno: una carezza negativa è meglio di nessuna carezza. il bisogno di essere toccati, da adulti, si sostituisce con altre forme di riconoscimento sociale: possono essere fisiche, verbali, mimiche, oculari; positive, negative, condizionate (riconoscimento per ciò che si fa), incondizionate (riconoscimento per ciò che si è), false (sembrano positive, ma terminano in negativo) o di plastica (apprezzamenti esagerati, non sinceri). Lo stile di dare e ricevere carezze è legato alle quattro posizioni esistenziali.

Ingiunzioni: sono messaggi copione, genitoriali, che indicano al bambino cosa dovrebbe o non dovrebbe fare per ottenere riconoscimento e accettazione: il bambino si trova ad accettarli o a lottare contro di essi e tali decisioni diventeranno parte fondamentale della sua personalità.

 

ROBERTO ASSAGIOLI (1888 – 1974)   PSICOSINTESI

L’individuo, nella sua totalità biologica, psicologica e spirituale, ha bisogno di esplorare i più alti livelli di coscienza.
La psiche umana è come un uovo, al cui centro troviamo l’Io o sé cosciente, che risulta diviso in inconscio inferiore sede della vita organica e degli istinti primitivi; inconscio medio in cui risiede il passato, i progetti per il futuro e l’elaborazione presente dell’esperienza; l’inconscio transpersonale che si nutre di ispirazioni, creatività, intuizioni, l’estasi.
C’è differenza tra l’addentrarsi nelle profondità dell’inconscio o svettare tra gli orizzonti del superinconscio.
L’identificazione è il processo psichico per cui il proprio essere corrisponde totalmente con un contenuto psichico della personalità: accade con le emozioni, con i sentimenti, con i pensieri che attraversano il campo della coscienza… : es. “sono arrabbiato”.
La disidentificazione, rappresenta una delle sette esperienze fondamentali della psicosintesi e ci insegna che corpo, emozioni, sentimenti e pensieri altro non sono che aspetti dell’esperienza: es. “ho un corpo” e non “sono il mio corpo”.
La fantasia guidata è la tecnica principale.


 

SISTEMICO-RELAZIONALE

GREGORY BATESON (1904 – 1980)

Oggetto di studio non è più la persona fine a se stessa, bensì l’individuo inserito nel suo ambiente, cioè nel suo sistema di riferimento, caratterizzato da una rete di relazioni, nelle quali avviene un costante passaggio di informazioni, che seguono le regole di
.retroazione, come superamento della causalità lineare, in cui prende forma una retroazione negativa-conservativa, che riporta il sistema al suo stato originario e retroazione positiva, che aumento della deviazione dalla condizione iniziale.
.circolarità, per cui ogni elemento del sistema è soggetto a influenza reciproca con tutti gli altri
.equifinalità, come superamento del determinismo causa-effetto, sostiene che il medesimo fine può essere prodotto da cause differenti, così come esiti diversi possono essere conseguenza della stessa causa originaria.

In un sistema, il tutto è diverso, dalla semplice somma delle parti.

Schismogenesi: dinamica che tende ad assumere le fattezze del circolo vizioso e che porta alla scissione, polarizzazione, separazione, tra individui o tra gruppi di persone, a causa di conflitti gestiti con una dose di aggressività reciproca, tra le parti coinvolte, in modo complementare, quindi asimmetrico, o simmetrico, giocato in funzione di ruoli posti sullo stesso piano.

Il paziente designato è il portatore del disagio di un intero sistema e ne è parte attiva, non passiva: ogni componente, all’interno di un preciso contesto, contribuisce al mantenimento della situazione problematica, la quale, con la partecipazione di tutti, si stabilizza su determinate modalità di funzionamento e di interazione. La condizione di malattia di cui si fa portavoce serve a mantenere uno stato di equilibrio dinamico e, dunque, omeostatico.

Il doppio legame è una forma di comunicazione interpersonale patologica in cui si trasmette un messaggio ambivalente e contraddittorio, che non consente di discriminare la reale intenzione comunicativa, tra ciò che è manifesto e ciò che è latente: può essere un doppio legale unipolare quando proviene da un’unica fonte (la madre, generalmente) e può generare un comportamento schizofrenico; può essere, altrimenti, un doppio legame bipolare quando le fonti sono due (tendenzialmente, madre e padre) e possono favorire un comportamento delinquente.

La psicopatologia è, quindi, anche conseguenza di un gioco relazionale, in cui, i ruoli, funzioni, comportamenti… rivestiti non sono chiari, espliciti, ben definiti… al punto che la persona ha difficoltà a inserirsi all’interno della trama narrativa del proprio sistema di appartenenza.

 

DONALD deAVILA JACKSON (1920 – 1968)

Rilevante è l’osservazione del comportamento, anche quello patologico, nel presente, tra le figure significative presenti nei contesti di riferimento del cliente e il più influente è il contesto familiare: in essi c’è sempre una tendenza verso il mantenimento di uno status quo e, al contempo, è presente anche una tendenza al cambiamento.

Omeostasi familiare: quando il paziente portatore del disagio migliora le proprie condizioni di salute, gli altri componenti del sistema iniziano a manifestare sintomatologie di vario genere, allo scopo di mantenere il proprio equilibrio omeostatico, anche se disfunzionale.

 

SALVADOR MINUCHIN (1920 – 2017)

Dinamiche familiari di un certo tipo generano reazioni comportamentali prevedibili: ad esempio, ruoli confusi, non definiti o definiti male, sistemi di ricompensa e punizione gestiti a caso e in modo improvviso, nonché imprevedibile vede come conseguenza il manifestarsi di comportamenti antisociali, caratterizzati da bassissima tolleranza alla frustrazione, l’agito preferito all’uso della parola, impulsività…; la condizione desiderabile è quella data da ruoli stabili e ben definiti, regole e condizioni/conseguenze esplicitate, confini funzionali, flessibilità.

 

MURRAY BOWEN (1914 – 1990)

Genitori che si confrontano con la mancata differenziazione emotiva dalla loro famiglia di origine si rapporteranno, con i propri figli, secondo schemi e modalità direttamente rispondenti a questa non differenzazione; a loro volta, i figli, una volta divenuti genitori, replicheranno questo modello di separazione emotiva non riuscita.
La relazione, in questo tipo di coppia genitoriale, è di tipo conflittuale, caratterizzata da distanza emotiva, e viene gestita attraverso il coinvolgimento di un figlio, che favorisce, in quel sistema a tre, il raggiungimento di una certa omeostasi: triangolazione.
La differenzazione di sé, con la conseguente acquisizione della posizione Io, è un processo che permette alla persona di sottrarsi dall’Io-familiare ovvero uno stato di fusione gruppale chiamato identità emotiva conglomerata, in cui i confini di ognuno sono confusi, poco definiti, persino fusionali.
.Chi non riesce a differenziarsi, cercherà altri legami di dipendenza affettiva.
.Chi non riesce a differenziarsi, ma mette in atto il cosiddetto taglio emotivo, , si separerà fisicamente attraverso una finta e dolorosa separazione emotiva, intesa come rottura traumatica dei processi di appartenenza necessari per la costruzione della propria identità; tanto maggiore e netto è il taglio, tanto più facilmente la persona riproporrà questo modello di interazione, nelle relazioni future: difronte ai problemi si allontanerà.
.Chi non riesce a differenziarsi, non si separa dalla famiglia, ma comunque mette in atto un taglio emotivo, nei momenti di stress e difficoltà, sarà soggetto a stati depressivi e forme di dipendenza.

Il genogramma permette di esplorare la storia della persona inserita in un sistema familiare trigenerazionale, per cui affrontare il “qui e ora” è possibile se si va “lì e allora”.

 

CARL WHITAKER (1912 – 1995)

Il terapeuta deve mostrarsi con tutte le sue debolezze e i suoi valori, essere autentico e rispondere in modo personale; si occupa dello spazio fisico e del confine emotivo dell’esperienza della famiglia, favorisce l’apertura all’aspetto irrazionale delle emozioni e lo svincolo da ruoli troppo rigidi; tuttavia, rimanda a loro la responsabilità, senza assumere deleghe che passivizzino i membri.
Può provocare la crisi, generare confusione, affinché vengano decostruite le convinzioni rigide e gli si permetta di disimparare, per apprendere nuove modalità: la famiglia, che racchiude in sé la capacità di crescere e lottare, è così stimolata ad attivare risorse per gestire il conflitto, sporcandosi le mani fino in fondo.
I segreti rivelati al terapeuta vanno esplicitati a tutti, così da garantire un rapporto onesto: tutto questo è importante dichiararlo da subito alla famiglia al momento della presa in carico.
La presenza del co-terapeuta è di sostegno al terapeuta, che può, a un certo punto, essere risucchiato nel campo emotivo familiare e garantisce, inoltre, una posizione più vicina alla realtà, in quanto ogni terapeuta assume il ruolo di pseudo genitore adottivo temporaneo (assunzione della coppia genitoriale).

 

MILTON ERICKSON (1901-1980)

Il problema, il conflitto e/o il sintomo che l’individuo porta in terapia è parte del sistema in cui egli è inserito e gli è necessario per vivere in quello stesso sistema: svolge un ruolo ben preciso, adempie a molteplici funzioni e, per questo, presenta connotazioni positive; in alcuni casi, inoltre, non può essere risolto, superato o aggirato… bensì va accolto e, di conseguenza, vanno stimolate abilità di gestione che gli consentano di vivere in modo più funzionale con quello che c’è.

Obiettivo della terapia, dunque, non è tanto la soluzione del problema nella sua totalità, quanto creare le condizioni affinché la persona abbia la possibilità di acquisire una modalità di funzionamento più costruttiva e adeguata rispetto alla realtà in cui è inserita e alle risorse disponibili. Ne consegue che accettazione e la validazione dell’esperienza e del problema da parte della persona sono le condizioni necessarie che permetteranno di poter procedere con l’utilizzazione delle risorse che sono meno evidenti e di cui l’inconscio, con tutta la sua complessità, ne è privilegiato contenitore.

La via d’accesso a questo contenitore è data dalla metafora che, capace di aggirare le resistenze, non deve parlare alla coscienza, bensì alla mente inconscia, utilizzando il suo stesso linguaggio.

L’approccio è naturalistico, quindi le suggestioni -indirette- vengono impartite quando si è innescato un naturale stato di trance quotidiana (predominio emisfero destro e attivazione del parasimpatico.

I compiti a casa, fanno da ponte tra un incontro e l’altro, come continuazione del rapporto terapeutico e, quindi, come un’opportunità di proseguire il lavoro e favorire il cambiamento, anche a seduta terminata

Le prescrizioni paradossali, costruite su misura sulla persona, mettono in condizione di usare creativamente ciò che già c’è, acquisendone padronanza: ne è un esempio la prescrizione del sintomo, per cui il comportamento sintomatico perde potere, in quanto perde la sua qualità spontanea; così come ne è esempio anche l’incoraggiare la resistenza, la quale -ricorda- non va considerata negativamente, poiché contiene quella mappa che, se canalizzata in modo diverso e funzionale, porta alla risoluzione del sintomo.

Se è possibile recuperare dal passato risorse, esperienze e strategie messe in atto, è anche possibile muoversi nel futuro, immaginarsi con il problema risolto e, voltandosi all’indietro, individuare tutti i passi che ne hanno determinato il superamento.

La realtà, l’esperienza, la comunicazione e il comportamento si presentano su livelli multipli di significato e vanno incontrati uno a uno, senza cercare di ridurli a un unico livello.

 

JAY HALEY (1923 – 2007)

Per questo esponente della terapia strategica, le relazioni umane si dispiegano sul susseguirsi di lotte di potere, volte a determinare chi detta le regole in quelle stesse relazioni; il sintomo stesso è uno strumento di controllo sull’altro e sulla relazione.

Le soluzioni al problema possono essere esse stesse il problema.

All’interno del suo modello di terapia del problem solving, parla del triangolo perverso: all’interno di una gerarchia, due persone -poste su livelli gerarchici differenti- stringono un’alleanza, una coalizione transgenerazionale, gestita contro una terza persona, a cui viene negata l’alleanza stessa (es. alleanza mamma-figlia, contro il padre).

 

VIRGINIA SATIR (1915 – 1988)

La sofferenza risponde soprattutto a regole di carattere emotivo ed è conseguenza di un’autostima minata, entro un sistema familiare che non offre gratificazione, sostegno apprezzamenti, riconoscimento e conferme, così come non favorisce l’individuazione del singolo.

Procedere con la scultura della famiglia, entro un processo di ricostruzione familiare, permette di “vedere situazioni vecchie con occhi nuovi”, individuare copioni, favorire empatia, elaborare esperienze negative.


 

BIOFUNZIONALE-CORPOREO

WILHELM REICH (1897 – 1957)

Padre della vegetoterapia, pose attenzione al corpo, al linguaggio non verbale e para-verbale dell’individuo. Osservò come gli eventi psichici si manifestino e parlino attraverso le tensioni muscolari e le incongruenze che si manifestano tra i tre livelli di comunicazione -verbale, non verbale e para verbale-.
Le tensioni muscolari altro non sono che espressione delle difese che si attivano contro le emozioni, nel tentativo di controllarle, per non farle uscire.

La sessualità è espressione integrata dei processi affettivi e corporei e, alla luce di questo, si può ritenere che, alla base di tutte le malattie psichiche, vi è energia sessuale -libido-. Essa è legata al sistema neurovegetativo ed è manifestazione specifica dell’Orgone -energia cosmica universale-. La libido che non riesce a esprimersi adeguatamente nella fase di contrazione -tensione ed eccitazione- e distensione -scarica, abbandono, rilassamento- genera blocchi emotivi, i quali trovano rappresentazione nelle tensioni muscolari, attraverso le resistenze che agiscono come un’armatura allo scopo di proteggere la persona dagli stimoli dolorosi, interni ed esterni. Il carattere assume, quindi, una struttura difensiva, che si riflette sulla postura, sull’espressioni del volto e sulla gestione del tono di voce, del ritmo delle parole e pause.

L’obiettivo dell’intervento terapeutico è far emergere ricordi traumatici ed emozioni, attraverso lo scioglimento dei blocchi corporei e liberazione dell’energia.

 

ALEXANDER LOWEN (1910 – 2008)

Crescendo, facciamo esperienza di come la spontanea espressione delle emozioni si confronti e scontri con il rifiuto, la disapprovazione, il giudizio, la punizione… all’interno dell’esperienza relazionale; ne consegue che iniziamo a controllarle, anziché gestirle, e questa inibizione inizia a manifestarsi attraverso tensioni muscolari e contratture dei muscoli coinvolti nell’espressione delle emozioni stesse: esse diventano croniche quando la repressione emotiva si protrae nel tempo.
L’analisi bioenergetica si propone di mobilitare l’energia, attraverso tecniche corporee che permettono che l’energia scorra liberamente, così da sciogliere la tensione nei vari distretti corporei come l’addome, le gambe, il bacino, con la possibilità che compaiano delle vibrazioni lungo il corpo, come indicatori del fluire dell’energia che comincia a rilasciarsi. Questo fa sì che, in progressione, le contratture si sciolgano, le emozioni si liberino e ci si viva l’esperienza del dolore, per elaborarlo.
Il Grounding -avere i piedi saldamente a terra- è una tecnica che favorisce un buon contatto/scambio energetico con il mondo esterno, rafforzando il suo senso di sicurezza e radicamento.

L’armatura caratteriale, descritta da Lowen, segue la suddivisione in cinque strutture caratteriali formatesi come difesa dagli stimoli interni ed esterni, avvertiti come minaccia. La risposta tensiva verso tali stimoli va a influire sulla struttura psico-neuro-muscolare.
1) Struttura schizoide → negazione del diritto di esistere → ferita da rifiuto
2) Struttura orale → negazione del diritto di avere bisogno → ferita da abbandono
3) Struttura masochista → negazione del diritto di imporsi → ferita da umiliazione
4) Struttura psicopatica → negazione del diritto di essere autonomo → ferita da tradimento
5) Struttura rigida→ negazione del diritto di amare sessualmente → ferita da ingiustizia


 

INTEGRAZIONE TEORICA

Esprime il bisogno -concretizzatosi a titolo di movimento, intorno agli anni ’70- di andare oltre i contributi di una singola scuola e aprirsi, invece, ad altre teorie e tecniche. L’interesse per l’integrazione assunse l’assetto di un vero e proprio orientamento a se stante.
La teoria, che emerge dalla sintesi concettuale di diversi sistemi teorici, è più della somma dei singoli contributi e ha, quindi, in quanto teoria unificatrice, un potere esplicativo, rappresentativo maggiore.

– Modello psicodinamico ciclico: approccio interpersonale+sistemico+apprendimento sociale+comportamentale – Gold & Wachtel 1993
– Terapia cognitivo-analitica (CAT): modello delle relazioni oggettuali+cognitivo – Ryle 1990 e Ryle.Low 1993
– Modello comportamentale-psicodinamico – Fensterheim 1993
– Modello cognitivo-evolutivo: approccio processuale+sistemico+cognitivo – Giudano 1987 e Giudano-Liotti 1983
– Modello Active-Self: cognitivo+interpersonale – Andrews 1990
– Terapia esperienziale: modello cognitivo+umanistico+Gestalt+CCT – Greenberg-Rice-Elliot 1993
– Terapia esperienziale-cognitiva-interpersonale – Safran-Segal 1990
– Modello della Metaintegrazione narrativa – Gold 1996


 

INTEGRAZIONE SUI FATTORI COMUNI

Il presupposto, nato a partire dalle ricerche di Frank 1961, riguarda la possibilità di godere di trattamenti più efficaci ottenuti dalla combinazione degli elementi/fattori condivisi dai diversi modelli, riguardo il cambiamento.
Primo tra i fattori comuni terapeutici è la relazione che offre un contesto emotivamente sicuro. Fondamentale è la contestualizzazione dei fattori (es: mentre gli approcci cognitivi vedono nell’autocritica un pensiero disadattivo da riconoscere ed eliminare (Messer-Winokur, 1984), gli approcci gestaltici trattano l’autocritica come un aspetto, che richiede riconoscimento e integrazione con le altre parti di sé).

– Modello Fattori comuni – Beitman 1992
– Modello integrativo sistemico – Clarkson 1993
– Modello del contatto in relazione – Erskine 1988 e Erskine.Trautman 1997
MODELLO TRANSTEORICOPROCHASKA-NORCROSS 1994 E PROCHASKA-DICLEMENTE 1992 di cui ora vi parlo.
Alla base, il bisogno di avere una teoria generale che non si focalizzasse, come già accadeva, su cosa cambiare, ma sul come avviene il cambiamento, una teoria che fosse orientata ai suoi meccanismi, dunque al processo.

– I processi del cambiamento:
.cognitivo-esperienziali: aumento della consapevolezza, attivazione emotiva, auto-rivalutazione, rivalutazione ambientale, liberazione sociale;
.comportamentale: auto-liberazione, controllo dello stimolo, contro-condizionamento, gestione del rinforzo, gestione delle relazioni d’aiuto.

– Gli stadi del cambiamento:
.pre-contemplazione: il soggetto non ha preso in considerazione l’ipotesi di modificare il proprio comportamento nell’arco di 6 mesi. Resistenza al cambiamento;
.contemplazione: il soggetto inizia a considerare l’ipotesi di modificare il proprio comportamento nell’arco di 6 mesi; può esserci una spinta concreta ad attivare il processo oppure ambivalenza;
.preparazione all’azione: decisione e pianificazione dei primi passi;
.mantenimento: stabilizzazione del cambiamento, affinché diventi stile di vita;
.conclusione: il comportamento non è più problematico.

– I livelli di cambiamento coinvolgono 5 aree:
sintomatica, cognitiva, interpersonale, familiare-sistemica, intrapsichica.


 

INTEGRAZIONE DA ECLETTISMO TECNICO

In figura ci sono le tecniche e la loro utilità, mentre la teoria finisce decisamente sullo sfondo, dando all’integrazione un taglio estremamente pragmatico e orientato alla persona e al suo problema. Il concetto venne inserito da Lazarus nel 1967, il quale riteneva importante fosse la terapia ad adattarsi al cliente e al problema e non il cliente ad adattarsi alla teoria o pratica terapeutica.
– Psicoterapia eclettica – Garfield 1980
– Terapia multimodale – Behavior Affect Sensation Imagery Cognition Interpersonal relationship Drug (BASIC ID) – Lazarus 1989
– Psicoterapia eclettica sistematica: fattori comuni+eclettismo+trattamenti fondati sulla ricerca – Beutler 1983 e Beutler-Consoli1992
– Eclettismo prescrittivo sitematico – Norcross 1997


 

INTEGRAZIONE PLURALISTICA

Selezione di strategie e tecniche di intervento terapeutico, a partire dai fattori comuni, dovuta all’idea che la costruzione della realtà risponda a una molteplicità di principi che muovono tra loro secondo criteri flessibili, dinamici, aperti a un confronto che consente di rimodulare il piano di trattamento in base alle esigenze specifiche del cliente.


 

POST MODERNISMO

La visione post moderna della Psicologia parte dall’assunto che la realtà oggettiva esiste solo finché ciascuno di noi, a livello percettivo, non utilizza i propri filtri e le proprie esperienze che la decodificano in modo assolutamente soggettivo: ne consegue che la realtà oggettiva non è così accessibile, come immaginiamo.
Decostruire le credenze, per offrirsi alternative.
Attraverso il linguaggio interpretiamo, definiamo, categorizziamo e ci rappresentiamo la realtà e sempre attraverso il linguaggio costruiamo significati condivisi.
Siamo le storie che ci raccontiamo, per cui la qualità del linguaggio che usiamo determina la qualità delle storie che ci raccontiamo.
Le narrazioni dominanti, sono narrazioni sociali condivise che guidano il comportamento.

MICHAEL WHITE (1948 – 2008) e DAVID EPSTON (1944 – )    TERAPIA NARRATIVA

Parliamo di una pratica terapeutica all’interno della quale le narrazioni -intese sia come processo, sia come risultato del processo stesso- prendono forma conversazionale e, attraverso il processo linguistico che la determina, a partire dall’interazione con l’altro, costruisce significati in modo collaborativo e non strutturalista.
Ne derivano narrazioni alternative, più funzionali, basate sui valori della persona. La persona non è il problema: il problema è il problema e non è utile identificarcisi. Di qui, l’esternalizzazione del sintomo come qualcosa che si può affrontare e gestire, persino superare, guardandolo dall’esterno e prendendone distanza (oggettivazione)
Quindi lo Psicologo non è detentore di una qualche verità, non è l’esperto che colonizza, con il suo sistema di riferimento, il sistema di idee dell’altro ma, attraverso le domande, co-costruisce una realtà nutrita e sostenuta dai significati e contenuti inseriti dal cliente in linea con i propri valori.
Il terapeuta per la prima volta condivide gli appunti raccolti in seduta con il paziente.

STEVE DE SHAZER (1940 – 2005)   TERAPIA CENTRATA SULLA SOLUZIONE 

Si tratta di un approccio non direttivo che pone al centro la persona, a partire dalle sue risorse e punti di forza, in modo che possa raggiungere i propri obiettivi, così come il cambiamento o lo stato desiderato, focalizzandosi sulle soluzioni già messe in atto inconsapevolmente o generabili.
La tendenza è quella di spostare il focus dal problema alla soluzione, in quanto l’autore ritiene che “Parlare dei problemi genera problemi.
Parlare delle soluzioni genera soluzioni.”
Il presupposto è che attraverso un’abile formulazione delle domande, la persona troverà da sé le sue soluzioni.


 

SALUTOGENESI

AARON ANTONOVSKY (1923 – 1994)

Il presupposto -ormai riconosciuto e divulgato dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità, Carta di Ottawa, 1948)- è che la salute è qualcosa di più della semplice assenza di malattia: è una disposizione di benessere fisico, mentale e sociale, che coinvolge l’individuo in un’ottica olistica.

È partendo da questo assunto che Antonovsky ha sviluppato questo concetto, spostando il focus da ciò che genera malattia, a ciò che mantiene o riporta le persone in salute. Salute e malattia non si escludono a vicenda, ma muovono i passi lungo un continuum che prevede la necessità di ristabilire costantemente uno stato di salute, a partire dal superamento delle difficoltà. La salutogenesi si colloca all’interno di ciò che funziona, per farlo andare meglio, così come acquisisce una funzione riparativa, rispetto a ciò che in quel momento non va, potenziando i punti di forza e le risorse generali di resistenza presenti nell’individuo. Esiste, inoltre, nel rapporto con la realtà e la lettura che ne facciamo, un Senso di Coerenza interna -SOC- che garantisce, in quanto forza intrapersonale, uno stato durevole e dinamico di fiducia, secondo tre condizioni:

intelligibilità: capacità di cogliere dati e informazioni dall’esperienza, interna e esterna all’individuo, di organizzarle e integrarle;
trattabilità: convinzione e fiducia che le difficoltà possano essere affrontate.
sensatezza: disposizione della persona a vedere le difficoltà e, in base alla percezione di sensatezza della propria vita, scegliere di imparare da esse.
che coinvolgono tre dimensioni: quella spirituale che ha a che fare con la nostra vera natura, quella emotiva che fa da ponte tra il corpo e la mente, quella mentale fatta di pensieri, memoria, sensazioni, volontà, intuizioni, ragionamenti,

Senso di coerenza e stato di salute presentano dinamiche direttamente proporzionali.         

OMS – Carta di Ottawa 1948: “La promozione della salute è il processo che mette in grado le persone di aumentare il controllo sulla propria salute e di migliorarla. Per raggiungere uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, un individuo o un gruppo deve essere capace di identificare e realizzare le proprie aspirazioni, di soddisfare i propri bisogni, di cambiare l’ambiente circostante o di farvi fronte. La salute è quindi vista come una risorsa per la vita quotidiana e non come il fine della vita. La salute è un concetto positivo che valorizza le risorse personali e sociali, come pure le capacità fisiche. Quindi la promozione della salute non è una responsabilità esclusiva del settore sanitario, ma va al di là degli stili di vita e punta al benessere.”

“Il concetto di Salutogenesi, porta con sé, spesso, un duplice errore di valutazione da parte di chi ne fa uso:
> quello avanzato dal mondo del Counseling professionale che ritiene che lo Psicologo abbia un occhio orientato esclusivamente alla patogenesi
> quello avanzato dal mondo del Counseling e da non pochi colleghi Psicologi -che siano essi specializzati in psicoterapia, Master o con altra formazione post universitaria- che fanno uso di questa parola come se riguardasse solo ciò che viene prima della patologia, in termini di prevenzione primaria, con lo stato di benessere associato. Non è così.

La SALUTOGENESI offre una cornice ad ampio spettro che riguarda, sì, la salute in quanto tale, eppure non esclude la patologia.
Quello che fa è consentirci di cambiare la prospettiva attraverso la quale guardiamo alla patologia stessa, una prospettiva fatta di risorse, punti di forza, abilità, potenzialità, soluzioni…. fino a una lettura del sintomo non come mostro da eliminare, ma come un segnale da ascoltare, con cui entrare in rapporto dialogico e con cui collaborare.

Detto ciò, se è vero, come dice Hillman, che l’anima per sua stessa natura patologizza, ciò non vale per lo Psicologo: NON E’ VERO CHE LO PSICOLOGO PER SUA STESSA NATURA PATOLOGIZZA. E, forse, dovrebbe proprio smettere di farlo.” Francesca Di Donato 


 

PSICOEDUCAZIONE

GERARD E. HOGARTY (1935 – 2006) IAN R. FALLOON (1940 – 2006) JULIAN LEFF ( – )

Il termine psicoeducazione venne nominato per la prima volta nel 1986 da Hogarty per descrivere l’intervento psicosociale – non troppo dissimile da quello di Fallon e Leff, insieme ai quali si posizionava come maggior esponente della psicoeducazione – rivolto ai familiari di pazienti con schizofrenia, allo scopo di offrire informazioni e competenze riguardo comunicazione, risoluzione di problemi e gestione dello stress intrafamiliare, generato dal doversi confrontare con una problematica simile sul lungo periodo. Questo programma educativo, costruendo un’alleanza con la famiglia, fece sì che la stessa venne coinvolta nel processo di trattamento: dopo due anni risultò l’approccio più efficace per prevenire le ricadute tra le persone con schizofrenia.
Parlare di psicoeducazione è parlare di educazione -intesa come tirar fuori abilità attitudini e disposizioni positive e funzionali presenti nelle persone- e formazione -intesa come dar forma, modellare, ma attraverso un atteggiamento conoscitivo attivo e critico- non indottrina, ma informa e favorisce il cambiamento attraverso il coinvolgimento attivo e consapevole di tutto il sistema coinvolto nel problema, nel disagio o malessere, a partire dal paziente.


 

FENOMENOLOGIA

  1. HUSSERL (1859 – 1938)

La fenomenologia esprime le possibilità conoscitive e autoconoscitive di un corpo che si confronta con il mondo. Non vi è più relazione anima e corpo, ma è il mondo che configura la psiche.
Quindi, anche il problema psichico diventa il risultato del proprio modo di essere nel mondo, per cui il disagio psichico va inteso come fenomeno e va considerato così per come appare.
La fenomenologia non ha una teoria alle spalle, guarda le cose così come sono: si contrappone, in tal senso, all’approccio psichiatrico, che considera il disagio psichico alla luce della teoria che lo anticipa e che è da verificare trasformando la persona in un “caso” che conferma o meno la teoria di partenza.
La concezione dualistica della conoscenza, che separa il soggetto conoscente dall’oggetto conosciuto, ha portato la scienza a credere di poter sostituire l’esperienza con la quantificazione, matematizzazione, misurazione della realtà.
È importante, invece, recuperare le caratteristiche essenziali delle esperienze e l‘essenza di ciò che sperimentiamo, guardare alle cose stesse e sospendere il giudizio –epochè-, mentre ciò avviene.
L’esperienza epoché avviene in tre fasi:
.riduzione fenomenologica: quella del fenomeno, così come si manifesta alla coscienza, è l’unica realtà conoscibile;
.riduzione eidetica: le essenze dei fenomeni si manifestano nel momento stesso in cui l’oggetto arriva alla coscienza;
.riduzione trascendentale:
la coscienza stessa darà forma a un residuo fenomenologico in quanto, essendo essa stessa ad attuare la sospensione del giudizio, non può applicarlo su di sé.
La coscienza è intenzionalità, quindi non può esistere indipendentemente da noi o dal mondo, quindi ogni atto psichico non può esistere senza un oggetto al quale riferirsi e

La Fenomenologia comprende l’approccio esistenziale e quello umanistico.


 

ESISTENZIALISMO

HEIDEGGER (1889-1976)

Teoria dell’esistenza che vede l’uomo dotato di uno stato di pre-comprensione del mondo, che è presupposto del suo esserci nel mondo stesso. Nel suo approccio fenomenologico, invita a lasciare che le cose si mostrino da sé, per quello che sono, cioè fenomeni. Ma ciò che permane oltre l’esistenza, l’essere, è quanto di può difficile si possa cogliere
Quindi Heidegger rilancia la Fenomenologia come Ontologia e, quindi, studio dell’essere in quanto tale, nonché delle sue categorie fondamentali.
L’essere non può essere definito, de-finito, e non deve essere visto solo in relazione a ciò che è dato oggettivamente -ente-, in quanto:
. non esaurisce tutto il suo potenziale e ricchezza
. lo concettualizzano e, quindi, lo circoscrivono, intrappolandolo in una visione riduttiva
Solo un ente è in grado di comprendere l’essere -in quanto è l’unico a porsi la domanda sull’essere- e questo è l’uomo, che lo stesso Heidegger preferisce chiamare Esserci, Essere nel mondo o Dasein (das Sein), per non ridurlo a semplice ente tra gli altri enti.
Il passato “è” perché l’Esserci lo ricorda e, ricordandolo, lo fa essere; il futuro “è” perché l’Esserci desidera e spera, e desiderando e sperando, lo fa essere; il presente “è” perché me ne occupo e, occupandomene, continua a essere.
Esserci è esperienza esistenziale in quanto Essere nel mondo, è un tutt’uno con esso e in esso si realizza, basandosi sulla sua stessa possibilità d’Essere.
Tutti altri enti, diversamente dal Dasein, esistono in quanto tali e ricoprono una specifica funzione (una penna è il dato, l’oggetto, ed è anche l’uso che ne faccio, cioè scrivere; per far sì che la penna esista nella sua utilizzabililità, bisogna far sì che il fenomeno -penna- in quanto dato, sia scomparso alla mia coscienza (penso a scrivere e non alla penna con le sue caratteristiche).
È un rischio che l’uomo si disperda nel mondo, invischiato nella relazione con le cose, dimenticandosi di sé e finendo per pensarsi e comprendersi solo attraverso il rapporto con le cose che gli permettono di “fare”, perdendo la capacità di Esserci: deiezione, decadimento, perdersi nel mondo, il vivere un’esistenza anonima, in funzione degli altri e delle cose.
Fondamentale il passaggio all’autenticità, iniziando a vivere per noi stessi, e non per le cose e persone che ci circondano: eppur -osserva- la maggior parte del tempo falliamo questo compito, fagocitati dal “si” impersonale (si dice, si pensa, si fa), dal conformismo.
Essere nel mondo deve tramutarsi in Essere per la morte: solo considerando questa prospettiva certa, c’è la possibilità di metterci in condizione di fare scelte riguardo ciò che è davvero importante per noi stessi.

La svolta arriva in una seconda fase, cioè quando H. afferma che non è l’uomo che si pone l’interrogativo riguardo l’essere, ma è l’essere che si manifesta, si rivela all’uomo: è un accadimento verso il quale l’uomo deve porsi in ascolto e il linguaggio poetico è la casa dell’essere.
Quindi l’uomo non si pone la domanda sull’essere, ma risponde a un appello dell’essere


 

NEUROSCIENZE COGNITIVE

Le neuroscienze, nate grazie a Camillo Golgi, studiano come i neuroni e le relazioni tra essi determinino, dando vita a reti neuronali, i comportamenti degli individui.
I campi di applicazione vanno dalla genetica, all’immunologia, dalla fisiologia all’anatomia, dalla biochimica alla farmacologia… fino alla psicologia e alle scienze cognitive.

Le neuroscienze cognitive non sono una disciplina, bensì un approccio teorico: è il prodotto finale di un’integrazione data dalla teoria della mente, le scienze cognitive e le neuroscienze.
Mente e cervello, dunque, si incontrano per descrivere i processi cognitivi dell’individuo e del legame che intercorre con le strutture cerebrali e relative attività.

Le scienze cognitive -prima- e le neuroscienze cognitive -poi- condividono l’idea che non si può indagare una cosa così complessa, come il rapporto mente-cervello, da un unico punto di vista: competenze diverse vengono messe in gioco da filosofi, neurologi, biologi, linguisti, sociologi, psicologi…

Psicologia e neuroscienze cognitive sono in una relazione di interdipendenza: se la psicologia parte dai fenomeni comportamentali e mentali e solo dopo guarda ai meccanismi neurologici alla base, le neuroscienze cognitive seguono il processo inverso e partono dai processi neurali.


PROGRAMMAZIONE NEUROLINGUISTICA  PNL

RICHARD BANDLER (1950) –  JOHN GRINDER (1940)    –    ROBERT DILTS (1955)

La programmazione neurolinguistica nasce a opera di Richard Bandler e John Grinder, grazie all’integrazione di contributi legati alla semantica generale (Korzybski), alla grammatica trasformazionale (Noam Chomsky), all’antropologia e alla cibernetica (Bateson), al Reframing (Watzalawick, ed altri), al sistemico familiare (Virginia Satir), alla Gestalt (Perls) e all’ ipnosi (Milton Erickson).
Programmazione: schemi di comportamento legati all’esperienza
Neuro: processi neurologici
Linguistica: linguaggio
Le tre dimensioni sono in relazione stretta e la loro organizzazione e riorganizzazione consente il raggiungimento degli obiettivi.

La comunicazione è un processo di scambio di informazioni che tende ad influenzare le parti in causa in un certo contesto. Cinque gli assiomi della comunicazione (da Pragmatica della comunicazione Umana di Paul Watzlawick, J. B. Beavin Beavelas E Don D. Jackson, 1976)
. non si può non comunicare
. ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto ed uno di relazione
. gli esseri umani comunicano sia con il modulo numerico che con quello analogico
. la natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione fra i comunicanti
. tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari

Il comportamento non presenta una dinamica opposta a se stesso: l’attività e l’inattività, le parole e i silenzi hanno tutti valore di messaggio all’interno delle relazioni, semplicemente, non sempre comunichiamo attivamente, intenzionalmente e consapevolmente.

Due i livelli di comunicazione descritti da Watzlawick:
.verbale/ digitale/ di contenuto ovvero “il cosa”: manifesto, esplicito, logico, linguaggio verbale – dà informazioni
.non verbale/analogico/di relazione ovvero “il come”: nascosto, implicito, psicologico, linguaggio:
paraverbale: tono, ritmo, pause
non verbale: gesti, postura, mimica, prossemica
dà informazioni sulle informazioni (meta-comunicazione).
Analizzando il modo in cui una persona parla, è possibile scoprire il modo in cui si rappresenta la realtà e categorizza le informazioni: prestarvi attenzione consente di adattare il proprio modo di comunicare a quello altrui.
Ciascuno di noi, quindi, percepisce la realtà e la codifica secondo una modalità del tutto originale, in parte innata e in parte acquisita attraverso l’esperienza.

I nostri modelli mentali rappresentano la mappa che ciascuno di noi si è costruito per interpretare e muoversi all’interno della realtà: essi non sono altro che il risultato di una serie di filtri -che a volte variano in base alla situazione e al contesto e altre volte sono stabili- che abbiamo applicato alle informazioni che ci arrivavano e selezioniamo dall’esterno.
I filtri cognitivi stabili possono essere classificati in due gruppi:
> i sistemi sensoriali: visivo (V), uditivo (U) e cinestesico (K) che raggruppa i tre sensi mancanti (olfatto, gusto, tatto). Ciascuno di noi mette in gioco tutti e tre i filtri, ma un canale, tra questi, è preferenziale sugli altri; quindi, le persone si dividono tendenzialmente in visive, uditive e cinestesiche.
> i metaprogrammi
– a selezione primaria: indicano su quali aspetti della realtà ci si concentra maggiormente: persone, informazioni,  tempo, luoghi, attività…
a selezione funzionale: sono filtri più complessi dei precedenti e si esprimono per dimensioni dicotomiche:
. Direzione (verso/lontano da): indica la spinta motivazionale (mi attivo
per ottenere un vantaggio o per fuggire da qualcosa?)
. Ragione (possibilità/necessità): identifica un altro aspetto della spinta
motivazionale (mi attivo perché posso o perché devo?)
. Controllo (reattivo/proattivo): identifica il locus of control (reagisco agli
eventi o li agisco?)
. Referenza (interna/esterna): indica i criteri di decisione (per decidere mi
affido a ciò che credo io o a ciò che credono gli altri?)
. Affiliazione (aggregante/disaggregante): identifica il proprio rapporto
rispetto agli altri (preferisco condividere le esperienze o distinguere il
tuo dal mio?)
. Attenzione (obiettivo/processo): identifica il rapporto col compito e con
le attività di svolgere (presto attenzione all’obiettivo o al processo?)
. Chunks (grandi/piccoli): indica la quantità di informazioni a cui si presta
attenzione (mi preoccupo dei singoli particolari -chunks piccoli- o mi
interessano i dati essenziali -chunks grandi-?)
. Relazione (adeguante/disadeguante): identifica la tendenza a prestare
attenzione alle similitudini o alle differenze tra due oggetti o due eventi
(siamo uguali o diversi?)
– a selezione temporale indicano il nostro rapporto con il tempo:
. tempo preferenziale
. tipo di controllo percepito
. atteggiamento nei confronti del futuro
Il ricalco è la tecnica che ci consente di sintonizzarci sul nostro interlocutore. Ricalcare qualcuno vuol dire calibrare il proprio comportamento ed il proprio modo di comunicare a quello dell’altro: riuscire a individuare i metaprogrammi e sintonizzarsi con essi, nel colloquio con l’altro, favorisce la fiducia e l’alleanza. Si genera così un rapport ovvero un ponte che permette a due individui di incontrarsi.

Gli accessi oculariLEM-: la mente immagazzina e recupera le informazioni, selezionando precise aree di raccolta di ciò che è visivo o uditivo o cinestesico.
L’osservazione dei movimenti oculari ci indica perciò quali zone del cervello vengono attivate dall’interlocutore.
Immaginando una persona -destrimana- davanti a noi (nei mancini accade l’inverso):
. Se lo sguardo è rivolto in alto vuol dire che l’interlocutore sta
ricontattando il canale visivo
– in alto a destra: visivo ricordato
– in alto a sinistra: visivo costruito
. Se lo sguardo è rivolto lateralmente vuol dire che l’interlocutore sta
ricontattando il canale uditivo
– laterale destro: uditivo ricordato
– laterale sinistro: uditivo costruito
. Se lo sguardo è rivolto in basso, l’interlocutore sta ricontattando
– in basso a destra: dialogo interno (auditivo digitale)
– in basso a sinistra: sensazioni/emozioni (infatti le persone cinestesiche,
difficilmente guardano negli occhi)
. Se lo sguardo è fisso in avanti: sta accedendo a delle immagini interne e si
sta vivendo dentro una scena; sguardo fisso con la pupilla dilatata è tipico
della trance ipnotica.
La memoria dell’interlocutore può essere iconica o ecoica. La memoria iconica si ha perché nel momento in cui la retina è stata impressa con un’immagine questa rimane lì per un po’; quella ecoica, invece, sta alla base dell’udito ricordato (ricorda la voce dell’altro) o costruito (ricorda quello detto dall’altro, ma con la propria voce).

La realtà oggettiva esiste solo finché ciascuno di noi, a livello percettivo, non utilizza i propri filtri e le proprie esperienze che la decodificano in modo assolutamente soggettivo.
La nostra mente al fine di costruire euristiche mentali che facilitino la gestione delle informazioni in entrata utilizza
. la generalizzazione che è un processo di semplificazione, di per sé utile, finché il soggetto non opera delle generalizzazioni negative che diventano depotenzianti per la propria vita o per la lettura del mondo;
. la cancellazione di dati e informazioni che raccogliamo attraverso gli organi di senso, per selezionarne selettivamente altri;
. la deformazione della realtà a partire dalla nostra esperienza sensoriale: la soluzione dei problemi non sta tanto nel cambiare la realtà esterna, ma nella nostra riorganizzazione dell’esperienza e di come la percepiamo, leggiamo e interagiamo con essa.

Un prodotto delle generalizzazioni sono le cosiddette verità assolute ovvero credenze o sistema di credenze, che creiamo a partire dal nostro vissuto e da interpretazioni soggettive della realtà e che, quindi, non possono in alcun modo essere definibili vere o false a priori. Possono, invece, essere: positive e potenzianti o negative e depotenzianti.  
Secondo Robert Dilts le credenze depotenzianti possono essere raggruppate in tre grosse categorie:
Mancanza di speranza – non aspettativa di risultato: credenze secondo cui l’obiettivo desiderato sia irraggiungibile a prescindere dalle proprie capacità.
Mancanza di aiuto – non aspettativa di efficacia: credenze secondo cui l’obiettivo desiderato è possibile, ma non si hanno le capacità o il sostegno per poterlo raggiungere.
Mancanza di valore – autosvalutazione: credenze secondo cui non si è degni di meritare il raggiungimento dell’obiettivo desiderato.
Le credenze depotenzianti si modificano tramite:
confutazione: una tecnica di derivazione cognitivo comportamentale-,
integrazione: quando il soggetto sperimenta dei conflitti interni tra diverse credenze
film comportamentale: tecnica di visualizzazione simile al feedforward cinematografico.

R.Dilts ritiene che per poter cambiare occorre voler cambiare, sapere come fare a cambiare e soprattutto credere che sia possibile farlo: il cambiamento consiste nel passare, facendo appello alle proprie risorse, da uno stato presente, disfunzionale, a uno stato desiderato, funzionale, superando tutte le interferenze -interne ed esterne- che si incontrano.

Altro pilastro è rappresentato dai valori -contenitori di ciò che per noi è importante, rispondendo a un criterio gerarchico- che fungono da spinta motivazionale che ci spinge verso o lontano da qualcosa; sostengono, inoltre la funzione del giudizio, finalizzata a distinguere il bene dal male, attraverso valutazioni soggettive e contesto-dipendenti. Parliamo di nominalizzazioni, quindi sono di per sé parole astratte, che si riempiono di significato in base ai criteri di soddisfazione dei valori stessi e acquisiscono consistenza in base all’operazionabilità degli stessi: cosa dovrebbe accadere per..?
I top-valori si creano durante i periodi critici e significativi dello sviluppo e che pongono le basi stesse della personalità dell’individuo e del suo senso di identità.
M.Massey ha elaborato una teoria sull’acquisizione/formazione dei valori:
. periodo dell’imprinting 0-7 anni: fase in cui si acquisiscono passivamente informazioni dal mondo esterno;
. periodo del modellamento 8-13 anni: si scelgono figure di riferimento -idoli o eroi- introiettandone i valori;
. periodo della socializzazione 14-21 anni: i giovani adulti iniziano a raccogliere e formare valori relativi alle relazioni sociali.
I top-valori formatesi in età infantile sono ormai stabilizzati e da questo momento in poi solo una significativa esperienza emotiva e riparativa potrà metterli in discussione e modificarli.


 

GRUPPI

IRVIN D.YALOM (1931)

Yalom descrive i fattori di gruppo terapeutici:
. speranza come motore per il cambiamento, testimoniato da persone che condividono momenti diversi del proprio percorso
. universalità, il non sentirsi soli nel dolore, nei problemi, nelle esperienze spiacevoli
. informazioni trasmesse sul piano psicoeducativo, per favorire consapevolezza e cambiamento
. altruismo inteso come sostegno reciproco, dato dalla coesione di gruppo
. ricapitolazione correttiva del gruppo primario familiare: il gruppo stesso assume il ruolo di una famiglia sostitutiva e riparativa delle dinamiche disfunzionali vissute nel contesto di origine
. tecniche di socializzazione che favoriscono l’acquisizione e il consolidamento di abilità relazionali, attraverso il role play e il (segue sotto)
. comportamento imitativo o modeling che consente l’acquisizione di abilità osservando gli altri membri del gruppo
. apprendimento interpersonale attraverso le relazioni di intimità vissute giocando, di volta in volta, ruoli diversi e relative restituzioni/feedback
. coesione di gruppo, senso di appartenenza che, infondendo sicurezza, favorisce la disposizione ad aprirsi e affrontare il rischio di contattare vissuti spiacevoli
. fattori esistenziali di vuoto, di separazione, di perdita e di morte sperimentati anche grazie alle dinamiche stesse del gruppo


Ricerca e pubblicazioni approccio integrato

Visione di Un approccio esperienziale all’insegnamento della ricerca qualitativa (ejqrp.org)

Un’introduzione all’etica della ricerca della Gestalt con informatori | Giornale europeo per la ricerca qualitativa in psicoterapia (ejqrp.org)
Vista di un’introduzione all’etica della ricerca della Gestalt con informatori (ejqrp.org)

Ricerca centrata sulla relazionalità: un work in progress | Giornale europeo per la ricerca qualitativa in psicoterapia (ejqrp.org)
Vista della ricerca centrata relazionale: (ejqrp.org)

La ricerca-azione alla luce della pratica integrativa dei terapisti coniugali e familiari e alcuni altri problemi di ricerca | Giornale europeo per la ricerca qualitativa in psicoterapia (ejqrp.org)
Visione della ricerca d’azione alla luce della pratica integrativa dei terapisti coniugali e familiari e di alcuni altri problemi di ricerca (ejqrp.org)

L’esperienza trasformativa di trovare una casa relazionale con uno psicoterapeuta | Giornale europeo per la ricerca qualitativa in psicoterapia (ejqrp.org)
Vista dell’esperienza trasformativa di trovare una casa relazionale con uno psicoterapeuta (ejqrp.org)

Entrare nella radura: la sfida di un ricercatore per dare un senso alla filosofia fenomenologica | Giornale europeo per la ricerca qualitativa in psicoterapia (ejqrp.org)
Vista di Entrare nella radura: la sfida di un ricercatore per dare un senso alla filosofia fenomenologica (ejqrp.org)

 

  • Evans K & Gilbert M (2005) Un’introduzione alla psicoterapia integrativa. Palgrave-MacMillan.
  • Evans, K. e Gilbert, M. (2010) – Introducere in psihoterapia integrativa. Un model relational integrativ al psihoterapiei (traduzione in rumeno), Bucuresti, Liber Mundi
  • Finlay, L. (2015) Psicoterapia Integrativa Relazionale. Processo e teoria coinvolgenti nella pratica
  • Finlay L (2016). Psicoterapia Integrativa Relazionale: Processo Coinvolgente e Teoria nella Pratica. Chichester: Wiley-Blackwell.
  • Finlay, L. (2019). Etica pratica nel counselling e nella psicoterapia: un approccio relazionale. Londra: Sage.
  • Gilbert, M e Evans, K Un approccio integrativo alla relazione di psicoterapia: sfide terapeutiche e successi in Charura, D e Paul, S (2014) The Therapeutic Relationship Handbook: Theory and Practice, McGraw Hill Open University Press.
  • Zvelc Gregor e Zvelc Masha (2020). Psicoterapia Integrativa. Un approccio orientato alla consapevolezza e alla compassione. Londra: Routledge.
  • Erskine R e Moursund J (1988) Psicoterapia Integrativa In Azione. Pubblicazione della Gestalt.
  • Erskine R e Moursund J (2004) L’arte e la scienza della relazione.Thomson Publication.
  • Erskine R e Moursund J e Trautmann R (1999) Oltre l’empatia. Pubblicazione Routledge.
  • Wilkins, P. (2015) – Terapia centrata pe persoana – 100 de puncte-cheie

 

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Francesca Di Donato – Psicologa
Psicologia clinica, dinamica e della salute – percorsi individuali, di coppia e in gruppo: in presenza e online
Formatore e Supervisore: in presenza e online

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