3 anni ago · Francesca Di Donato - Psicologa · 0 comments
Psicologo come professione sanitaria: un’identità snaturata
Premessa: sanitario non è sinonimo di medico.
Tuttavia la realtà sanitaria è completamente costruita sul modello medico e ancorata a esso.
L’ingresso di nuove professioni orientate alla salute dovrebbe allargare il panorama, invece di irrigidirlo tutto verso una realtà, quella medica, pre-esistente.
Eppure è esattamente ciò che sta accadendo.
Arricchirsi reciprocamente significa, infatti, che ognuno ha e mantiene la propria identità salda e ancorata alla natura e ai valori insiti nella propria professione.
Per arricchire una realtà, invece di asservirla, serve che le singole dimensioni coinvolte siano congruenti con loro stesse. Gli psicologi sin da quando è stata istituita la legge che regolamenta la loro professione non hanno fatto altro che rincorrere il modello medico, invece di dare spazio e consolidare una propria specifica identità, hanno investito le loro energie tutte per omologarsi, anziché differenziarsi:
– fare a braccio di ferro per farsi inserire nell’art.3 della legge 56/89, per fare ciò che si sarebbe potuto fare ugualmente in quanto Psicologi
– spingere per avere lo Psicologo delle cure primarie come se potessimo davvero funzionare come i medici nello smistamento in base alle singole necessità
– l’accesso al pubblico che porta alla perdita della natura relazionale della nostra professione
– fare continui paragoni -spesso sbagliati proprio nel contenuto, a causa della disinformazione- con i medici
– gli ecm ovvero Educazione Continua in Medicina per l’aggiornamento professionale
– dimenticare che la professione di psicologo abbraccia tante realtà oltre quella clinica
sono alcuni dei tentativi di questa emulazione, che non solo denotano spinte non consapevoli, ma che mettono anche a rischio il motivo per cui la nostra professione è nata: essere l’alternativa al modello medico.
Il mondo sanitario cosi com’è, fortemente ancorato al modello medico, non risponde adeguatamente alla natura della nostra professione che ha, primariamente, una funzione che muove lungo un continuum che va dal sociale all’esistenziale.
Anche se ci si occupa di clinica e di benessere psicofisico, in quanto Psicologo non si assolve a una funzione sanitaria strictu sensu: la nostra disciplina nasce dall’incontro fra filosofia, sociologia, antropologia, medicina e scienze naturali, quindi è scienza da una parte, tuttavia è anche UMANISTICA, SOCIALE: è del tutto ibrida soprattutto in ambito relazionale, quando si tratta di fare terapia, sia essa psicoterapia o terapia supportiva, preventiva e abilitativo-riabilitativa. Le radici della psicologia non attingono la loro linfa da Freud e dalla psicoanalisi, ma -come molti altri saperi- dagli sciamani, non dimentichiamolo.
Essere sanitari ingabbia nel momento in cui si è disposti a spersonalizzarsi pur di integrarsi, quando invece avremmo potuto rappresentare quell’alternativa che punta ad allargare e a valorizzare il quadro prospettico.
Abbiamo ancora molto da realizzare sul fronte identitario come categoria: primo fra tutti che il modello medico, a cui tanto ci si ispira fino all’emulazione, andrebbe riletto alla luce di tutte le informazioni che la nostra disciplina stessa ci fornisce, così da farci forti della natura intrinseca della stessa e smetterla di cercare di essere qualcun altro.
Questo ci restituirebbe dignità e favorirebbe l’autorevolezza di una professione che conosce e realizza se stessa.
Già, avremmo potuto e dovuto rappresentare l’alternativa.
E invece….
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Francesca Di Donato – Psicologa
Psicologia clinica, dinamica e della salute – percorsi individuali, di coppia e in gruppo: in presenza e online
Formatore e Supervisore: in presenza e online
Categories: Appunti e spunti di riflessione