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20. Riconoscere il disagio tra i banchi di scuola. Paola Pellegrino

3 mesi ago · · 0 comments

20. Riconoscere il disagio tra i banchi di scuola. Paola Pellegrino

Negli ultimi anni sempre maggiori ricerche raccontano la crescita esponenziale del disagio giovanile e scolastico soprattutto nella fascia che parte dai 9-10 anni fino ad estendersi per tutta l’adolescenza.Molte variabili si fondono in modo del tutto unico nella storia di ognuno ma ciò che traspare è la necessità di dover comprendere meglio ciò che i ragazzi vivono.Sempre più sono le storie di giovani che hanno paura del futuro,che non riescono ad immaginarne uno e vivono nel timore di non riuscire a farcela,

di non essere abbastanza o meritevoli.Le relazioni tra pari ma anche tra adulti e familiari sono sempre meno capaci di trasmettere quella percezione di sostegno e presenza che più di ogni altra cosa servirebbe.

La scuola riveste un ruolo fondamentale non solo per rimanere “guida” ma anche per intercettare il disagio, lavorando quando possibile di prevenzione e sempre da supporto.

È fondamentale un approccio che valorizzi le potenzialità presenti più che incrementare le zone d’ombra e questo richiede la capacità di saper osservare e predisporsi verso una dimensione di ascolto non giudicante ma orientata alla comprensione.

Ecco di seguito alcuni segnali che sarebbe opportuno dal parte di un insegnante vagliare bene perché potenzialmente rappresentativi di un disagio:

-improvviso calo del rendimento scolastico

– ritiro sociale e difficoltà tra pari

– cambiamenti di umore e comportamenti meno ordinari

– assenteismo

– compromissione delle attività precedentemente svolte con tranquillità sulla base di riferita ansia o malessere.

In casi come questi lavorare su livelli diversi e quindi su gruppo classe,gruppo docente,famiglia e singolo può favorire un iniziale inquadramento del problema se non altro per comprendere quali passi mettere in atto per gestire al meglio la situazione.

Ricordiamo a questo proposito inoltre la possibilità di interfacciarsi con psicologo della scuola come risorsa a servizio del benessere scolastico.


Noemi Virgilio
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19. La base dell’apprendimento: la relazione! Noemi Virgilio

3 mesi ago · · 0 comments

19. La base dell’apprendimento: la relazione! Noemi Virgilio

L’importanza della relazione docenti-studenti è ormai avvalorata dalle evidenze neuroscientifiche che dimostrano come l’apprendimento sia fortemente legato alla motivazione e alle emozioni. Oltre le ricerche ognuno di noi ha esperienza di come sia stato più facile da studenti affrontare le materie in cui il docente aveva un modo di parlare divertente, particolarmente chiaro o entusiasmante. Il nostro docente preferito era anche quello con cui andavamo meglio, o per lo meno insegnava la materia che studiavamo più volentieri. La motivazione infatti e l’apprendimento secondariamente sono fortemente legati alle emozioni che proviamo quando apprendiamo. In questo senso è facile capire come le emozioni come gioia, stupore, curiosità attivino più facilmente una motivazione intrinseca all’apprendimento. L’attivazione delle emozioni è certamente possibile anche in presenza di situazioni spiacevoli, la paura di una nota o un voto negativo possono generare emozioni che in questo caso non portano però ad una motivazione intrinseca ma portano ad una decisone estrinseca volta ad evitare la minaccia punitiva. In questo senso risulta molto più efficace al fine dell’apprendimento che la motivazione si inneschi a partire da emozioni che possano generare una vera motivazione interna. Le emozioni sono dunque il timone che guida le nostre decisioni e secondariamente che porta a tutte le nostre caratteristiche evidenti in tema di apprendimento: le scelte sulle materie che ci piacciono, le nostre attitudini, le capacità creative etc.

In questa cornice di rifermento é facile capire come non esista nessun vero processo di apprendimento se prima non ci si focalizza sulla relazione in cui quelle emozioni possono avere il terreno per crescere e per essere coltivate. Essere guida di una relazione sana prima che elargitori di conoscenze è imprescindibile perché si possa diventare quei docenti che entusiasmano, affascinano e ispirano, quei docenti di cui tutti ci ricordiamo per sempre.


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18. L’importanza di un vero patto educativo condiviso. Paola pellegrino

3 mesi ago · · 0 comments

18. L’importanza di un vero patto educativo condiviso. Paola pellegrino

Quando si parla della centralità dell’istituzione scolastica e familiare nella definizione di gran parte della qualità della vita di bambini e ragazzi, si sottolinea forse ancora poco l’effetto che i rapporti presenti tra queste due Istituzioni possono avere.

Si parla di condivisione educativa, di patto di corresponsabilità, di dialogo ma spesso queste dimensioni sembrano presenti solo a livello formale e burocratico.

Il patto educativo di corresponsabilità per esempio è un documento che gli studenti e i genitori contestualmente all’iscrizione a scuola sottoscrivono con l ‘obiettivo di definire in maniera condivisa diritti e doveri nel rapporto tra istituzione scolastica autonoma, studenti e famiglie nel rispetto dei diversi ruoli e del reciproco impegno.

Ma quanto questa corresponsabilità è veramente poi agita? O meglio quanto di quello che viene preposto e proposto facilita l’incontro reale tra i due sistemi e la conoscenza dei bambini/ragazzi?

Questo aspetto diviene centrale e risulta lacunoso soprattutto quando ci si ritrova ad affrontare situazioni “extra ordinarie”, che necessitano di flessibilità e accorgimenti specifici. La reale sinergia tra i due sistemi porterebbe benefici ormai ampiamente dimostrati da numerose ricerche tra cui :.

Migliori risultati di apprendimento

Lotta assenteismo

Relazioni funzionali e soddisfacenti tra tutti gli attori coinvolti

Costruzione di un ambiente volto alla cooperazione.

Un modo per rendere tutto questo realmente concreto potrebbe essere partire da un reale incontro tra scuola e famiglie, una prospettiva di ascolto e negoziazione reciproca necessaria oer una reale conoscenza. La reale partecipazione e scambio nelle fasi proprio di definizione dei valori reciproci e dei bisogni dei ragazzi è quello che realmente forse manca per avvicinarsi ad una condivisione educativa sostanziale.

 

 


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17. Rapporti scuola-famiglia. Noemi Virgilio

3 mesi ago · · 0 comments

17. Rapporti scuola-famiglia. Noemi Virgilio

Quando i nostri figli entrano nel conteso scolastico per la prima volta è inevitabile  che si attivino le nostre parti bambine e il nostro vissuto come studenti. Avere consapevolezza di questo aspetto è il primo passo per essere centrati e per non rischiare di caricare sui nostri figli i nostri vissuti. Tutti noi abbiamo sperimentato sensazioni talvolta piacevoli e talvolta spiacevoli nei confronti della scuola, ansie, paure, aspettative, motivazioni, entusiasmi etc, che ci hanno reso gli studenti che siamo stati. L’apprendimento è ormai dimostrato a livello neuroscientifico che per avvenire dev’essere fortemente connesso alle emozioni, e per far si che i nostri figli apprendano in modo autentico dobbiamo permettergli di percorrere la loro esperienze con le loro emozioni. Perché i nostri figli apprendano davvero devono poter sperimentare la loro motivazione nei confronti delle materie o degli insegnanti. La motivazione interna non può costruirsi di fronte ad un sistema di premi e punizioni che sposta l’attenzione fuori da sé e non permette di comprendere le proprie motivazioni interne. Per questo motivo già con i bambini di prima elementare è importante ascoltare le loro impressioni, le loro opinioni, comprendere ciò che gli piace e perché, e ciò che invece non piace e perché, in questo modo potrete aiutarli a vedere quali sono i loro talenti e le loro attitudini e le loro difficoltà o fragilità. Accompagnateli sempre a tradurre i giudizi in termini chiari e il più possibile concreti, che non si riducano al “bravo” o al “potevi fare i più” ma che diano una descrizione comprensibile di quello che hanno fatto. Per esempio, hai colorato dentro i bordi, hai usato i colori in modo da riempire gli spazi in modo preciso, hai usato i colori in modo troppo leggero e sono rimasti degli spazi bianchi.

Queste descrizioni aiuteranno a capire i punti di forza e quelli in cui migliorare senza rischiare di etichettare con un voto o un giudizio di cui non comprenderebbero il significato.

 


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16. Sostegno agli insegnanti. Noemi Virgilio

3 mesi ago · · 0 comments

16. Sostegno agli insegnanti. Noemi Virgilio

Lavorare come insegnanti richiede competenza, conoscenze, attitudine e una grande dose di consapevolezza di sé. Insegnare non dovrebbe essere visto solo come il mero passaggio di informazioni al fine di creare la cultura di base del ragazzo ma insegnare rappresenta molto di più. Un buon “Maestro” è fonte di ispirazione, sa guidare, accogliere ed essere autorevole, sa educare e sa ascoltare, è consapevole che l’apprendimento è sempre reciproco e sa cogliere gli insegnamenti dei propri alunni. Sa mettersi in gioco facendo un passo indietro quando necessario. Sa di essere l’adulto di riferimento. Per essere tutto questo non basta essere competenti ma bisogna fare un grande lavoro su di sé. L’introduzione della figura dello psicologo a scuola, sebbene abbia l’obbiettivo di essere di supporto sia a studenti che a genitori e insegnanti, purtroppo troppo spesso è una figura che ha a disposizione poche ore, oppure il turnover di figure professionali è troppo frequente per permettere di fare lavori con una durata più ampia. E’ certamente importante che oltre ai ragazzi anche i docenti siano supportati dal punto di vista psicologico, il lavoro di docente infatti può essere fortemente frustrante se non si hanno le risorse necessarie per affrontare i grandi cambiamenti che la società ci impone. Gli alunni sono diversi, i genitori sono diversi, e questo non è necessariamente un male se dispone degli strumenti per adattarsi e comprendere i cambiamenti, allineandosi ad essi quando sono positivi e tenendo invece il proprio ruolo di guida quando questi cambiamenti non sono utili o necessari alla situazione. Essere cosi flessibili tuttavia non è sempre così facile. Per questo motivo mettersi in gioco anche con un proprio percorso personale é utile non solo per affrontare i fisiologici momenti di difficoltà ma anche per acquisire e sperimentare nuove risorse e competenze che possono essere utili nella vita e nella pratica professionale.

 


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15. Il bambino al centro. Paola Pellegrino

3 mesi ago · · 0 comments

15. Il bambino al centro. Paola Pellegrino

Chiaramente il circuito scolastico vede coinvolti tanti attori e molti di essi sono principali nel definire la tipologia e anche qualità del percorso : pensiamo all’importanza dell’approccio degli insegnanti e della stessa famiglia.

Il protagonista principale però affinché tutto possa svolgersi nel migliore dei modi è sicuramente il bambino/ragazzo perché portatore di una sua unicità e bisogni precisi.

Dal punto si vista scolastico è certamente impegnativo su classi anche molto spesso numerose (ahinoi!), garantire un approccio individualizzato per ognuno nonostante questo potrebbe certamente fare la differenza.

Riteniamo che una delle maggiori difficoltà dinanzi alla concretizzazione di ciò sia legata al fatto che molto spesso non vi è reale conoscenza dei bambini/ragazzi con cui ci si relaziona. Si possono avere le idee più o meno chiare sullo studente che quel ragazzo pare essere ma non sulla sua personale identità.

Lavorare più apesso in circle-time, favorire la conoscenza reciproca e l’integrazione in ogni classe e per ogni membro e anche tra professori e insegnanti, potrebbe essere una grande risorsa per innescare una didattica diversa. Dal punto di vista della famiglia invece è fondamentale non perdersi in tutto il contesto e continuare ad osservare e ascoltare il nostro bambino/ragazzo, senza paragoni o troppe aspettative. Chiediamo a loro come stanno e come vivono e da lì proviamo a partire sempre.

In un momento socio culturale come quello odierno diviene fondamentale tornare a puntare sulla relazione e al dialogo per poter oltre all’istruzione, garantire ai ragazzi una guida educativa ed emotiva senza la quale sono persi.

 


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14. Inclusione scolastica. Noemi Virgilio

3 mesi ago · · 0 comments

14. Inclusione scolastica. Noemi Virgilio

Parlare di inclusione significa parlare di diversità. La diversità all’interno dei gruppi classe è sempre più presente, infatti spesso sono gruppi eterogenei per lingua, religione, cultura e capacità. Questa condizione di grande diversità tra gli alunni può diventare un punto di forza se gestita con consapevolezza e sfruttando metodologie differenti per aiutare i bambini a integrarsi e interagire. E’ fondamentale quindi parlare già ai bambini della primaria di diversità perché possano comprendere come rapportarsi ai propri compagni e perché possano imparare e vedere anche le proprie diversità. Spesso nelle consulenze con gli insegnanti di sostegno mi viene posta la questione dell’inclusività evidenziando dei dubbi su come fare a far passare al ragazzo e al resto del gruppo classe il concetto di personalizzazione dei compiti o delle verifiche; la paura è che vedere un diverso modo di fare didattica possa far sentire il ragazzo diverso. La verità è che se si dà il tempo al gruppo classe di conoscersi, proponendo laboratori su inclusione si darà tempo e modo ai bambini/ragazzi di interiorizzare che può essere necessario l‘uso di strategie differenti e personalizzate. Fornire ai compagni strategie di avvicinamento per facilitare chi ha difficoltà li aiuterà a essere partecipi e responsabili di un processo che li rendi attivi e che li aiuta ad arricchire la loro esperienza e quella dell’altro. In un clima simile sarà più facile accettare i programmi differenziati e le personalizzazioni sia per chi li utilizza sia per i propri compagni. La diversità se spiegata adeguatamente diventa fonte di confronto ma anche di consapevolezza su se stessi, e può aiutare tutti a trovare le proprie strategie alternative di fronte alle difficoltà che nel corso degli anni chiunque può incontrare. Se anche gli insegnanti si mettono in gioco con un dialogo aperto e costruttivo ponendosi in ascolto  si getteranno le basi per un rapporto sereno in cui alunni e insegnanti diventeranno una squadra.

 


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13. Influenza della tecnologia sullo studio. Paola pellegrino

3 mesi ago · · 0 comments

13. Influenza della tecnologia sullo studio. Paola pellegrino

Sebbene l’uso della tecnologia sia entrata a far parte della vita quotidiana di tutti in maniera preponderante e possa rappresentare una buona risorsa anche a supporto dell’insegnamento e della didattica anche speciale, bisogna tenere conto degli effetti che un eccessivo o non regolato uso della tecnologia, può provocare.

L’uso dei dispositivi tecnologici infatti se precoce, prolungato e non mediato dagli adulti produce rischi documentati per la salute psicofisica nei bambini soprattutto da 0 a 8 anni (pubblicazione del 2018 sulla rivista “Italian Journal of Pediatrics” ). Possono manifestarsi implicazioni negative in diverse aree tra cui: umore, sonno, vista, apparato muscolo-scheletrico, sviluppo cognitivo e apprendimento.

E’ importante dunque già prima dell’inserimento dei bambini nel circuito scolastico, essere consapevoli e limitare la loro esposizione ai dispositivi digitali per porter sin dall’inizio generare buone abitudini anche a livello familiare e a lungo termine.Con l’ingresso a scuola e per poter facilitare il rendimentoe e tutta l’esperienza scolastica ai bambini, possono inoltre essere utili delle indicazioni più specifiche:

– è opportuno conoscere e farsi orientare dai tempi indicati dalla ricerca scientifica circa l’esposizione

– è importante distanziare le attività digitali dai momenti di riposo o di messa a letto poiché potrebbero interferire e disturbare il sonno

– è opportuno non inserirle prima dei compiti o prima della scuola per non compromettere la loro capacità di concentrazione e attenzione.

Tutte queste variabili influiscono sulla qualità della vita e il benessere generale del bambono ed è chiaro come anche più nello specifico possano influenzare i processi di apprendimento e lo studio.

Non bisogna demonizzare il mondo digitale e i suoi usi,è fondamentale invece da adulti avere consapevolezza circa il nostro ruolo di guida e nell’accompagnargli alla conoscenza e all’uso funzionale di questi strumenti.

 

 


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12. Mamma che sonno! Noemi Virgilio

3 mesi ago · · 0 comments

12. Mamma che sonno! Noemi Virgilio

Quando i bambini entrano nel contesto scolastico il tema del tempo diventa ancora più pressante perché l’orario di ingresso è preciso e ci si trova a lottare con i tempi lenti dei bambini che ancora non comprendono il concetto di orario. Alzarsi presto e prepararsi velocemente può rappresentare una grande fonte di stress per tutta la famiglia. Come fare per facilitare il più possibile questo passaggio? Una delle tecniche utili è impostare una sveglia anche per il bambino in modo che si renda conto che è arrivato il momento di alzarsi anche tramite uno strumento in modo tale da non sentirsi in balia delle decisioni altrui. Noi come adulti dobbiamo comprendere che il lamento del bambino è lecito e che sminuendolo si rischia solo di aumentare la reazione. Comprendere l’emozione non significa però rinunciare alla regola, quindi sebbene le mie parole supportino il tuo malessere le azioni devono fare in modo di mantenere il focus sulle priorità . A volte è utile trovare una routine o permettere una piccola decisione : preferisci fare colazione prima o vestirti?

In queste situazioni è inefficace e controproducente utilizzare strumenti tecnologici o digitali, anche solo la tv è un distrattore troppo potente che non va utilizzato nei momenti in cui i tempi sono stretti e non si avrebbe il tempo di gestire eventuali crisi per i distacco. Per facilitare invece la comprensione del tempo che scorre può essere utile utilizzare una clessidra o dei timer visivi. Se possibile meglio preferire la clessidra che non essendo digitale permette di vedere più chiaramente il tempo che scorre e che può essere utilizzata in tutti i passaggi necessari. Questi strumenti possono essere usati come un gioco, per esempio vediamo se riusciamo a vestirci nel tempo di 2 clessidre, oppure vediamo se riusciamo a finire la colazione nel tempo di tre clessidre. Questi strumenti possono essere utilizzati anche per facilitare il senso dello scorrere del tempo quando i bambini più grandi cominciano a fare i compiti in autonomia.


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11. Accompagnare senza invadere. Paola Pellegrino

3 mesi ago · · 0 comments

11. Accompagnare senza invadere. Paola Pellegrino

Quando i nostri figli entrano nel conteso scolastico per la prima volta è inevitabile  che si attivino le nostre parti bambine e il nostro vissuto come studenti. Avere consapevolezza di questo aspetto è il primo passo per essere centrati e per non rischiare di caricare sui nostri figli i nostri vissuti. Tutti noi abbiamo sperimentato sensazioni talvolta piacevoli e talvolta spiacevoli nei confronti della scuola, ansie, paure, aspettative, motivazioni, entusiasmi etc, che ci hanno reso gli studenti che siamo stati. L’apprendimento è ormai dimostrato a livello neuroscientifico che per avvenire dev’essere fortemente connesso alle emozioni, e per far si che i nostri figli apprendano in modo autentico dobbiamo permettergli di percorrere la loro esperienze con le loro emozioni. Perché i nostri figli apprendano davvero devono poter sperimentare la loro motivazione nei confronti delle materie o degli insegnanti. La motivazione interna non può costruirsi di fronte ad un sistema di premi e punizioni che sposta l’attenzione fuori da sé e non permette di comprendere le proprie motivazioni interne. Per questo motivo già con i bambini di prima elementare è importante ascoltare le loro impressioni, le loro opinioni, comprendere ciò che gli piace e perché, e ciò che invece non piace e perché, in questo modo potrete aiutarli a vedere quali sono i loro talenti e le loro attitudini e le loro difficoltà o fragilità. Accompagnateli sempre a tradurre i giudizi in termini chiari e il più possibile concreti, che non si riducano al “bravo” o al “potevi fare i più” ma che diano una descrizione comprensibile di quello che hanno fatto. Per esempio, hai colorato dentro i bordi, hai usato i colori in modo da riempire gli spazi in modo preciso, hai usato i colori in modo troppo leggero e sono rimasti degli spazi bianchi.

Queste descrizioni aiuteranno a capire i punti di forza e quelli in cui migliorare senza rischiare di etichettare con un voto o un giudizio di cui non comprenderebbero il significato.

 


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