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5 anni ago · · 0 comments

Lo Psicologo e l’invio. Francesca Di Donato

Lo Psicologo rappresenta il primo livello di accesso alle cure, in presenza di qualsiasi problema di natura cognitiva, comportamentale, emotiva e relazionale.

Ciò significa che uno Psicologo accoglie sempre un paziente -in virtù delle proprie competenze e ambiti di intervento- e lo conduce fin dove è in grado di accompagnarlo senza vincoli di tempo o di strumenti.

Fino a quando quest’ultimo si sente soddisfatto dell’aiuto ricevuto e lo Psicologo ritiene, a sua volta, che il paziente stia migliorando in direzione di una maggiore autonomia, libertà, abilità e consapevolezza non vi è ragione alcuna per cui si debba interrompere il rapporto terapeutico e inviare a uno Psicologo-psicoterapeuta o Medico-psicoterapeuta.

La possibilità di invio può, in generale, coinvolgere -oltre a ulteriori figure sanitarie- altro Psicologo, anche se non psicoterapeuta, che si ritenga competente per quell’eventuale ambito.

Solo nel caso in cui si consideri necessaria una conoscenza specialistica di un metodo di cura psicologico è opportuno inviare a uno Psicologo-psicoterapeuta o Medico-psicoterapeuta.

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Francesca Di Donato – Psicologa
Psicologia clinica, dinamica e della salute – percorsi individuali, di coppia e in gruppo: in presenza e online
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Libri per Psicologi – #a tu per tu . Francesca Di Donato

5 anni ago · · 0 comments

Libri per Psicologi – #a tu per tu . Francesca Di Donato

Quello che leggo e i libri che scelgo sono e saranno parte del mio bagaglio culturale e professionale.

Prima di partire, ti faresti mai preparare il tuo bagaglio da viaggio da qualcun altro, magari anche sconosciuto? Io no.
Ecco, l’esperienza della libera professione è come un viaggio per terre inesplorate, di cui non conoscerai la meta, fintanto non ti metterai in cammino, un passo dopo l’altro: puoi scegliere un itinerario, ma solo vivendo l’esperienza, capirai davvero quali strade percorrerai e in quali luoghi ti fermerai.

Uno degli aspetti più sottovalutati -o ignorati perfino- è quanto sia importante costruire la propria identità professionale a partire da ogni pagina letta e da ogni libro scelto -intendo scelto da te- che farà da contenuto e sostegno al tuo viaggio.

E’ vero che si può chiedere consiglio ad altri su cosa portarsi in viaggio, ma qui è della tua professione che stiamo parlando, una professione nel quale farai tu stesso da guida per qualcun altro: impara a metterti in gioco, ad assumerti qualche piccolo rischio, ad ascoltarti, a fidarti di te…
quello che va bene per me, può non andar bene per te.
…prenditi del tempo, va in libreria, seleziona dei libri, annusa le pagine, sfogliali, leggine alcuni contenuti e quando ne trovi uno che senti adatto a te e che soddisfa i tuoi bisogni, acquistalo.

E’ così che un libro smette di essere solo un libro con dei contenuti da imparare, diventando invece, un vero compagno di viaggio.

Prova e fammi sapere!

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i Master in Italia. Francesca Di Donato

Secondo la normativa nazionale si definiscono Master i corsi post laurea organizzati da un’istituzione universitaria anche in collaborazione con enti esterni pubblici o privati.

Rispondono a specifici requisiti indicati dal MIUR 

Rilasciano i seguenti titoli accademici:
– Master di I livello in…
– Master di II livello in…
A seconda se il requisito minimo di accesso sia la laurea triennale (nel caso di I livello) o la magistrale (II livello).

Hanno durata almeno annuale e permettono il conseguimento di 60CFU (Crediti Formativi Universitari) pari a 1500 ore di impegno complessivo.

Per convenzione anche le realtà non universitarie hanno preso l’iniziativa di chiamare i propri corsi “Master” ma non sono tenute a seguire alcun regolamento statale.

Esistono Master non universitari riconosciuti dal MIUR? NO.

Come scritto più sopra il Master -per essere tale- deve essere attivato e organizzato da un ente universitario. 
Può collaborare con un’istituzione non universitaria, ma la gestione rimane in mano alla prima.

http://attiministeriali.miur.it/media/160201/all.a_regolamento_corsi_master.pdf?fbclid=IwAR08BKOY41bla8oTpGFXVL5QotANCFd4cPZPCmAWTB9JpUc5W7qCZo287mM

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scritto da Giusy Vilardo

leggi anche: https://scuoladipsicologia.com/2020/07/05/chiarimenti-nella-formazione-in-psicologia/

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Formazione in Psicologia: specialista vs. specializzato. Francesca Di Donato

“Specialistica” e “Specializzazione” non sono la stessa cosa:
– con “Specialistica” si intende la laurea conseguita con la formazione di due anni, successivamente alla triennale, legalmente non si chiama più in questo modo dal 2004: con il D.M. 270/04 il nome è diventato Laurea Magistrale.
– con “Specializzazione” si intende un percorso di studi post laurea magistrale della durata minima di 4 anni che, per gli psicologi, abilita all’esercizio dell’attività psicoterapeutica così come indicato dall’articolo 3 della Legge 56/89

In  Italia esistono due tipi di scuole di specializzazione:
– universitarie: accessibili SOLO agli iscritti all’Ordine degli psicologi.
Rilasciano il titolo di Specialista in Psicologia + “nome del corso”  (D.M. 24 luglio 2006 e D.M. 50/2019 in vigore entro ottobre 2020).
Sono abilitanti  all’esercizio  della psicoterapia, purché almeno  60 CFU  siano  dedicati  ad  attività professionalizzanti psicoterapeutiche espletate sotto la supervisione di qualificati psicoterapeuti
– non universitarie: accessibili agli iscritti all’ordine degli psicologi e/o dei medici.
Rilasciano il titolo di Specialista in psicoterapia +  “orientamento della scuola” (D.M. 11 dicembre 1998 n. 509).
Sono abilitanti all’esercizio dell’attività psicoterapeutica secondo l’articolo 3 della Legge 56/89

N.B. quanto a “Specialista” e “specializzato” neanche questi sono necessariamente la stessa cosa.
Il sostantivo “specializzato” ha due significati:
1) si riferisce a chi ha è dotato di particolare competenza e abilità in un determinato settore professionale o attività
2) circoscrive chi ha conseguito una specializzazione “psicologo specializzato” (vedasi la Treccani alla voce “specializzato”)
Il termine “Specialista” è un titolo accademico che si ottiene dopo aver terminato una scuola di specializzazione.

Rimanendo nell’ambito della formazione universitaria esistono anche i Master di I e II livello e
Quanto ai Dottorati, invece, l’ammissione avviene tramite concorso e ha la laurea magistrale come requisito essenziale; la durata è di almeno tre anni.
Rilasciano il titolo accademico di “Dottore di ricerca” corrispondente a “Philosophiae Doctor” (PhD) previsto nei Paesi anglossassoni.

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Giusy Vilardo
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leggi anche: https://scuoladipsicologia.com/2020/07/05/i-master-in-italia/

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emdr e Psicologi. Francesca Di Donato

L’emdr può essere praticata da uno psicologo che ha una formazione diversa da quella in psicoterapia? e un Dottore in tecniche psicologiche? 
Si, ovviamente. 
Purché sappia usarla.

Quella di limitare l’apprendimento della tecnica se non si è almeno iscritti al terzo anno di specializzazione è la scelta di un ente privato.

Essere iscritti al terzo anno, non rende psicoterapeuti, né è prova che lo si sarà mai, alla luce dell’esistenza di professionisti che la scuola di specializzazione non l’hanno mai terminata.

La scelta di un ente PRIVATO non vale come legge.

EMDR non può essere definita come tecnica psicoterapeutica perché: 
⁃ non esistono tecniche psicoterapeutiche, né per legge né per codice deontologico, ma sono tutte tecniche psicologiche e semmai vengono usate anche da specialisti in psicoterapia 
⁃ emdr Italia non ha autorizzazioni ministeriali per abilitare alla psicoterapia: se l’emdr fosse davvero psicoterapia, emdr Italia non potrebbe insegnarla oppure dovrebbe esistere una specializzazione in emdr. Esiste? No.

Lo Psicologo-psicoterapeuta e il medico-psicoterapeuta applicano le medesime tecniche psicologiche che uno psicologo può usare per fare prevenzione, sostegno, abilitazione-riabilitazione: in ogni caso parliamo di cura e terapia, sia per lo Psicologo specializzato in psicoterapia, sia per quello che lavora in ambito clinico con altra formazione post universitaria (quella in psicoterapia non è l’unica)

“Psicoterapeuta” è una qualifica e non una professione. 
La professione sanitaria è e resta quella di Psicologo e come tale lo Psicologo cura e fa terapia con qualunque strumento e/o tecnica per cui abbia maturato adeguata formazione, così come richiesto dal codice deontologico all’art.5

La psicologia clinica non è solo psicoterapia.

In Italia i metodi di cura non sono brevettabili.
In merito a questo riporto il testo dell’ Avv. Luca Lentini per OPL:
Come stabilito dalla Costituzione, l’insegnamento delle ricerche scientifiche e delle procedure terapeutiche che ne scaturiscono è libero e, per questo, non può essere legato a copyright, diritti d’autore o brevetti.
“Ai sensi dell’art.45, commi 1 e 2 del D.Lgs. 10-2-2005, n.30, nel nostro ordinamento le scoperte, le teorie scientifiche, i piani, i principi ed i metodi per attività intellettuali, le presentazioni di informazioni, non sono brevettabili in quanto non considerate “…invenzioni… nuove e che implicano un’attività inventiva e sono atte ad avere un’applicazione industriale” (si riporta in calce il testo integrale della norma, che nella sua prima formulazione risale al Regio Decreto n.1127 del 1939).
Ai sensi del comma 4, lettera a) del citato art. 45, non sono brevettabili neppure “…i metodi per il trattamento… terapeutico del corpo umano o animale e i metodi di diagnosi applicati al corpo umano o animale”.  Il riferimento ai “metodi per il trattamento terapeutico”, deve intendersi ai metodi per la cura di qualsiasi patologia della persona.
Questi divieti, uniti al principio di libertà di insegnamento e di ricerca sancito dall’art.33 della Costituzione, escludono che una teoria scientifica o una metodologia nel campo della psicologia o della psicoterapia possano essere insegnate e/o approfondite da un unico soggetto che ne rivendichi l’esclusiva, quand’anche esso si identifichi nel loro ideatore. Quest’ultimo può rivendicare il diritto d’autore, copyright per gli anglosassoni, sulle opere eventualmente prodotte, ma non può inibire ad altri la ricerca scientifica nel campo prescelto o l’insegnamento delle tematiche trattate.
Diverso è il discorso relativo al rilascio di attestazioni, comprovanti la partecipazione ad attività di formazione rese da un soggetto che possa legittimamente rivendicare la paternità della formazione stessa ai sensi della normativa del luogo in cui avviene l’attività di istruzione. I soggetti legittimati dai singoli ordinamenti giuridici ad erogare prestazioni formative possono di regola intitolare i relativi attestati indicando la propria denominazione oltre alla materia trattata. Il che non esclude che la stessa attività formativa possa essere erogata da altri soggetti, purché parimenti legittimati dalle norme vigenti, ai quali certamente non è preclusa l’indicazione della materia oggetto di insegnamento.”

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Cura e trattamento in Psicologia. Francesca Di Donato

La parola TRATTAMENTO, come indicato dalla Treccani, è sinonimo di INTERVENTO ogni volta che IN AMBITO SANITARIO facciamo riferimento a interventi specifici volti alla CURA/TERAPIA.

lo Psicologo può dunque parlare di TRATTAMENTO?
Sì.

– Nello stesso codice deontologico lo ritroviamo citato in numerosi articoli.

– Nel rapporto risalente al 2011, la parola TRATTAMENTO fa persino diretto richiamo alla PREVENZIONE SECONDARIA riferendosi alle misure necessarie ad arrestare un disturbo al suo inizio, in modo da prevenire le future complicazioni, i postumi della malattia, a limitare l’infermità mentale e a prevenire la morte.

– In letteratura clinico-sanitaria i concetti di” sostegno”, “prevenzione”, “trattamento” e “riabilitazione” vengono usati spesso come sinonimi.

Trattamento/intervento sono il mezzo.
Cura/terapia sono il fine

https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_1705_allegato.pdf

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Cura e terapia in Psicologia. Francesca Di Donato

Precisiamo: cura e terapia sono sinonimi. assodato questo, sì, lo Psicologo può affermare di curare, come può affermare di fare terapia.

Terapia che NON equivale a dire psicoterapia, in quanto la psicoterapia è una delle forme di terapia possibili. Che lo Psicologo possa parlare di terapia o cura si evince dalle seguenti normative:

Ministero della Salute: “Sono professioni sanitarie quelle che lo Stato italiano riconosce e che, in forza di un titolo abilitante, svolgono attività di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione. Alcune professioni sanitarie sono costituite in Ordini e Collegi, con sede in ciascuna delle province del territorio nazionale:
Psicologo L. 18.02.1989, n. 56 (G.U. 24.02.1989, n.46)

circolare Agenzia Entrate: dispone che le prestazioni di carattere sanitario, così come definite dal Ministero della Salute del 17/05/02, sono esenti ai fini IVA ai sensi dell’art. 10 del D.P.R. 633/72 “le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona nell’esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza [..]”

Altri riferimenti:

Codice deontologico: Articolo 27
Lo psicologo valuta ed eventualmente propone l’interruzione del rapporto terapeutico quando constata che il paziente non trae alcun beneficio dalla cura e non ragionevolmente prevedibile che ne trarrà dal proseguimento della cura stessa. Se richiesto, fornisce al paziente le informazioni necessarie a ricercare altri e più adatti interventi.

nomenclatore/tariffario CNOP:  sez. ABILITAZIONE E RIABILITAZIONE PSICOLOGICA
. […] Definizione e stesura di un programma di riabilitazione del comportamento psico-sociale, di terapia ricreazionale, terapia del gioco, terapia vocazionale e occupazionale
. Tecniche espressive di gruppo con finalità terapeutico-riabilitative
. Tecniche espressive individuali con finalità terapeutico-riabilitative

– Presidente Ordine Sicilia e Presidente CNOP, Giardina: Lo Psicologo “ è un professionista che, in  maniera autonoma e per quanto di propria competenza, svolgendo le attività indicate nell’art. 1 della  Legge 56/89 esercita azione terapeutica.

Puoi leggere anche: 

https://scuoladipsicologia.com/2020/08/22/1171/

Costituzione italiana, codice penale e principio di legalità. Francesca Di Donato

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Autostima. Francesca Di Donato

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Autostima. Francesca Di Donato

Noto spesso quanto questa parola venga utilizzata in modo poco consono a ciò che, di fatto, rappresenta. 
Pensate a quante volte avete ascoltato qualcuno o addirittura a quando voi stessi avete affermato
“Tizio non ha autostima” 
“Caio ha troppa autostima”
“Sempronio ha autostima!” 

La parola “autostima” non sta a indicare di per sé una qualità positiva, così come fare affermazioni del tipo “ha -poca o troppa- autostima” non significa alcunché. 

Scomponiamo la parola: AUTO-STIMA, fare una stima di se stessi —> indica un PROCESSO di valutazione. 

Una stima che quanto più è realistica, tanto più muove su un piano di efficacia personale. 

Non conta che sia alta o bassa, troppa o poca. 
Conta che sia REALISTICA,
senza SOTTO-VALUTARSI o SOPRA-VALUTARSI.

L’AUTOSTIMA non è qualcosa che si “HA”, ma qualcosa che si “FA”. 

 

Se ora potessi immaginare una linea retta che va *dal sotto-valutarsi al sopra-valutarsi*, lungo questo continuum, dove ti collocheresti? 
E dove, invece, vorresti trovarti? 
Se pensi possa aiutarti e ti va di farlo, disegnalo a mo’ di grafico.
Indicando con A dove ti collochi ora e con B dove vorresti essere collocato.   
A __________________________________B

E una volta indicati i due punti, se lo trovi opportuno, rispondi a queste domande: 
– Da cosa ti accorgeresti di essere passato da A a B
– Quali cose, pensieri, azioni, emozioni, atteggiamenti, disposizioni interiori e sensazioni dovresti sperimentare per sentirti sul punto B?

Buona stima di te.
Francesca

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