fbpx

Fissa un appuntamento

L'Aquila colloqui in presenza e on line tramite Skype. Possibilità di colloqui a seduta singola.

Chiamami:
+39 328 28 38 399

Scrivimi una email:
didonato.francesca@live.it

4 anni ago · · 0 comments

Parerga e paralipomena – parabola di Schopenhauer

Alcuni porcospini, in una fredda giornata d’inverno, si strinsero vicini, vicini, per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono le spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l’uno dall’altro. Quando poi il bisogno di riscaldarsi li portò nuovamente a stare insieme, si ripeté quell’altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro fra due mali, finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione.

Così il bisogno di società, che scaturisce dal vuoto e dalla monotonia della propria interiorità, spinge gli uomini l’uno verso l’altro; le loro molteplici repellenti qualità e i loro difetti insopportabili, però, li respingono di nuovo l’uno lontano dall’altro. La distanza media, che essi riescono finalmente a trovare e grazie alla quale è possibile una coesistenza, si trova nella cortesia e nelle buone maniere.

A colui che non mantiene quella distanza, si dice in Inghilterra: keep your distance! − il mutuo bisogno di calore viene, così, soddisfatto solo in parte, ma le persone almeno non si feriscono − Colui, però, che possiede molto calore interno preferisce rinunciare alla società, per non dare né ricevere sensazioni sgradevoli.

Parerga e paralipomena di Schopenhauer

__________________________________
Francesca Di Donato – Psicologa
Psicologia clinica, dinamica e della salute – percorsi individuali, di coppia e in gruppo: in presenza e online
Formatore e Supervisore: in presenza e online

4 anni ago · · 0 comments

La finestra sul mondo

Due uomini, entrambi molto malati, occupavano la stessa stanza d’ospedale.
A uno dei due uomini era permesso mettersi seduto per un’ora ogni pomeriggio in modo da permettere il drenaggio dei fluidi dal suo corpo e il suo letto era vicino all’unica finestra della stanza.
L’altro uomo invece doveva restare sempre sdraiato.
Col passare dei giorni i due uomini fecero conoscenza e cominciarono a parlare per ore. Parlarono delle loro mogli, delle loro famiglie, delle loro case, del loro lavoro, del loro servizio militare e dei viaggi che avevano fatto.
Ogni pomeriggio l’uomo che stava nel letto vicino alla finestra poteva sedersi e passava il tempo raccontando al suo compagno di stanza tutte le cose che poteva vedere e l’altro, paziente, cominciò a vivere per quelle ore in cui la sua sofferenza veniva lenita dai colori del mondo esterno.
La finestra dava su un parco con un delizioso laghetto dove le anatre e i cigni giocavano nell’acqua, mentre i bambini facevano navigare le loro barche giocattolo. Giovani innamorati camminavano abbracciati tra fiori di ogni colore e c’era una bella vista della città in lontananza. Mentre l’uomo vicino alla finestra descriveva tutto ciò nei minimi dettagli, l’uomo dall’altra
parte della stanza chiudeva gli occhi e immaginava la scena.
In un caldo pomeriggio l’uomo della finestra descrisse una parata che stava passando. Sebbene l’altro uomo non potesse vedere la banda, poteva sentirla e vederla con gli occhi della sua mente, così come l’uomo dalla finestra gliela descriveva.
Passavano i giorni e le settimane.
Un mattino l’infermiera del turno di giorno portò loro l’acqua per il bagno e trovò il corpo senza vita dell’uomo vicino alla finestra, morto pacificamente nel sonno.
L’infermiera diventò molto triste e chiamò gli inservienti per portare via il corpo.
Non appena gli sembrò appropriato, l’altro uomo chiese se poteva spostarsi nel letto vicino alla finestra. L’infermiera fu felice di fare il cambio, e dopo essersi assicurata che stesse bene, lo lasciò solo.
Lentamente, dolorosamente, l’uomo si sollevò su un gomito per vedere per la prima volta il mondo esterno, voltandosi lentamente per guardare fuori.
Essa si affacciava su un muro bianco.
L’uomo, allora, chiese all’infermiera che cosa poteva avere spinto il suo amico morto a descrivere delle cose così meravigliose al di fuori da quella finestra. L’infermiera rispose che l’uomo era cieco e non poteva nemmeno vedere il muro.

La finestra sul mondo

____________________________
Francesca Di Donato – Psicologa
Psicologia clinica, dinamica e della salute – percorsi individuali, di coppia e in gruppo: in presenza e online
Formatore e Supervisore: in presenza e online

4 anni ago · · 0 comments

Dalle crepe nascono fiori

Un’anziana donna cinese aveva due grandi vasi, ciascuno sospeso all’estremità di un palo che lei portava sulle spalle.
Uno dei vasi aveva una crepa.
Mentre l’altro era perfetto, ed era sempre pieno d’acqua. Alla fine della lunga camminata dal ruscello a casa, quello crepato arrivava sempre mezzo vuoto. Per due anni interi andava avanti così, con la donna che portava a casa solo un vaso e mezzo d’acqua.
Naturalmente, il vaso perfetto era orgoglioso dei propri risultati, ma il povero vaso crepato si vergognava del proprio difetto, ed era avvilito di saper fare solo la metà di ciò per cui era stato fatto.
Un giorno il vaso crepato parlò alla donna lungo il cammino: “Mi vergogno di me stesso, perché questa crepa nel mio fianco fa sì che l’acqua fuoriesca lungo tutta la strada verso la vostra casa.
La vecchia sorrise: “Ti sei accorto che ci sono dei fiori dalla tua parte del sentiero, ma non dalla parte dell’altro vaso?
Ho sempre saputo del tuo difetto, così ho piantato dei semi dal tuo lato ed ogni giorno, mentre tornavamo, tu li innaffiavi.
Per due anni ho potuto raccogliere quei bei fiori per decorare la tavola.
Se tu non fossi stato come sei, non avrei avuto quelle bellezze per ingentilire la casa.
Ognuno di noi ha il suo difetto particolare ma sono solo le crepe e i difetti che fan si che le nostre vite siano così interessanti e gratificanti.

Dalle crepe nascono fiori

___________________________
Francesca Di Donato – Psicologa
Psicologia clinica, dinamica e della salute – percorsi individuali, di coppia e in gruppo: in presenza e online
Formatore e Supervisore: in presenza e online

4 anni ago · · 0 comments

La disciplina della verità

Un distinto insegnante di Zen, interrogato su come egli avesse praticato la disciplina della verità, semplicemente disse: “Quando ho fame, mangio; quando sono stanco, dormo”.
L’interrogante replicò che questo era ciò che ognuno faceva e chiese se questo potesse essere considerato il praticare la disciplina, come faceva lui.
L’insegnante rispose: “No; perché quando gli altri mangiano, loro non mangiano, ma stanno pensando alle varie altre cose che poi li disturberanno; quando dormono, essi non dormono, ma sognano le mille cose. Ecco perché loro non sono come me”.

La disciplina della verità

__________________________________
Francesca Di Donato – Psicologa
Psicologia clinica, dinamica e della salute – percorsi individuali, di coppia e in gruppo: in presenza e online
Formatore e Supervisore: in presenza e online

4 anni ago · · 0 comments

Il pesciolino

Un pesciolino cercava l’oceano e chiedeva informazioni a chiunque incontrasse.
“Scusate” diceva. “Sto cercando l’oceano, sapete dirmi dove posso trovarlo?”
Ma pareva che nessuno lo sapesse.
Finalmente un giorno incontrò un pesce più anziano e saggio che gli rispose: “Certo che lo so dov’è l’oceano”. “Dove, dove?” Chiese ansiosamente il pesciolino. “ Ma non vedi? L’oceano è qui, intorno a te. Ci stai nuotando dentro.” Ma la risposta non convinse il pesciolino: ”Questo non è l’oceano. È solo acqua” Disse fra sé, e nuotò in un’altra direzione alla ricerca di una diversa, più soddisfacente risposta.

Il pesciolino

__________________________________
Francesca Di Donato – Psicologa
Psicologia clinica, dinamica e della salute – percorsi individuali, di coppia e in gruppo: in presenza e online
Formatore e Supervisore: in presenza e online

4 anni ago · · 0 comments

La ragazza

Una volta Tanzan ed Ekido camminavano insieme per una strada fangosa. Pioveva a dirotto.
Dopo una curva incontrarono una bella ragazza, in chimono e sciarpa di seta, che non poteva attraversare la strada. “Vieni ragazza” disse subito Tanzan.
Poi la prese in braccio e la portò oltre le pozzanghere. Eikido non disse nulla finché quella sera non ebbero raggiunto un tempio dove passare la notte.
Allora non poté più trattenersi: “Noi monaci non avviciniamo le donne” disse a Tanzan “e meno che meno quelle giovani e carine. È pericoloso. Perché lo hai fatto?” “Io quella ragazza l’ ho lasciata laggiù” disse Tanzan. “Tu la stai ancora portando con te?”

La ragazza

___________________________
Francesca Di Donato – Psicologa
Psicologia clinica, dinamica e della salute – percorsi individuali, di coppia e in gruppo: in presenza e online
Formatore e Supervisore: in presenza e online

4 anni ago · · 0 comments

L’illuminazione è dentro di te

Daiju fece visita al maestro Baso in Cina.
Baso domandò: “Che cosa cerchi?”.
– “L’illuminazione” rispose Daiju.
– “Tu hai la tua stanza del tesoro. Perché vai in giro a cercare?” domandò Baso.
Daiju domandò: “Dov’è la mia stanza del tesoro?”.
Baso rispose: “Quello che stai domandando è la tua stanza del tesoro”.
Daiju fu illuminato! Da quel momento, esortava sempre i suoi amici: “Aprite la vostra stanza del tesoro ed utilizzate quei tesori”.

L’illuminazione è dentro di te

__________________________________
Francesca Di Donato – Psicologa
Psicologia clinica, dinamica e della salute – percorsi individuali, di coppia e in gruppo: in presenza e online
Formatore e Supervisore: in presenza e online

4 anni ago · · 0 comments

Una tazza di cioccolato caldo

Un gruppo di laureati, affermati nelle loro carriere, discutevano sulle loro vite durante una riunione. Decisero di fare visita al loro vecchio professore universitario, ora in pensione, che era sempre stato un punto di riferimento per loro.

Durante la visita si lamentarono dello stress che dominava la loro vita, il loro lavoro e le relazioni sociali.

Volendo offrire ai suoi ospiti un cioccolato caldo, il professore andò in cucina e ritornò con una grande brocca e un assortimento di tazze.
Alcune di porcellana, altre di vetro, di cristallo, alcune semplici, altre costose, altre di squisita fattura.
Il professore li invitò a servirsi da soli il cioccolato.

Quando tutti ebbero in mano la tazza con il cioccolato caldo il professore espose le sue considerazioni.
“Noto che son state prese tutte le tazze più belle e costose, mentre son state lasciate sul tavolino quelle di poco valore. La causa dei vostri problemi e dello stress è che per voi è normale volere sempre il meglio. La tazza da cui state bevendo non aggiunge nulla alla qualità del cioccolato caldo. In alcuni casi la tazza è molto bella mentre alcune altre nascondono anche quello che bevete. Quello che ognuno di voi voleva in realtà era il cioccolato caldo. Voi non volevate la tazza. Ma voi consapevolmente avete scelto le tazze migliori. E subito, avete cominciato a guardare le tazze degli altri.
Ora amici vi prego di ascoltarmi.
La vita è il cioccolato caldo. il vostro lavoro, il denaro, la posizione nella società sono le tazze. Le tazze sono solo contenitori per accogliere e contenere la vita. La tazza che avete non determina la vita, non cambia la qualità della vita che state vivendo. Qualche volta, concentrandovi solo sulla tazza, voi non riuscite ad apprezzare il cioccolato caldo.
Ricordatevi sempre questo: la persona più felice non ha il meglio di ogni cosa, ma apprezza il meglio di ogni cosa che ha!

Una tazza di cioccolato caldo

__________________________________
Francesca Di Donato – Psicologa
Psicologia clinica, dinamica e della salute – percorsi individuali, di coppia e in gruppo: in presenza e online
Formatore e Supervisore: in presenza e online

4 anni ago · · 0 comments

Camminare con le proprie gambe

lI re cadde da cavallo, fratturandosi le gambe così gravemente da perderne l’uso. Imparò dunque a muoversi con le stampelle, ma sopportava male la propria invalidità.

Vedersi attorno le persone valide della corte gli divenne presto insopportabile tutto ciò e gli guastò l’umore.
Rifiutò di mostrarsi menomato. “Poiché non posso essere simile agli altri -pensò un mattino d’estate- ciascuno sarà simile a me.”
Fece dunque notificare nelle sue città e nei suoi paesi l’ordine definitivo dell’uso delle stampelle per tutti, pena la morte immediata.
Dall’oggi al domani, l’intero regno fu popolato di persone rese invalide.

All’inizio, alcuni provocatori si fecero vedere in giro senza alcun sostegno.
Fu certo difficile acciuffarli di corsa, ma tutti prima o poi vennero arrestati, condannati e giustiziati per servire da esempio.
Nessuno osò ripetere la provocazione.
Per proteggere la prole, le madri insegnarono subito ai loro bambini a camminare con le stampelle.
Bisognava abituarsi, ci si abituò.

Il re visse fino a tarda età. Nacquero parecchie generazioni senza che si vedesse mai nessuno circolare liberamente sulle sue gambe.
Gli anziani scomparvero senza dire nulla delle loro lontane passeggiate, senza osare infondere nella mente dei figli e dei nipoti il pericoloso desiderio di deambulare senza sostegni.

Alla morte del re, alcuni vecchi tentarono di liberarsi delle stampelle, ma era troppo tardi, i loro corpi malandati ne avevano ormai bisogno.
I superstiti, di solito, non riuscivano più a stare dritti. Rimanevano prostrati su qualche sedia o distesi su un letto.
Questi tentativi isolati vennero considerati come innocui deliri di vecchi rimbambiti.
Inutilmente raccontarono che un tempo si camminava liberamente, senza stampelle: vennero guardati dall’alto verso il basso, con l’indulgenza ilare concessa ai rimbecilliti. “Ma sì, nonno, andiamo, era senza dubbio ai tempi in cui il becco dei polli aveva i denti!” E con un sorriso in tralice, uno scambio di occhiate, scrollavano il capo ascoltando la vecchia voce, prima di andare a ridere di nascosto.

Lontano, lassù sulla montagna viveva un vigoroso vecchio solitario che, appena morto il re, gettò le stampelle nel fuoco senza esitare. In realtà erano anni che non usava le stampelle in casa o in luoghi isolati. Le usava nel villaggio per evitare le noie ma, non avendo né sposa né figli, non si era privato del piacere della sua bella camminata. Non esponeva altri che se stesso e per di più in tutta segretezza!
Il mattino dopo, si recò spavaldamente in piazza e, rivolto ai suoi compaesani sbalorditi, disse: “Ascoltatemi, dobbiamo ritrovare la nostra libertà di movimento! La vita può riprendere il suo corso naturale poiché il re invalido è ormai morto. Chiediamo che venga abrogata la legge che costringeva gli esseri umani a camminare con le stampelle!”

Tutti lo guardavano, i più giovani furono immediatamente tentati.

La piazza brulicò ben presto di bambini, di adolescenti e di altri sportivi che tentavano di muoversi senza stampelle.

Ci furono risate, cadute, scorticature, lividi, ma anche arti rotti poiché i muscoli delle gambe e della schiena non avevano mai imparato a sorreggere il corpo.

Il capo della polizia intervenne: “Smettetela, smettetela! È troppo pericoloso. Tu, vecchio, va a esibirti nelle fiere, è chiaro che gli uomini non sono fatti per camminare senza stampelle! Guarda quante piaghe, quanti bernoccoli e quante fratture ha provocato la tua follia! Lasciaci vivere normalmente. Sparisci e, se vuoi vivere tranquillo, non tentare più di traviare questa bella gioventù!”

Il vecchio alzò le spalle e se ne tornò a casa a piedi. Scesa la notte, udì grattare piano alla sua porta.

Era un rumore così leggero che lo attribuì a un ramo agitato dal vento. Non aprì. Allora qualcuno bussò distintamente alla porta. “Chi siete? Che cosa volete?” chiese. “Apri nonno, per favore” bisbigliò una voce.” Il vecchio aprì.

Dieci paia di occhi brillanti lo guardavano con ardore. Un ragazzino, fattosi avanti, mormorò: “Vogliamo imparare a camminare come te.
Accetteresti di prenderci come discepoli?”
– “Discepoli?”
– “Maestro è questo il nostro desiderio.”
– “Bambini, non sono un maestro, sono solo un uomo in gamba, nel senso più semplice della parola.”
– “Maestro, per favore, supplicarono all’unisono.”
Il vecchio ebbe voglia di ridere, ma, contemplandoli un attimo, si commosse.
Capì che la faccenda era seria, persino capitale, che quei bambini erano coraggiosi, ardenti, pieni di vita.

L’avvenire era nelle loro mani.

Spalancò la porta per accoglierli. Per mesi, senza dire niente a nessuno, i ragazzini si recarono dal vecchio da soli o in due alla volta per non dare nell’occhio.

Quando furono abbastanza abili, andarono a piedi, insieme al villaggio. Guardate, dissero, osservateci, è facile e divertente! Fate dunque come noi! Un’ondata di panico invase i cuori timorosi.

Gli abitanti del villaggio aggrottarono le sopracciglia, li additarono, si spaventarono molto.

Intervenne la polizia a cavallo per far cessare lo scandalo.

Il vecchio fu arrestato, portato in tribunale, condannato secondo l’editto reale e giustiziato per aver pervertito dieci innocenti.

I suoi discepoli, disgustati dal trattamento inflitto al loro maestro, dichiararono a gran voce sulle piazze che camminavano e ne erano soddisfatti, mostrando a chi volesse vederli quanto fosse comodo avere le mani libere e le mani leste.

Le loro dimostrazioni vennero giudicate fallaci.
Furono arrestati e gettati in prigione.
Si ritenne tuttavia che fossero stati trascinati nell’errore e si concessero loro le circostanze attenuanti, quindi furono condannati solo a pene leggere.
Alcuni ostinati non vollero rinunciare a sostenere che bisognasse camminare senza stampelle.

La comunità inquieta, sconvolta nelle proprie abitudini dal loro strano comportamento, li allontanò per prudenza dal villaggio, invitandoli a esibirsi nelle fiere.

Per coloro che erano rimasti e che insistevano davvero in modo eccessivo, si dovette talvolta applicare con rigore la legge; in generale, tuttavia, vennero piuttosto commiserati e trattati come gli scemi del villaggio, tenuti a distanza dai bambini o dalle buone famiglie.

Ancora oggi, durante le veglie serali, si bisbiglia con parole velate che esistono malgrado tutto, qua e là nel mondo, gruppetti che non sembrano dei mentecatti e che sostengono di camminare da soli, senza stampelle. Impossibile da verificare.

Si insegna ai bambini che son solo favole.

Camminare con le proprie gambe

__________________________________
Francesca Di Donato – Psicologa
Psicologia clinica, dinamica e della salute – percorsi individuali, di coppia e in gruppo: in presenza e online
Formatore e Supervisore: in presenza e online

4 anni ago · · 0 comments

Come una matita

Il bambino guardava la nonna che stava scrivendo la lettera. A un certo punto, le domandò: “Stai scrivendo una storia che è capitata a noi? E che magari parla di me!” La nonna interruppe la scrittura, sorrise e disse al nipote: “È vero, sto scrivendo qualcosa di te. Tuttavia, più importante delle parole, è la matita con la quale scrivo. Vorrei che la usassi tu, quando sarai cresciuto.”

Incuriosito, il bimbo guardò la matita, senza trovarvi alcunché di speciale: “Ma è uguale a tutte le altre matite che ho visto nella mia vita!”.
– “Dipende tutto dal modo in cui guardi le cose. Questa matita possiede cinque qualità: se riuscirai a trasporle nell’esistenza sarai sempre una persona in pace col mondo.”

“Prima qualità: puoi fare grandi cose, ma non devi mai dimenticare che esiste una Mano che guida i tuoi passi. ‘Dio: ecco come chiamiamo questa mano! Egli deve condurti sempre verso la Sua volontà.”

“Seconda qualità, di tanto in tanto, devo interrompere la scrittura e usare il temperino. È un’azione che provoca una certa sofferenza alla matita ma, alla fine, essa risulta più appuntita. Ecco perché devi imparare a sopportare alcuni dolori: ti faranno diventare un uomo migliore.”

“Terza qualità: il tratto della matita ci permette di usare una gomma per cancellare ciò che è sbagliato. Correggere un’azione o un comportamento non è necessariamente qualcosa di negativo: anzi, è importante per riuscire a mantenere la retta via della giustizia.”

“Quarta qualità: ciò che è realmente importante nella matita non è il legno o la sua forma esteriore, bensì la grafite della mina racchiusa in essa. Dunque, presta sempre attenzione a quello che accade dentro te.”

“Ecco la quinta qualità della matita: essa lascia sempre un segno. Allo stesso modo, tutto ciò che farai nella vita lascerà una traccia: di conseguenza impegnati per avere piena coscienza di ogni tua azione.”

Come una matita

__________________________________
Francesca Di Donato – Psicologa
Psicologia clinica, dinamica e della salute – percorsi individuali, di coppia e in gruppo: in presenza e online
Formatore e Supervisore: in presenza e online

error: Content is protected !!