Non per dire, ma rispetto all’eliminazione dal bilancio del Bonus psicologo, cercando tra gli # e tra i commenti di alcune conversazioni, praticamente sono quasi tutti di Psicologi o laureati in psicologia andando a guardare i profili.
Escludo eventuali post di indignazione, perché da soli non bastano a essere rappresentativi di un bisogno espresso, visto che conosciamo tutti la natura dei social e la ricerca di consensi.
Quindi torno a proporre stimoli domande stimolo di riflessione:
1) chiediamoci davvero di chi è il bisogno, quando si pubblicano certi post;
2) ha senso anticipare un bisogno e, addirittura,
3) arrivare a sostituirsi agli altri, anche qualora il bisogno fosse forte, togliendo così responsabilità e potere sulla propria salute psichica alla potenziale utenza?
4) e perché mai qualcuno dovrebbe attivarsi se c’è chi lo fa per loro?
5) qualora arrivasse alla potenziale utenza, con le nostre scelte comunicative, che abbiamo quasi più bisogno noi di loro che loro di noi, cosa ne conseguirebbe?
E preciso che con la parola “bisogno”, non mi riferisco alla presenza di problematiche o vissuti che richiedono di prendersi cura della propria salute psichica (condizioni ovviamente presenti) ma che le persone abbiano intenzione o vogliano non solo occuparsene, ma che abbiano intenzione di farlo nel modo in cui lo riteniamo corretto noi.
Vale per il bonus e vale per lo Psicologo di base/delle cure primarie. Anzi, se da una parte credo che il bonus avrebbe comunque avuto un riscontro, sono abbastanza certa che la necessità di uno psicologo di base/delle cure primarie sia un bisogno che nasce e muore nella categoria.
Sia chiaro che non metto in discussione l’utilità nel dar forma a un servizio accessibile, anzi se si potessero portare a detrazione in una percentuale maggiore le spese sanitarie, specie quelle che non hanno una risposta adeguata a titolo di servizio pubblico e/o si potesse operare verso i rimborsi delle stesse per chi ha maggiore difficoltà ad affrontare una tale spesa economica o, sempre per costoro, pensare a delle forme di intervento gratuite per un certo tipo di utenza (che non siano gratuite per il professionista), sarebbe meraviglioso, visto che rimarrebbe inalterata la natura della nostra professione che è relazionale e, quindi, conta molto anche la scelta del professionista a cui ci si rivolge.
Ma sarebbe auspicabile ragionarci insieme, in base a reali criteri di fattibilità, perché i soldi da qualche parte devono uscire, in ogni caso.
Quello che metto in discussione è
– far coincidere l’accessibilità con il servizio pubblico secondo il modello medico
– far passare senza riuscire a dimostrarlo che “sono le persone che lo chiedono” di procedere così
– non prendere in considerazione alternative che tengano conto della natura della nostra professione che è soprattutto relazionale quindi conta anche da chi si sceglie di andare
– non fare valutazioni alla luce della nostra realtà di categoria in Italia
E ancora, sollevo una riflessione su come mai siano gli Psicologi a spingere invece dell’utenza stessa, visto che pure per il bonus non ho visto molti cittadini -esterni alla Psicologia- attivarsi.
Contesto che la categoria si attivi nei post mettendo avanti il bisogno altrui -di andare dallo psicologo, di volere il bonus o di volere lo psicologo delle cure primarie- e lo mettono avanti come fosse una certezza. Allora io chiedo a costoro questa certezza dove la prendono, dove emerge tutto questo?
E aggiungo inoltre che anche se ci fossero dati concreti -di cui ancora attendo riscontro- che ci sia tutta questa voglia di occuparsi della propria salute psicologica andando dallo psicologo, come mai ci attiviamo noi per queste persone?
Non è che ci sono, quindi, anche bisogni nostri che portiamo avanti, ma non li esprimiamo, coprendoli con quelli altrui?
Davanti a stimoli di riflessione immagino che uno psicologo non dovrebbe barricarsi dietro convinzioni personali, non verificate, rispondendo in modo difensivo, ma darsi la possibilità di ampliare le prospettive per avviare una rilettura che possa trasformarsi in un’occasione di crescita personale e, quando condivisa, anche collettiva.
Leggo colleghi che dicono che dobbiamo “sensibilizzare sulla nostra importanza. Far sì che riconosca l’importanza del nostro lavoro”.
Già che si richiede di riconoscere la nostra importanza denota che entra in gioco, mescolandosi, un proprio bisogno di essere visti e riconosciuti.
Quella che è importante è la salute psichica questo dovrebbe essere il nucleo, non noi.
Se per le persone, poi, siamo importanti o no, devono arrivare a sentirlo loro e noi dobbiamo saperlo per noi stessi il valore di ciò che offriamo.
A noi spetta raccontare quello che conosciamo della psiche umana, raccontare correttamente e adeguatamente il nostro lavoro di Psicologi, mostrare i vantaggi, quello che abbiamo da offrire e, in base ai propri target, raccontare il proprio personale modo di lavorare… e poi lasciare libere le persone di scegliere. E dopo che sperimentano ciò che possono prendere, allora, possono comprendere se e quanto è importante per loro il nostro lavoro.
Le persone hanno il sacrosanto diritto di conquistarsi il benessere come vogliono: il dramma è quando vogliamo imporre la nostra utilità dicendo “hai bisogno di me”.
Quando lavoriamo con i pazienti sappiamo che non dobbiamo sostituirci a loro e che farlo significa togliere loro potere oltre a mandare implicitamente il messaggio di non essere capaci da soli; sappiamo che i bisogni non vanno anticipati, che il sostegno eccessivo non fa crescere, che serve una buona dose di frustrazione per uscire da una zona confort che ristagna e intossica…
Pensate questo valga solo con il singolo? O varrà anche sul fronte collettivo?
Quindi se, come dice qualcuno, in genere funziona che sono gli “esperti” a farsi da portavoce, gli Psicologi, pure solo per deformazione professionale, dovrebbero sapere quanto non sia funzionale questo modo di far funzionare le cose o almeno non esclusivamente così.
Quindi potrebbe essere opportuno non entrare in collusione con lo stesso sistema che si contesta e provare a fare altro, che non deve essere solo quello che suggerisco io, ma le alternative che si potrebbero costruire insieme se solo si fosse disposti a mettere in discussione ciò che non ha funzionato finora.
A chi dice che ha bisogno dello psicologo ma non può permetterselo, invitiamoli a salire in campo con noi
Vogliamo combatterla insieme a loro questa battaglia? Usiamo le nostre armi e permettiamo a loro di usare le loro e ad avanzare insieme a noi, e non noi per loro, come invece accade!
Cito Drucker: “Dietro ogni impresa di successo c’è qualcuno che ha preso una decisione coraggiosa.”
E tiriamolo fuori questo coraggio una volta per tutte e consentiamo a loro ti tirar fuori il loro, riconoscendoli dignità e pieno potere di salire in campo con noi.
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Francesca Di Donato – Psicologa
Psicologia clinica, dinamica e della salute – percorsi individuali, di coppia e in gruppo: in presenza e online
Formatore e Supervisore: in presenza e online – SCUOLA DI PSICOLOGIA lo psicologo è colui che aiuta l’altro a curarsi
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