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Abbi pazienza! di Francesca Di Donato

4 anni ago · · 0 comments

Abbi pazienza! di Francesca Di Donato

In un post di un amico, tempo fa lessi in merito a un accento posto sulle parole “pazientare” e “sopportare”, osservando quanto esse rimandano a un doversi adattare e che l’atteggiamento auspicabile risiedesse, piuttosto, nell’accettazione. Spero mi perdonerà Luca, se non è un richiamo minuzioso, ma credo ugualmente di aver colto la sostanza.

E oggi io aggiungo una nota a margine a questo pensiero. L’augurio è che sinteticamente ti lasci qualcosa di utile per iniziare a prendere qualche decisione diversa.
SOFFERENZA viene dal lat. tardo “sufferentia” che significa “sopportazione, pazienza”, der. di suffĕrens -entis, p. pres. di sufferre ‘soffrire’.
Dunque, sopportare..pazientare… altro non è che soffrire.

Non pensi di meritare qualcosa di diverso?

Francesca

Mentalità fascista o fallimento educativo?  Francesca Di Donato

4 anni ago · · 0 comments

Mentalità fascista o fallimento educativo? Francesca Di Donato

Il richiamo alla “mentalità fascista” come spiegazione a certi comportamenti di basso livello culturale, sta alla stregua delle arti marziali, dei videogame, o l’orario della chiusura dei locali.

Preciso: NON sto dicendo che videogames e arti marziali sono come la mentalità fascista.
STO dicendo che è il richiamo a essere il medesimo, non l’oggetto del richiamo.

La mentalità fascista non è mai la radice, ma è anche quella una conseguenza di un processo educativo e di crescita di un individuo che da qualche parte o da più parti ha fallito.

È un involucro, non la sostanza.

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Francesca Di Donato – Psicologa
Psicologia clinica, dinamica e della salute – percorsi individuali, di coppia e in gruppo: in presenza e online
Formatore e Supervisore: in presenza e online

E’ solo una mascherina. Francesca Di Donato

4 anni ago · · 0 comments

E’ solo una mascherina. Francesca Di Donato

Se hai l’intelligenza di capire che siamo sull’orlo di una pandemia, allora fai pace con il fatto che la mascherina è una protezione.
Lo è per te, lo è per gli altri.
“Protezione” vuol dire che ha scopo di difenderti da ciò che potrebbe recarti e recare danno.
Viviamo una condizione straordinaria e come tale necessità misure straordinarie. Un piccolo sacrificio per qualcosa di più grande: la salute. A volte perfino la vita.
Sì, la vita. Anche non fosse la tua, merita ugualmente rispetto.
Varrebbe la pena indossarla anche se in pericolo ci fosse un’unica sola persona.
La tua identità, la tua libertà non sono minate.
Se ti dicono il contrario, fatti un regalo: non ci credere. Qualcosa che serve per proteggere non ha questo potere.
Il potere di minare identità e libertà, tuttavia, ce le hai tu e le comprometti ogni volta che credi sul serio che una mascherina possa davvero intaccare valori così alti.
Se non credi che siamo sull’orlo di una pandemia – visto che questa credenza è basata solo sulle tue convinzioni che, per questo genere di argomenti, hanno il valore di una Big Bubble spiaccicata sotto al banco-, nel dubbio, se avessi almeno un minimo di senso civico, dovresti indossarla.
No, non ti ucciderà, tranquillo.
Sarebbe curioso, però, scoprire che non vuoi indossarla per non nuocere alla tua salute e poi scoprire che fumi.
E non venirmi a dire che hai il diritto di scegliere come nuocerti, perché non hai scelto -consapevolmente- in verità un bel niente, anche se ti piace crederlo.
I figli. Finché sono molto giovani, vivranno la situazione come specchio del TUO modo di vivere la situazione, in quanto mamma e in quanto papà.
Hai un’enorme responsabilità su questo. È dura? Certo, ma spero tu non abbia mai creduto che fare il genitore fosse un fatto semplice.
Semmai, quando non arrivi, chiedi aiuto: amici, parenti, figure di riferimento… a chi vuoi.
E, poi, esiste lo Psicologo. Può tornati utile.
Le continue lamentele sulla riapertura delle scuole mostra quanta criticità c’è nella capacità di adattamento di costoro.
Certo che siamo in una situazione poco stabile, ma ripeto SIAMO IN UNA SITUAZIONE STRAORDINARIA e come tale va trattata. Da parte di TUTTI, non solo dello Stato.
La sovranità è del popolo: ricordati di esercitarla nelle scelte di buon senso quotidiane.
Buon senso significa, tra le altre cose, ricordare che non esisti solo tu.
La scuola ha un compito formativo ed educativo, cioè tirar fuori le potenzialità di qualcuno. Leggo troppe persone che non ci stanno riuscendo per se stessi, come ce la faranno con i loro allievi?
“Adattamento” indica la capacità che hanno gli organismi viventi di sopravvivere all’ambiente che cambia continuamente, in maniera più o meno prevedibile.
C’è carenza. È evidente.
Adattamento non è solo cantare sui balconi perché non puoi andare altrove; è usare tutte le misure possibili per non doverci finire di nuovo a cantare sui balconi.

Accetta un consiglio per questa volta: indossa la mascherina.

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Francesca Di Donato – Psicologa
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Tesi di laurea. Francesca Di Donato

4 anni ago · · 0 comments

Tesi di laurea. Francesca Di Donato

Qui mi riferisco a chi è ancora studente.
Il lavoro di tesi è un lavoro importante.
NON deve sceglierlo un docente, che sia il referente di tesi o meno.
E non va scelto pensando ai crediti in vista del voto finale.
“faccio la sperimentale che mi fanno più punti della compilativa”: non è questo che ti renderà un bravo psicologo.
La tesi segna la fase di passaggio da studente a potenziale lavoratore. Deve essere il prodotto di una crescita personale e formativa, di un percorso di studi interiorizzato per dar forma al professionista che ne verrà. Deve sigillare il tuo percorso universitario.
Tutto questo è però possibile se quegli anni vengono attraversati con consapevolezza.
Il lavoro di tesi, triennale e magistrale, se scelto con cura, secondo i tuoi veri interessi, rivolti verso la prospettiva di te come futuro lavoratore, e se fatto davvero bene, in modo approfondito, è il primo pilastro della tua professionalità una volta abilitato, specie considerando la libera professione che maggiormente caratterizza la realtà dello Psicologo.
Può essere il primo ambito di intervento con cui ti presenterai.

È uno di quei terreni nel tuo podere, che se lo vanghi per tempo, in primavera, preparandolo alla semina, in estate ti darà i suoi frutti.
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Francesca Di Donato – Psicologa
Psicologia clinica, dinamica e della salute – percorsi individuali, di coppia e =én gruppo: in presenza e online
Formatore e Supervisore: in presenza e online – SCUOLA DI PSICOLOGIA lo psicologo è colui che aiuta l’altro a curarsi

 

 

Professionalità e auto-stima. Francesca Di Donato

4 anni ago · · 0 comments

Professionalità e auto-stima. Francesca Di Donato

La professionalità è quella cosa in cui il primo a crederci devi essere tu.

Il lavoro di valorizzazione del tuo operato, per quanto impegnativo, devi farlo in autonomia, senza delegarlo ai colleghi, men che meno a una rappresentanza.

L’autorevolezza si nutre della stima, del credito, della nobile fiducia che riponi innanzitutto TU in te stesso e si affaccia, poi, sulla capacità di comunicarlo a testa alta e con spigliata disinvoltura.
Non aspettare che siano i colleghi a riconoscere il valore della tua professionalità, lavora per riconoscertelo tu fino in fondo, con tutta la dignità del lavoro, dello studio e dell’impegno che c’è sotto.

Riportiamo tutti lo sguardo all’interno, prima di aspettare il riconoscimento esterno.

E se la sicurezza vacilla, fermati un attimo e chiediti cosa sta accadendo, quale parte di te hai così tanto trascurato, da finire con il credere che qualcuno abbia anche solo il minimo diritto di mettere in discussione quanto hai costruito e stai edificando, dall’alto di chissà quale qualifica, che a volte o spesso, chissà, è solo un vacuo ammennicolo che copre una parete bianca che avrebbe potuto raccontare altro.

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La bellezza. Francesca Di Donato

4 anni ago · · 0 comments

La bellezza. Francesca Di Donato

 

La bellezza non si misura sul numero di persone che ti guardano, ma sul numero di persone che ricambiano un sorriso.

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Non serve “toccare il fondo” per andare dallo Psicologo. Francesca Di Donato

4 anni ago · · 0 comments

Non serve “toccare il fondo” per andare dallo Psicologo. Francesca Di Donato

Altro pregiudizio da sfatare tra la moltitudine di quelli rivolti allo Psicologo: che chi sceglie di farsi un percorso personale sia necessariamente colui che ha toccato il fondo.

Ebbene…. non è così.

C’è chi investe su se stesso pur stando bene e volendo per sé qualcosa di più, oltre a voler gestire le comuni difficoltà.

Mai avrei pensato, però, che questo pregiudizio fosse da sfatare dentro la categoria di colleghi.

Certo è che se ci si promuove incanalando la propria attività nella cornice della patogenesi, allora molto probabilmente capiteranno solo pazienti che hanno toccato il fondo.

Ma se si sceglie per sé e per il proprio lavoro una cornice, una comunicazione, un approccio orientato alla Salutogenesi facendola propria, si abbraccia quella parte del mondo che sta bene e vuole stare meglio, oltre a voler imparare a gestire le comuni difficoltà.

E vanno bene entrambi le prospettive, per carità.

Ma che non si dica che chi sta bene dallo Psicologo non ci va e che la prevenzione esiste solo a progetto, perché non è così…
Le prestazioni di uno Psicologo costano e, quindi, qualcuno sceglierà di affrontare questa spesa solo quando non ha altra scelta, specie se non ha scelta sul piano economico.

Ma, ripeto, non è per tutti così.

E molto di ciò dipende dalla nostra comunicazione in merito al nostro lavoro: sarebbe bene realizzare questo aspetto.

E parto dalla mia esperienza personale di Psicologa per dire che anche chi sta bene dallo Psicologo ci va eccome.

Il punto è che non è un caso chi ci sceglie… : se la tua convinzione è che dallo psicologo ci va solo chi sta molto male, allora stai sicuro che saranno le uniche persone che avvicinerai.

E va bene così.

Tieni solo conto che esiste un’altra realtà, altrettanto valida e non è solo quella di chi se la può permettere economicamente, perché questo è un altro pregiudizio.
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Esame di Stato ai tempi del Covid. Francesca Di Donato

4 anni ago · · 0 comments

Esame di Stato ai tempi del Covid. Francesca Di Donato

Domani avrà inizio il viaggio verso l’abilitazione.
Un viaggio dai sentieri nuovi, mai varcati prima, perché mai prima si aveva avuto a che fare con una pandemia.
E questi nuovi sentieri saranno, forse, più praticabili di sempre o forse no.
In ogni caso sarà l’ultimo tratto prima di quel traguardo in cui prenderà forma tutto quello che hai seminato in questi negli anni di studi e in questi mesi di preparazioni e manifestazioni più o meno attive.
Ora è il momento per ammettere a te stesso se hai dato ciò che potevi oppure no.
È il momento per renderti conto che non tutto dipende da te e che a volte vale la pena prendersi un po’ meno sul serio.
È il momento per scoprire quanto tu sia capace di darti la possibilità di usare astuzia, intuito e capacità riflessive, oltre a conoscenze e competenze.
È il momento per capire se qualcosa potevi gestirla diversamente o se va bene così.
È l’ora per capire quanto severo, persecutore o comprensivo sei con te stesso e quanto lo sei con gli altri.
È l’ora per rendersi conto che alla fine è solo un esame e che, se andrà male, avrai una nuova occasione e che anche le sconfitte possono essere occasione di crescita.
Facile? No, non lo è. E lo è ancora meno quando le incognite sono tante e hai la sensazione di avere poco controllo sulla situazione.
Ma la prima vera prova, ricorda, la scontiamo sempre innanzitutto con noi stessi.
Quindi, da domani mattina, oltre a desiderare che si attengano tutti e con tutti alle linee guida, oltre a sperare che siano clementi e oltre ad affidarti alla buona sorte, prenditi un attimo, chiudi gli occhi, entra in contatto con te stesso e rivolgiti un pensiero gentile, ricordandoti che, indipendentemente da come andrà, il mondo è comunque lì fuori che ti aspetta!!!

Buona fortuna.

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Il perdono che devi a te stessa. Tratto da una storia vera. . Francesca Di Donato

4 anni ago · · 0 comments

Il perdono che devi a te stessa. Tratto da una storia vera. . Francesca Di Donato

E poi c’è quel perdono che devi dare a te stessa.

Era il 2017, credo. Andai a Pescara con Patryk.
La sera, alla stazione, saliamo sul bus per tornare a L’Aquila. Salgono un po’ di persone e sale il controllore.
C’è un uomo, un pochino trasandato, quel tipo di signore sulla quarantina portati maluccio e che definirei particolare. Era seduto un sedile dietro di me, lato opposto. Il controllore passa e lui non ha il biglietto, perché si è ritrovato a spendere tutto in farmaci. Fa vedere la busta: i farmaci c’erano.
Dice però che ha avvertito il fratello che sarà alla fermata e pagherà il viaggio. Il controllore non si fida, lui lo supplica di credergli. Il controllore rincara la dose. Provavo disagio per quest’uomo, tanto che sia io, sia una signora ci proponiamo di saldare il biglietto. Ma il controllore si avvicina e mi dice qualcosa per farmi intendere che è uno che ci marcia. Ok, allora mi fermo. Gli credo. La signora gli crede.
Solo che quest’uomo continua a supplicare di credergli e il controllore va a prendere il blocchetto per la multa. Sento il tipo chiamare il fratello e fargli presente la situazione. A me sembra convincente, solo che resto senza fare nulla, come se le parole del controllore avessero fatto presa e si muovessero, quindi, dentro di me due spinte uguali e contrarie che mi fanno restare ferma: l’empatia verso questo signore da un lato, le parole convinte del controllore dall’altro.
La multa è fatta. L’autista spegne le luci e ci mettiamo in viaggio. L’uomo richiama il fratello e gli chiede se può pagare la multa. È in quel momento che scoppio in un pianto, a singhiozzi. Per fortuna c’era Patryk che in quel momento mi ha abbracciato. Durò molto.
Quell’uomo era stato sincero, la mia pancia mi aveva avvertito e io non mi sono fidata né di me, né di lui.
Avevo permesso a qualcuno di convincermi stessi facendo la cosa sbagliata. Da lì dolore, senso di colpa verso quell’uomo, rabbia verso il controllore e la sua menzogna di farmi credere che conoscesse il tipo, la rabbia verso di me per non essermi ascoltata.
E a distanza di anni, quando ci penso fa ancora male e vorrei incontrare quel signore, che spero stia in salute, e chiedergli scusa.
Scusa per non essere intervenuta in modo fermo e deciso.
Scusa per aver consentito venisse umiliato in quel modo.
E ringraziarlo perché ho imparato con mano una lezione: la dignità di una persona è una cosa seria e non merita di essere sporcata dal sudicio denaro e dall’infimo pregiudizio.

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Francesca Di Donato – Psicologa
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