Mi spiace notare che perfino in una recensione possano finirci conclusioni del tutto arbitrarie e non verificate sull’autore, andando a colpire sul personale, senza limitarsi sul contenuto e che la valutazione del contenuto sia contaminata da disinformazione o da preferenze personali passate come verità, come quelle sulla parte editoriale o su come si scrive un libro.
Va bene che qualcuno dica che il mio libro non sia di suo gradimento, perché afferisce al parere personale.
Va molto meno bene che si chiamino in causa considerazioni basate su informazioni errate o su inferenze arbitrarie sulle intenzioni.
Dato che il 90% della recensione poggia sull’editoria, mi son chiesta se questo è il risultato dei “NO” risposti alle proposte di pubblicazione editoriale ricevute, solo che poi leggo sul profilo che trattasi di un collega, quindi mi chiedo come mai tanta attenzione sbilanciata e poco corretta rispetto ai contenuti.
Proviamo quindi anche in questa occasione a fare corretta informazione.
Veniamo al dunque. In corsivo e in grassetto trovate la recensione, discussa pezzo per pezzo.
“Secondo la mia impressione è come se più che un libro psicologico (che in quanto tale dovrebbe seguire delle norme di scrittura scientifiche) sia un “infoprodotto” stampato.”
Gli infoprodotti sono prodotti digitali di natura informativa, basati sull’esperienza di un professionista, pensati per risolvere un problema o una necessità di un potenziale cliente attraverso l’offerta di un contenuto di valore.
Se il contenuto dell’offerta è psicologico, l’infoprodotto è di natura psicologica.
Le norme di scrittura scientifica sono quei passaggi obbligati per chiunque voglia occuparsi di ricerca per comunicare i risultati ottenuti nei progetti di ricerca e sia delle bestpractice, espressi, appunto, secondo i principi e i metodi della scrittura scientifica, poiché rappresenta la forma di comunicazione ufficiale tra ricercatori che rendono pubblici i metodi e i risultati del proprio lavoro sperimentale.
Questa pubblicazione non ha una finalità sperimentale e, anzi, come descritto dal sottotitolo, vuole essere una sorta di quaderno dove sono raccolti stimoli, informazioni divulgative, riflessioni sulle informazioni, considerazioni e strumenti pratici utili alla professione in termini operativi, riportati con un taglio artigianale.
Apprezzo che almeno qui sia stato inserito “secondo la mia impressione”.
Forma:
Non segue le norme editoriali di base e contiene errori dattilografici che ripetendosi interrompono il flusso della lettura.
Le norme editoriali sono un insieme di convenzioni, quindi, non sono regole assolute, che regolano la stesura di un testo scritto: ogni casa editrice, infatti, ha le sue e questa è un pubblicazione indipendente, per cui mi son presa licenza di scegliere le mie. Mi spiace se questo ha reso complessa la lettura per il collega. Nel libro precedente, per esempio, i caratteri erano stati ritenuti grandi per qualcuno e, in questo, dopo averli rimpiccioliti, qualcuno li ha trovati troppo piccoli. Ecco, temo sia impossibile accontentare tutti, ma vediamo cosa si può fare in futuro per rendere l’esperienza più agevole.
Sui eventuali errori dattilografici revisionerò ulteriormente il testo.
Esempio: non c’è il rientro a ogni nuovo capoverso; c’è incoerenza nell’allineamento del testo (a volte è allineato in modo “giustificato”, altre volte è allineato a sinistra);
Il rientro non è obbligatorio.
L’allineamento cambia solo per quelle parti che hanno struttura a sé, rispetto ad altri contenuti, come nel paragrafo dove sono inserite le tracce di rilassamento o di visualizzazione: una cosa non tanto diversa da quei libri che contengono prosa e rime nello stesso testo.
c’è incoerenza nell’uso dei caratteri tipografici: per l’apostrofo a volte usa ’, altre volte ‘, per le virgolette a volte usa “ ”, a volte usa ” “;
mi spiace per aver avuto questo tipo di svista. Ci starò più attenta in futuro.
Per contrassegnare gli incisi, invece che usare la lineetta – usa il trattino -, senza lasciare uno spazio dopo aver aperto l’inciso e senza lasciarne uno prima di chiuderlo, come invece dovrebbe essere;
Si ho usato il trattino, perché in alcune parti si creava uno spazio vuoto eccessivo al quale non ero in grado di riparare. Il limite è stato mio.
Utilizza nel testo caratteri integralmente in maiuscolo, cosa che anche questa viola le norma redazionali;
Nessuna violazione come già scritto non essendo norme assolute, ma convenzioni.
quando fa gli elenchi, invece dei punti elenco usa a volte i punti fermi, a volte i trattini.
sono alternati solo se un elenco contiene un sottoelenco, per una gestione ottimizzata degli spazi oppure quando volevo differenziare la natura dell’elenco: insomma non è lasciato al caso.
Capisco che si tratti di un testo “independently published”, ma non credo si possano trascurare le norme editoriali di base nella stesura di un testo destinato alla pubblicazione.
Di nuovo: le norme editoriali sono un insieme di convenzioni, quindi, NON sono regole assolute, che regolano la stesura di un testo scritto: ogni casa editrice, infatti, ha le sue e questa è un pubblicazione indipendente, per cui mi son presa licenza di scegliere le mie.
Contenuto:
Buono il primo capitolo, in cui argomenta a favore del fatto che lo psicologo possa svolgere delle attività che spesso si crede possano essere svolte soltanto da psicologi con una specializzazione in psicoterapia. Argomenta basandosi sulla legge 56/89 e sul codice deontologico, oltre che altri documenti presenti sul sito del CNOP (consiglio nazionale dell’ordine degli psicologi).
In realtà ci sono ben più fonti giuridiche di quelle citate o presenti sul sito del CNOP: come mai, per l’importanza data ad esse, proprio questo sfugge?
Tuttavia: in tutti gli altri capitoli non indica quasi alcuna fonte. Non lo fa né nel testo tra parentesi come si fa nei manuali o saggi scientifici, né nelle note a piè di pagina.
Le fonti sono indicate tutte, in qualunque richiamo altrui riportato nei vari contenuti. Anche fonti bibliografiche come quelle presenti a pagina 10 del libro.
E’ la bibliografia a non esserci, perché non ho usato libri per la stesura di questo testo, ma ho riportato le mie conoscenze, frutto di anni di studi, anche universitari, ormai interiorizzate e i miei appunti organizzati negli anni.
Avrei dovuto, quindi, citare me stessa come fonte secondaria, scrivendo qualcosa come “secondo Rogers (citata da Francesca Di Donato)…” e probabilmente questo sarebbe stato un po’ troppo autoreferenziale.
La fonte ha lo scopo di non commettere plagio e di rispettare il diritto d’autore e questo è stato garantito, così come è espressamente dichiarato quando qualcosa afferisce a un mio parere o considerazione personale.
E mi auguro che con la scusa dello “scientifico” non si voglia limitare la libertà espressiva di qualcuno, che resta un diritto qualunque disciplina sia chiamata in causa.
Inoltre non indica alcuna bibliografia a fine libro (dove invece inserisce una presentazione di sé stessa e 5 pagine in cui promuove i suoi corsi).
Le fonti bibliografiche in bibliografia vanno inserite se effettivamente si attinge a dei testi pubblicati. Nell’altro libro, invece, quello di Training, c’è appendice, bibliografia e indice analitico dei nomi, proprio per la natura dei contenuti e per la modalità di stesura. Ironia della sorte l’aver messo queste cose è stato motivo di attribuirmi l’intento di allungarne il brodo.
Anche certi libri, pubblicati da case editrici non hanno alcuna bibliografia: esempio “Le lacrime di Nietzsche di Irvin D.Yalom, Biblioteca Neri Pozza”.
Quando si scrive un testo scientifico (e un libro che parla di counseling psicologico, dove la psicologia è una scienza: deve essere scientifico), non si può prescindere dal tenere conto di quanto hanno detto altri autori più autorevoli riguardo ai costrutti psicologici di cui si parla, a meno che non si voglia scrivere, più che un testo scientifico, un testo di altro tipo, come appunto un testo promozionale.
Ciò che viene contestato è stato fatto in realtà ed è possibile verificarlo nelle pagine indicate poco sotto.
Mi sembra infatti più un testo per pubblicizzare i suoi corsi, che non un libro che voglia offrire un valido contributo in questo ambito.
L’autopromozione di uno psicologo è spesso trattato dai colleghi come un torto o un’infamia: comprendo che per qualcuno possa essere così, ma mi chiedo come sia possibile che 5 pagine, annullino il valore delle 195 precedenti, fatto salvo, ovviamente, non voler riversare su una recensione questioni personali. Oltre al fatto che il moralismo ha ben poco di scientifico come atteggiamento.
Scientifici, ripeto, devono essere i contenuti, non la scrittura in sé che può rispondere allo stile personale dell’autore, purché venga rispettata la patria potestà di eventuali richiami o citazioni, cosa che è stata fatta.
Tra l’altro: secondo l’articolo 35 del codice deontologico degli psicologi, lo psicologo è tenuto a indicare la fonte degli altrui contributi, cosa che lei non fa. Secondo l’articolo 5, lo psicologo può impiegare solo metodologie delle quali è in grado di indicare le fonti e i riferimenti scientifici, perciò: uno psicologo nel suo esercizio non potrebbe utilizzare le informazioni trovate in questo libro, dato che, non indicando l’autrice le fonti: il testo risulta non scientifico. Inoltre: secondo l’articolo 7, lo psicologo valuta attentamente il grado di validità e attendibilità delle fonti su cui basa le conclusioni raggiunte, e anche questo comporta che uno psicologo che usa le informazioni presenti in questo libro sta violando questo articolo del codice.
Come prima: le fonti sono indicate, che si tratti di quelle giuridiche, di quelle deontologiche o quelle per autore.
Indico alcune pagine con richiami altrui da me parafrasati:
pag.5
pag.9
pag. 10 (fonti bibliografiche in corpo al testo)
pag.33
pag.48
pag.77
pag.137
pag.144
pag.150
pag.154
pag.155
pag.157
pag.158
pag.159
pag.161
pag.166
pag.177
pag.17
dunque, siccome chi vuole ha comunque modo di verificare la veridicità delle informazioni riportate, seppure con uno sforzo maggiore rispetto al ritrovarsi un riferimento bibliografico preciso con tanto di pagina, il richiamo al codice deontologico è un richiamo forzato e assolutamente inappropriato.
Mi preme ricordare, inoltre, che anche i paradigmi psicologici studiati all’università sono nutriti da concetti, assunti, costrutti, regole che guidano gli studiosi nella loro conoscenza e nella soluzione di problemi… e non pretendono di cogliere la verità o di descrivere una realtà oggettiva, altrimenti ognuno di essi si chiamerebbe DOGMA e non PARADIGMA.
Una cosa fastidiosa è che usa anche tecniche persuasorie, sul suo sito, per spingere le persone ad affrettarsi ad acquistare il testo, testualmente scrive: “suggerisco di acquistarlo prima che il prezzo si alzi”, cioè usa il principio di scarsità (vedi Influence: Science and Practice, Cialdini 2021). Un autore autorevole non credo che spingerebbe ad acquistare la sua opera per questioni di scarsità, bensì semmai per la qualità del contenuto della stessa.
Non ho mai pubblicizzato il mio libro in questo modo.
L’unica volta che ho invitato a sfruttare l’offerta era nella pagina sul corso sulla Gestione del colloquio, sul sito, per dare la possibilità agli allievi del corso stesso, che il libro lo hanno come libro di testo e quindi comunque avrebbero dovuto acquistarlo, di sfruttare l’offerta presente e pagarlo meno. L’autore di un libro non ha informazioni sulle scelte di Amazon, quindi quella voleva essere una premura per consentire loro di averlo a meno.
Mi fa piacere aver attirato così tanta attenzione, al punto da andare anche sul sito a scrutarne i contenuti. Avrei gradito che tutta questa partecipazione, data persino all’uso dei trattini e delle virgolette, fosse stata dedicata a notare anche dove si stavano prendendo certe frasi, contestualizzandole in modo opportuno, per riportarle con la stessa minuziosa attenzione.
Faccio notare che la parte editoriale (trattini, virgolette, capoverso, citazioni, bibliografia, richiesta di una precisa scrittura, ha caratterizzato la maggior parte della recensione) a scapito dei contenuti per i quali sono state riportate nella recensione informazioni non corrette, per poi esprimere in chiusura un’attribuzione arbitraria di intenti suggestivi da parte dell’autore.
Se potessi lo restituirei e chiederei il rimborso, ma dato che l’ho aperto, sfogliato e letto, non lo faccio per onestà.
Amazon mette in conto il reso anche dopo aver letto un libro. Credo che l’onestà non venga meno in tal senso. Anzi qualcuno potrebbe acquistarlo a un prezzo ridotto.
Spero comunque che questa recensione possa avere funzione di feedback che possa:
– aiutare il potenziale lettore a capire se effettivamente investire denaro e tempo nella lettura di questo libro;
– far riflettere l’autrice su una eventuale revisione del testo, o su una scrittura più scientifica per i suoi prossimi lavori.
Ci rifletterò certamente.
Con questa risposta, di contro, invito i colleghi, anche quelli che ci tengono alla cura del dettaglio, di applicare la stessa minuziosa attenzione ai propri contenuti, quelli che portano a sostegno delle proprie posizioni: le scelte da me operate, così come eventuali sviste nella stesura del testo non arrecano danno a nessuno. Al contrario, le sviste, le imprecisioni e la disinformazione passate come verità, possono danneggiare il lavoro altrui; la nostra categoria ha una tradizione lunga 30 anni di disinformazione, pareri personali passate per verità e informazioni non verificate. Cambia il contenuto, ma l’atteggiamento resta lo stesso.
L’invito è verificare sempre quindi che ciò che si sta asserendo sia vero, altrimenti astenersi e limitarsi a pareri personali, cosa che una recensione consente.
Inoltre, sottolineo che ostacolare il pensiero critico è un atteggiamento tipico dei regimi totalitari: vediamo di non ridurre la scienza allo stesso riduzionismo, a scapito della complessità dei processi con i quali ci confrontiamo e che richiedono ANCHE una posizione filosofica e fenomenologico-esistenziale, per la quale non c’è alcunché da dimostrare, visto che esprime un punto di partenza.
I libri tanto ricercati in bibliografia da alcune recensioni devono essere letti per imparare a pensare, a ragionare, a stimolare le riflessioni, ad ampliare la visione del mondo, prima che a sapere.
Se ci fossimo sempre fermati solo a quanto hanno avuto da dire fonti autorevoli venute prima di noi o i manuali blasonati, saremo fermi a Freud, avremo ancora l’omosessualità nel DSM, nessuno avrebbe dovuto nominare il burnout prima di quest’anno.
Ricordiamoci che questa disciplina evolve grazie a chi si permette di riflettere su ciò che studia, che osserva e di cui ha esperienza, permettendosi di ragionare, se occorre, anche fuori dagli schemi.
Francesca Di Donato