fbpx

Fissa un appuntamento

L'Aquila colloqui in presenza e on line tramite Skype. Possibilità di colloqui a seduta singola.

Chiamami:
+39 328 28 38 399

Scrivimi una email:
didonato.francesca@live.it

Professionisti adulti e vaccinati. Francesca Di Donato

4 anni ago · · 0 comments

Professionisti adulti e vaccinati. Francesca Di Donato

Siamo professione sanitaria, il vaccino ci spetta di diritto ora!

NO. Il vaccino non spetta di diritto nelle prime fasi solo perché si è professione sanitaria.
Il vaccino spetta di diritto a chi è più esposto per lavoro o condizioni di salute ed età.

Un professionista sanitario che prende seriamente il suo ruolo e che non rientra in queste categorie lascia la priorità a chi ha davvero bisogno, non pretende di passare avanti in nome di un titolo o di riconoscimento ministeriale.

Un professionista sanitario serio, si comporta da adulto responsabile e attende il suo turno, come tutti.

E non vale nascondersi dietro l’obbligo vaccinale: l’obbligo che c’è solo da inizio aprile non parla di priorità.
Quindi si suppone che la priorità resti quella per cui si vaccinano per primi quelli in prima linea.
Quanti Psicologi si sono vaccinati prima dell’Obbligo?
Quanto di essi lavoravano in prima linea?

L’Ordine sa bene che la metà degli iscritti all’albo non esercita in qualità di Psicologo. Moltissimi tra quelli che restano e che esercitano hanno un’esposizione lavorativa minima. Sul sito ENPAP potete verificare.

Quindi tolti coloro che si sono vaccinati, prima dell’obbligo, per età e per condizione di salute ed esposizione di lavoro, sarebbe stato utile che l’Ordine monitorasse in qualche modo questo passaggio, che avrà portato a usufruire già del vaccino chi poteva considerarsi più alla stregua di un cittadino normale, più che sanitario.
Che poi, ricordo, la psicologia non è solo ambito sanitario, seppur professione sanitaria: esistono Psicologi del lavoro, del marketing…

Se il Governo sbaglia e tu Ordine lo sai che non tutti i tuoi scritti hanno una condizione tale per avvalersi di questo privilegio ora, perché non intervieni?
Perché non fai opera di sensibilizzazione verso i tuoi iscritti, invitandoli a non passare avanti alle fasce più vulnerabili ed esposte al rischio?

Ed è possibile che per reagire a Draghi per aver rimbrottato un “smettetela di vaccinare i giovani psicologi!!” volete ricorrere al fatto che il l’obbligo lo abbia esteso lui ai professionisti sanitari? Questa è pura deresponsabilizzazione: il suo appunto c’è stato solo due giorni dopo l’avvio dell’obbligo, con un week end di mezzo, quindi in realtà coloro che si lamentano si erano tutti vaccinati prima dell’obbligo stesso.
Inoltre ritengo che la questione sia stata presa sul personale in modo inappropriato, dal momento che il rimbrotto -seppur gestito in pessimo modo- era rivolto a chi vaccina senza seguire una scala di priorità annunciata e non agli psicologi.

Ancora una volta si è persa l’occasione per guadagnarci credibilità

____________________________
Francesca Di Donato – Psicologa
Psicologia clinica, dinamica e della salute – percorsi individuali, di coppia e in gruppo: in presenza e online
Formatore e Supervisore: in presenza e online – SCUOLA DI PSICOLOGIA lo psicologo è colui che aiuta l’altro a curarsi

 

L’istruzione che ingabbia e non rendere liberi. Francesca Di Donato

4 anni ago · · 0 comments

L’istruzione che ingabbia e non rendere liberi. Francesca Di Donato

La più grande cattiva responsabilità del sistema formativo italiano
è quella di non allenare le persone a staccarsi dai libri per favorire spirito critico, riflessione e messa in discussione di quanto si legge o studia.
La più grande cattiva responsabilità individuale nel sistema formativo italiano
è restare ancorati al modello di istruzione stesso, senza mettere in gioco un sano spirito critico, riflessione e messa in discussione di quanto si legge o si studia o quanto viene detto.

Davanti all’incapacità di svincolarsi da tutto questo, davanti ai tentativi altrui di plasmare che, precisiamolo, non è formare…. non ci sono titoli di studio che tengano.
Quella che la maggior parte di noi vive è un’istruzione che ingabbia e non rende liberi.

________________________
Francesca Di Donato – Psicologa
Psicologia clinica, dinamica e della salute – percorsi individuali, di coppia e in gruppo: in presenza e online
Formatore e Supervisore: in presenza e online

 

Natale 2020. Francesca Di Donato

4 anni ago · · 0 comments

Natale 2020. Francesca Di Donato

Oggi siederemo a tavola e noteremo se c’è qualcosa di diverso: chi ha potuto comunque riunirsi in serenità, chi ha qualcuno distante per la prima volta, chi ha un posto occupato in più per un nuovo dolce arrivo, chi vedrà quella o quelle sedie vuote da ora in avanti senza poterci più fare nulla…

Ma se ci guardiamo indietro, questo è già successo in passato. Non tutti i Natali sono stati uguali, non tutti sono stati sereni, non tutti sono stati così male, alcuni o molti sono stati preziosi.

Il Natale ha il potere di far sentire tutto in modo più intenso e a volte è gioia, altre è malinconia.

È così… è la vita, che nel suo scorrere ci mette ogni volta in condizione di fare i conti con quanto accade e con quanto facciamo accadere, con ciò che arriva e con ciò che se ne va, con un vuoto riempito o con uno creato.
A volte è meraviglioso, a volte no.

Quindi invece degli auguri, oggi, qui, mi limito a mandarvi un abbraccio, virtuale sì, ma realmente affettuoso.

Francesca

Famiglia. Tratto da una storia vera. Francesca Di Donato

4 anni ago · · 0 comments

Famiglia. Tratto da una storia vera. Francesca Di Donato

Roma. Metropolitana.

Tragitto stazione Termini – Eur.

Entro, trovo posto a sedere. Le fermate sono molte, quindi va più che bene sapere di farmi il tragitto seduta. Ne approfitto per rilassarmi un po’.

A circa quattro fermate dalla mia tappa di arrivo, accade qualcosa di improvviso, un trambusto fatto i persone che si muovono e qualcuno che urla, la persona accanto a me si alza veloce, e un uomo alto, sulla 40ina posa il bambino sul sedile. Lo guardo. Il bambino, intendo. È bianco. Completamente bianco in volto. Velocemente noto il padre, padrone della situazione, in ginocchio davanti al bambino, ma la mia attenzione è catturata subito dalla donna, che è in piedi, oltre il bambino, quindi è un po’ distante da me: piange, urla spaventata, trema.

Con una naturale propensione, mi alzo, mi avvicino a lei e, mentre io le tendo la mano, lei me l’afferra, e guardandomi in modo implorante dice “aiutami!”. Sembra una bambina, completamente disarmata. Provo una tenerezza infinita.

La guardo fissa negli occhi e con calma la invito a respirare insieme a me, di farlo più lentamente, e l’ho percepito che si stava affidando, tanto che ho iniziato a sentire la mano meno serrata, ma comunque piena nella presa alla mia. Le dico, con voce posata, che ora è importante stare calma per suo figlio -che nel frattempo avevo scorto avesse riaperto gli occhi e che era lì accudito dal padre-, le dico che lui ha bisogno di lei in quel momento e che non è sola, ci sono io lì con lei. Mi ha fatto cenno con la testa di aver capito.

C’era un posto libero vicino a suo figlio, le chiedo se vuole sedersi. Lo fa e, nel mentre, continua a tenermi la mano. Resto in piedi, accanto a lei, e inizio anche ad accarezzarle la testa.

Come si siede, vedo quell’uomo, che davvero in quel momento stava impersonificando il ruolo del padre e del marito: da padre, lo ascolto che parla al figlio, con voce pacata e ferma; lo vedo che lo osserva attento e, inoltre, per stimolarlo al dialogo, sento che gli propone una Coca-Cola. Nel mentre, da marito, tiene la mano sul ginocchio di sua moglie e la rassicurava dicendole “guardalo, le labbra stanno riprendendo colore, sono rosse, tranquilla”.

Lì in quel momento c’era un UOMO: fermo, calmo, presente in tutti i modi in cui fosse possibile esserlo.

Arriva la loro fermata. Questo Papà e Marito, prende il bambino in braccio e dice a sua moglie “dai, andiamo a prendere una coca cola tutti insieme”. Lei si alza. Mi guarda. Mi ringrazia. Lui la chiama per nome e ripete, sempre con voce ferma e calma, guardandola dritta negli occhi, “andiamo, la Coca cola ci aspetta”. Lei lo raggiunge. Escono dalla metropolitana. Li vedo allontanarsi, mentre la metro riparte.

Ecco.

Oggi ti dono questo: l’immagine di una FAMIGLIA in un momento di crisi gestito con AMORE.

File: Famiglia

.
________________________
Francesca Di Donato – Psicologa
Psicologia clinica, dinamica e della salute – percorsi individuali, di coppia e in gruppo: in presenza e online
Formatore e Supervisore: in presenza e online

Tieni il tempo. Francesca Di Donato

4 anni ago · · 0 comments

Tieni il tempo. Francesca Di Donato

Prenditi il miglior tempo possibile per gestire le tue cose.
Concediti di fare e anche di stare.
Di sbagliare e di respirare.
Il tempo è solo una tenace illusione.

Godi del tuo tempo.

 

________________________
Francesca Di Donato – Psicologa
Psicologia clinica, dinamica e della salute – percorsi individuali, di coppia e in gruppo: in presenza e online
Formatore e Supervisore: in presenza e online

Massima assunzione di responsabilità. Francesca Di Donato

4 anni ago · · 0 comments

Massima assunzione di responsabilità. Francesca Di Donato

Nei circuiti di addestramento dei Navy Seal uno degli allenamenti prevede di coinvolgere l’esercizio degli addominali con l’aggiunta di un tronco unico tenuto dall’intera fila di militari. (Oppure sollevare tronchi.) Quella che sembra essere di per sé una forzatura del training fisico in sé, ha invece un senso: andare giù e su con un NOTEVOLE PESO che li unisce allo scopo di addestrarli a VINCERE INSIEME.
Se due o tre mollano, SCARICANDO IL PESO – simbolicamente e non- SUGLI ALTRI, l’obiettivo è perso.

Si allena, dunque, ognuno alla MASSIMA ASSUNZIONE DI RESPONSABILITA’ PERSONALE, con tutto l’onere, l’onore e il potere che ne deriva.
Responsabilità non è colpa, è POTERE.

________________________
Francesca Di Donato – Psicologa
Psicologia clinica, dinamica e della salute – percorsi individuali, di coppia e in gruppo: in presenza e online
Formatore e Supervisore: in presenza e online

Raccontami papà. Tratto da una storia vera. Francesca Di Donato

4 anni ago · · 0 comments

Raccontami papà. Tratto da una storia vera. Francesca Di Donato

Nonno Carlo è morto quando avevo sei anni.

Era il padre di mio padre.

Il giorno dei funerali, mi portarono a casa di Nonno Gennaro e Nonna Rosina, i genitori di mia madre, così che non presenziassi a un momento troppo difficile da sublimare per una bambina di soli sei anni.

Quando rientrai, a pomeriggio inoltrato, trovai mio padre sdraiato di sbieco, con le scarpe penzoloni fuori dal letto, vestito di scuro.
Vedendomi mi accolse dicendo: “Oggi mio padre è morto. E tu non c’eri.”

Forse neppure ricorda, oggi, di avermi detto questa cosa. Io, però, me la sono portata appresso.
Mi riecheggiava dentro come un severissimo, immeritato rimprovero: che cosa potevo sapere io della morte a sei anni?

Poi, qualche sera fa, sotto la doccia, un guizzo improvviso. Il giorno della morte di Nonno Carlo, mio padre aveva trentadue anni. Appena tre in più rispetto a quanti ne ho io adesso. 

Nell’immaginazione dei figli, i genitori sono sempre stati adulti, sono nati grandi.

Per me, mio padre ha sempre avuto cinquantacinque anni, come oggi.  Anche quando ne aveva venti. O ventisei. O trentadue. Quasi che non riuscissi a vedere l’uomo dietro il padre, o la ragazza prima che diventasse mamma.

Perché immaginarli giovani significa vederli umani, ammettere che non sono infallibili, che possono cadere, sbagliare, persino morire: un figlio fa fatica a perdonarle, certe umanità.

Solo adesso capisco che mio padre perdeva suo padre mentre imparava a diventare mio padre.
E quel “Tu non c’eri” non era un rimprovero: era il suo modo per aggrapparsi a me, alla persona più importante della sua vita, mentre un altro pezzo di vita veniva dato alla terra e alla polvere. Perciò, quando tornerò a casa, mi siederò a tavola e dirò a mia madre e a mio padre: “Raccontatemi chi siete”.
E’ l’unico vero proposito che ho per il nuovo anno. E per quelli futuri. 

Raccontami papà

________________________
Francesca Di Donato – Psicologa
Psicologia clinica, dinamica e della salute – percorsi individuali, di coppia e in gruppo: in presenza e online
Formatore e Supervisore: in presenza e online

Rivalutazione del giudizio. Francesca Di Donato

4 anni ago · · 0 comments

Rivalutazione del giudizio. Francesca Di Donato

C’era una volta, tanto tempo fa, qualcuno che disse che giudicare era sbagliato e da quel momento i più, pur continuando a farlo, iniziarono a puntare il dito su chiunque osasse infliggergli tale tortura. 

Ma diciamoci la verità: forse, se il giudizio venisse meno demonizzato, lo temeremo di meno.
È un po’ come i nostri fantasmi interiori: ci spaventano perché non li conosciamo, non siamo educati a essi e non perché siano di per sé terrifici o sbagliati.

Ne consegue che se cresciamo con l’idea che il giudizio è sbagliato, ovviamente passeremo la vita a difenderci da esso, invece di prenderlo per ciò che è.

Ciò che pensano gli altri di me, dei miei comportamenti, delle mie scelte in realtà non è affar mio; così come non è affar tuo ciò che qualcuno pensa di te, dei tuoi comportamenti o delle tue scelte.

Un giudizio espresso da una o più persone non riguarda me, a meno che non sia io a mettermi in condizione di farmi coinvolgere.

Quello che gli altri pensano riflette il loro personalissimo modo di vedere le cose, eppure, nel sentirlo rivolto a te quel pensiero, spesso, ti senti ferito, triste, arrabbiato, offeso…: se accade è solo perché quel giudizio esterno altro non è che un’eco del tuo giudizio interno, altrimenti quelle parole non avrebbero alcun potere su di te. 

Il giudizio colpisce la parte vulnerabile di un’autostima incerta, di un’indulgenza e/o di un’accettazione mancata.
E siccome non lo si sa gestire allora si è assunta la decisione collettiva che sia sbagliato farlo.

Allo stesso modo del giudizio, anche davanti all’osservazione più costruttiva tra tutte potremmo sentirci feriti, se quell’osservazione tocca un nostro nervo scoperto.

Se è opportuno sospendere il giudizio -e ribadisco sospendere e non annullare- non è perché esso sia il male, perché non lo è, ma è perché l’altro è più facile si chiuda, difendendosi o attaccando a sua volta, se ne riceve uno. È più un atto preventivo, che lenitivo.

Il problema, quindi, non sono i giudizi in sé, semmai è l’intento che c’è dietro a un giudizio, se è quello di ferirti, di farti del male… ma a quel punto non è il giudizio che va allontanato, è la persona.
E, ancora, il problema non è il giudizio in sé, ma se quel giudizio parla di una parte che neghi a te stesso.
Allora, forse, è il caso di chiederti scusa. 

________________________
Francesca Di Donato – Psicologa
Psicologia clinica, dinamica e della salute – percorsi individuali, di coppia e in gruppo: in presenza e online
Formatore e Supervisore: in presenza e online

error: Content is protected !!