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2 anni ago · · 0 comments

Copione di vita: il potere in quello che reciti e in quello che scrivi. Francesca Di Donato

Parliamoci chiaro.
Anche quando fai di tutto per fare la comparsa o per restare dietro le quinte di un palcoscenico condiviso, sei e resti protagonista della TUA vita e, al di là di cosa tu stia facendo o stia evitando di fare, buona parte del copione è scritto per mano tua, e lo stili in prima persona anche tutte quelle volte in cui riprendi, più o meno inconsapevolmente, recitandoli passo passo, stralci di sceneggiatura scritti da altri sul tuo conto e sul mondo più prossimo che ti circonda.

Questa te la offro come possibile lettura, non come verità; come visione alternativa potenziante, non come dogma.
Questo a me ricorda che, in un modo o nell’altro, ho sempre un margine più o meno grande di volontà e azione da esercitare.

Lo percepisco come un processo.

Ci credo, come poc’anzi scritto, e aggiungo che ho anche voglia di crederlo, scelgo di crederlo, perché l’idea dell’impotenza, della deresponsabilizzazione, del vittimismo passato come condizioni a cui arrendersi passivamente non sono utili alla vita che sto vivendo, alla vita che intendo vivere.
Non risponde ai miei valori.
Vale per me ovviamente e, ora, la offro a te come spunto di riflessione.

Sai perché sollevo la questione?
Perché buona parte dei benpensanti di nuova generazione tacciano di “colpevolizzazione” o di estremismo filomotivazionale qualunque contenuto stia lì a ricordarti che hai un ruolo e un potere da esercitare e che stai agendo nella tua vita.
E chi si fa portavoce di queste narrazioni, seppur talvolta sia mosso dalle migliori intenzioni, non si accorge che rischia di sottrarre potere, autodeterminazione, autostima, autoefficacia e di rinforzare un atteggiamento indelebile di resa.
Anche perché avere potere e riconoscersi di giocare sempre, nel bene e nel male, un ruolo non vuol dire affatto vincere tutte le battaglie, raggiungere sempre massimi risultati o fare proprio qualunque obiettivo.
Né tantomeno significa che qualunque cosa o circostanza o risultato dipenda completamente da te o da me o da chicchessia.
Non si tratta neppure di avere delle colpe o che l’intento di qualcuno sia colpevolizzarti.
Anzi.

Chi riesce a riconoscersi fino in fondo questo potere, a mio avviso, se ne frega di rispondere a chissà quale standard e di perseguire 12 fatidiche fatiche per espiare chissà quale colpa.
Chi si riconosce questo potere mette in conto l’errore, la fatica, il fallimento, l’abbrutimento, lo sconforto, la sconfitta, la resa o che qualcosa possa superare -per frequenza, intensità, peso o mole- le proprie capacità di risposta.
Li mette in conto, ma non come condizioni statiche, perpetue che avviliscono e depotenziano.
Le mette in conto come fasi, passaggi, condizioni temporanee che fanno parte della vita e dell’essere umano che, in quanto tale, è capace talvolta o spesso, a seconda dei casi, perfino di usare i propri poteri contro se stesso.

D’altronde siamo fatti della stessa sostanza dei sogni: imperfetti, criptici, allegorici, dispiegati tra il latente e il manifesto.
Tutta la psiche umana, nel suo soffio vitale e corporeo, non è altro che questo.

E se non credessi in ciò, potrei mai fare il lavoro che faccio? La risposta per me è assolutamente no.
Ogni volta che lavoro con qualcuno, che sia per lo svincolo, per l’elaborazione, per la riconciliazione, per la crescita, per il cambiamento, per l’ascesa e la discesa verso se stesso, non faccio altro che individuare e evidenziare, affinché emerga e si espliciti, proprio questo nucleo di potere e, nel mentre, cerco le tracce delle orme lasciate indietro e illumino i passi che muove man mano lungo la sua via.

Di che altro si nutre, altrimenti, questo lavoro?!

Tutto questo per dire semplicemente che esistono tante letture quante sono le persone capaci di esprimerle e che l’unica cosa che conta è assicurarsi che si stia vivendo nella propria narrazione e non in quella offerta e generalizzata da qualcun altro.
Dal canto mio, ritengo ci sia un posto meraviglioso che merita di essere vissuto e che sta nel mezzo tra il “te la sei cercata” e il “sei la vittima”, uscendo fuori da questa dicotomia tossica.
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Francesca Di Donato – Psicologa
Psicologia clinica, dinamica e della salute – percorsi individuali, di coppia e in gruppo: in presenza e online
Formatore e Supervisore: in presenza e online – SCUOLA DI PSICOLOGIA lo psicologo è colui che aiuta l’altro a curarsi

Categories: Diario di bordo

Francesca Di Donato - Psicologa

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