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4 anni ago · · 0 comments

Sultano saggio

C’era una volta un Sultano che si trovò improvvisamente senza il suo fedele contabile.
Egli morì inaspettatamente, lasciando al sultano un inestimabile tesoro da gestire.
Dopo aver preso consiglio dai ministri, il sultano mandò i suoi i banditori alla ricerca di un nuovo amministratore per la sua ricchezza.
Si presentarono diverse persone e furono condotte al cospetto del sultano.
Il sultano li condusse di persona alla camera del tesoro e li lasciò soli per qualche minuto.
Successivamente il sultano richiamò gli aspiranti, batté le mani e fece entrare i musici. Quindi si rivolse agli aspiranti contabili e disse loro: “Su, ballate!”

Tutti gli aspiranti ballavano male, con le braccia strette al petto e muovendosi lentamente: solo uno di essi saltava e danzava mostrando vigore e piacere per ciò che stava facendo. Osservata la scena, il sultano chiamò i ministri e le guardie, e disse a quello che ballava: “Tu sarai il mio nuovo contabile, in quanto a loro -indicando gli altri aspiranti – che vengano decapitati!”

Il vizir del sultano chiese allora: “Come mai è questa la vostra scelta, mio sultano?”
Ed egli rispose: “Vedi, mio fedele vizir, questi uomini hanno rubato l’oro dalla camera dove li ho lasciati: per questo mentre ballavano avevano paura che le monete nascoste cadessero.”

Poi indicò il nuovo contabile e aggiunse: “Quest’uomo invece è stato fedele e onesto, non ha rubato: infatti lui ballava sciolto, poiché non aveva nulla che gli recasse impedimento.”

Sultano saggio

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Francesca Di Donato – Psicologa
Psicologia clinica, dinamica e della salute – percorsi individuali, di coppia e in gruppo: in presenza e online
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4 anni ago · · 0 comments

I tre setacci

Socrate aveva una grande reputazione di saggezza.

Un giorno venne qualcuno a trovare il grande filosofo, e gli disse: “Sai cosa ho appena sentito sul tuo amico?”
– “Un momento”, rispose Socrate, “Prima che me lo racconti, vorrei farti un test, quello dei tre setacci.”
– “I tre setacci?”
– “Ma sì”, continuò Socrate,“Prima di raccontare ogni cosa sugli altri, è bene prendere il tempo di filtrare ciò che si vorrebbe dire. Lo chiamo il test dei tre setacci.

Il primo setaccio è la verità.
-Hai verificato se quello che mi dirai è vero?”
– “No, ne ho solo sentito parlare.”
– “Molto bene. Quindi non sai se è la verità.

Continuiamo col secondo setaccio, quello della bontà.
– Quello che vuoi dirmi sul mio amico, è qualcosa di buono?”
– “Ah no! Al contrario.”
– “Dunque”, continuò Socrate, “Vuoi raccontarmi brutte cose su di lui e non sei nemmeno certo che siano vere.

Forse puoi ancora passare il test, rimane il terzo setaccio, quello dell’utilità.
– È utile che io sappia cosa mi avrebbe fatto questo amico?”
– “No, davvero.”
– “Allora”, concluse Socrate, “se ciò che volevi raccontarmi non è né vero, né buono, né utile, io preferisco non saperlo e consiglio a te di dimenticarlo”.

I tre setacci

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4 anni ago · · 0 comments

I due lupi

Un anziano e saggio indiano, forse Apache o forse Hopi, per educare i suoi nipoti, raccontò una storia: “Dentro di me infuria una lotta, è una lotta terribile fra due lupi.
Un lupo rappresenta la paura, la rabbia, l’invidia, il dolore, il rimorso, l’avidità, l’arroganza, l’autocommiserazione, il senso di colpa, il rancore, il senso d’inferiorità, il mentire, la vanagloria, la rivalità, il senso di superiorità e l’egoismo.
L’altro lupo rappresenta la gioia, la pace, l’amore, la speranza, il condividere, la serenità, l’umiltà, la gentilezza, l’amicizia, la compassione, la generosità, la sincerità e la fiducia.
La stessa lotta si sta svolgendo dentro di voi e anche dentro ogni altra persona.”

I nipoti rifletterono su queste parole per un po’ e poi uno di essi chiese: “Quale dei due vincerà?”

L’anziano rispose semplicemente: “Quello che nutri”.

I due lupi

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4 anni ago · · 0 comments

Festa al castello

Il villaggio ai piedi del castello fu svegliato dalla voce dell’araldo del castellano che leggeva un proclama nella piazza: “Il nostro signore beneamato invita tutti i suoi buoni fedeli sudditi a partecipare alla festa del suo compleanno. Ognuno riceverà una piacevole sorpresa.”

Domanda però a tutti un piccolo favore: chi partecipa alla festa abbia la gentilezza di portare un po’ d’acqua per riempire la riserva del castello che è vuota.” L’araldo ripeté più volte il proclama, poi fece dietrofront e scortato dalle guardie ritornò al castello.

Nel villaggio scoppiarono i commenti più diversi:
– “Bah! E’ il solito tiranno! Ha abbastanza servitori per farsi riempire il serbatoio. Io porterò un bicchiere d’acqua, e sarà abbastanza!”
– “Ma no! E’ sempre stato buono e generoso! Io ne porterò un barile!”
– “Io un ditale!”
-“Io una botte!”

Il mattino della festa si vide uno strano corteo salire al castello. Alcuni spingevano con tutte le loro forze grossi barili o ansimavano portando grossi secchi colmi d’acqua. Altri, sbeffeggiando i compagni di strada, portavano piccole caraffe o un bicchierino su un vassoio.

La processione entrò nel cortile del castello.
Ognuno vuotava il proprio recipiente nella grande vasca, lo posava in un angolo e poi si avviava pieno di gioia verso la sala del banchetto.
Arrosti e vino, danze e canti si succedettero, finché verso sera il signore del castello ringraziò tutti con parole gentili e si ritirò nei suoi appartamenti.

-“E la sorpresa promessa?”, brontolarono alcuni con disappunto e delusione.
Altri dimostravano una gioia soddisfatta: “Il nostro signore ci ha regalato la più magnifica delle feste!”.
Ciascuno, prima di ripartire, passò a riprendersi il recipiente. Esplosero allora delle grida che si intensificarono rapidamente. Esclamazioni di gioia o di rabbia.

I recipienti erano stati riempiti fino all’orlo di monete d’oro! “Ah! Se avessi portato più acqua”.

Festa al castello

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4 anni ago · · 0 comments

I tre ostacoli

Un giorno un Maestro accolse tre candidati che volevano diventare suoi discepoli.

Al primo incontro il Maestro iniziò a comportarsi in modo eccentrico a tavola, facendo discorsi assurdi e avendo atteggiamenti strani.
Disse anche talune parolacce e mangiò il suo cibo con le mani, asciugandosi la bocca al polsino della camicia.

Uno di questi tre discepoli se ne andò, scandalizzato di questo atteggiamento.

Il secondo fu avvisato dai discepoli anziani (istruiti così dal Maestro) che questi era un truffatore, che si stavano organizzando per fargliela pagare e che lui doveva stare ben attento a fidarsi di un uomo così.

Anche il secondo uscì dal gruppo.

Al terzo il Maestro proibì categoricamente di prendere la parola ogni volta che la chiedeva e di porre qualsiasi tipo di domande.

Anche il terzo se ne andò, sdegnato ed offeso.

Quando il Maestro fu solo con i suoi allievi disse: “Il comportamento di coloro che se ne sono andati illustra tre validi concetti”.
“Il primo: non giudicare a prima vista”.
“Il secondo: non giudicare cose di grande importanza da ciò che dicono gli altri”.
“Il terzo non fare della tua percezione di stima e apprezzamento altrui il metro per il tuo giudizio su di loro”.

I tre ostacoli

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La parabola del re

Un giorno il Gran Re di Persia bandì un concorso fra tutti gli artisti del suo vasto impero.

Una somma enorme sarebbe andata in premio a chi fosse riuscito a fare il ritratto più somigliante del Re.

Giunse per primo Manday l’indù, con meravigliosi colori di cui lui solo conosceva il segreto; quindi Aznavor l’armeno, portando una creta speciale; poi Wokiti l’egiziano, con scalpelli e ceselli mai visti e bellissimi blocchi di marmo.

Infine, per ultimo, si presentò Stratos il greco, munito soltanto di un sacchetto di polvere.

I dignitari di corte si mostrarono indispettiti per l’esiguità del materiale portato da Stratos il greco.

Gli altri artisti sogghignavano: “Che cosa può fare il greco con quel misero sacchetto di polvere?”.

Tutti i partecipanti al concorso furono rinchiusi per varie settimane nelle sale del palazzo reale. Una sala per ogni artista.

Nel giorno stabilito, il Re cominciò a esaminare le opere degli artisti. Ammirò i meravigliosi dipinti dell’indù, i modelli in creta colorata dell’armeno e le statue dell’egiziano.

Poi entrò nella sala riservata a Stratos il greco. Sembrava che non avesse fatto niente: con la sua polvere minuta, si era limitato a smerigliare, levigare e lucidare la parete di marmo della sala.
Quando il Re entrò poté contemplare la sua immagine perfettamente riflessa su quel marmo tirato a lucido.

Naturalmente, Stratos vinse il concorso.
Solo uno specchio poteva soddisfare pienamente il Re.

La parabola del re

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Forse

Un antichissimo racconto Cinese taoista narra di un contadino che viveva in un povero villaggio di campagna. Egli era considerato molto ricco perché possedeva un cavallo per arare la terra e per trasportare oggetti. Un giorno il cavallo scappò e tutti i vicini esclamarono: “Che disgrazia!”; il contadino disse semplicemente: “Forse”.

Alcuni giorni dopo il cavallo ritornò, portandosene dietro altri due e tutti i vicini si rallegrarono della buona fortuna del contadino, ma egli disse semplicemente: “Forse”.

Il giorno seguente, il figlio del contadino cercò di salire in groppa a uno dei due cavalli selvaggi; il cavallo lo fece cadere e il ragazzo si ruppe una gamba. Tutti i vicini manifestarono nuovamente al contadino il loro dispiacere per la disgrazia che gli era toccata, ma nuovamente il contadino disse: “Forse”.

La settimana successiva, vennero al villaggio dei funzionari governativi in cerca di uomini da mandare sotto le armi. Costoro scartarono il figlio del contadino, perché aveva una gamba rotta, quando i vicini si rallegrarono della sua fortuna, il contadino disse: “Forse”.

Continua tu la storia…

Forse

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La pietra azzurra

Il gioiellerie era seduto alla scrivania e guardava distrattamente la strada attraverso la vetrina del suo elegante negozio.

Una bambina si avvicinò al negozio e schiacciò il naso contro la vetrina. I suoi occhi color del cielo si illuminarono quando videro uno degli oggetti esposti.
Entrò decisa e puntò il dito verso uno splendido collier di turchesi azzurri: “È per mia sorella. Può farmi un bel pacchetto regalo?”.

Il padrone del negozio fissò incredulo la piccola cliente e le chiese: “Quanti soldi hai?”. Senza esitare, la bambina, alzandosi in punta di piedi, mise sul banco una scatola di latta, la aprì e la svuotò. Né vennero fuori qualche biglietto di piccolo taglio, una manciata di monete, alcune conchiglie, qualche figurina.
“Bastano?” disse con orgoglio. “Voglio fare un regalo a mia sorella più grande. Da quando non c’è più la nostra mamma, è lei che ci fa da mamma e non ha mai un secondo di tempo per se stessa. Oggi è il suo compleanno e sono certa che con questo regalo la farò molto felice. Questa pietra ha lo stesso colore dei suoi occhi”.

L’uomo entra nel retro e ne riemerge con una stupenda carta regalo rossa e oro con cui avvolge con cura l’astuccio. “Prendilo” disse alla bambina. “Portalo con attenzione”.

La bambina partì orgogliosa tenendo il pacchetto in mano come un trofeo. Un’ora dopo entrò nella gioielleria una bella ragazza con la chioma color miele e due meravigliosi occhi azzurri. Posò con decisione sul banco il pacchetto che con tanta cura il gioiellerie aveva confezionato e domandò: “Questa collana è stata comprata qui?”.
– “Si signorina”.
– “E quanto è costata?”.
– “I prezzi praticati nel mio negozio sono confidenziali: riguardano solo il mio cliente e me”.
-“Ma mia sorella aveva solo pochi spiccioli. Non avrebbe mai potuto pagare un collier come questo!”.

Il gioiellerie prese l’astuccio, lo chiuse con il suo prezioso contenuto, rifece con cura il pacchetto regalo e lo consegnò alla ragazza. “Sua sorella ha pagato. Ha pagato il prezzo più alto che chiunque possa pagare: ha dato tutto quello che aveva”.

La pietra azzurra

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Una pietra in regalo

Una donna saggia che viaggiava attraverso le montagne trovò una pietra preziosa in un ruscello.
Il giorno dopo trovò un altro viaggiatore che stava morendo di fame e la donna saggia aprì la borsa per condividere il suo pasto.

L’affamato viaggiatore vide la pietra preziosa e chiese alla donna se gliela dava.
La donna lo fece senza esitare.
Il viaggiatore partì, compiacendosi della sua buona fortuna: sapeva che la pietra valeva sufficientemente per dargli sicurezza per tutta la vita.

Ma qualche giorno più tardi tornò a restituire la pietra alla donna saggia: “Ho riflettuto” disse “sul valore della pietra, ma te la restituisco con la speranza che tu mi possa dare qualcosa di ancora più prezioso”.

Poi aggiunse: “Dammi quello che hai dentro di te; ciò che ti ha permesso di regalarmi la pietra”.

Una pietra in regalo

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I sei ciechi e l’elefante

C’era una volta un villaggio i cui abitanti erano tutti ciechi.
Un giorno un principe straniero, che viaggiava sopra un elefante, si fermò davanti alle mura di questo villaggio, per una sosta durante il suo tragitto.

Tra gli abitanti si diffuse la voce della presenza del principe e di un animale straordinario, che essi non conoscevano. Così i cittadini decisero di inviare sei persone ad accogliere il principe e a toccare l’elefante, così che poi avrebbero potuto descriverlo a tutti gli altri.

Al loro ritorno, i sei ciechi furono accolti con impazienza e curiosità.

– Il primo disse che un elefante è come un enorme ventaglio rugoso. Aveva toccato le orecchie.
– “Assolutamente no” intervenne il secondo “perché è come un paio di lunghe ossa.” Egli aveva toccato le zanne.
– “Ma proprio per niente!” esclamò il terzo “Un elefante assomiglia ad una grossa corda.” Aveva toccato la proboscide.
– “Ma cosa state dicendo? Piuttosto è compatto come un tronco d’albero!” replicò il quarto cieco, che aveva toccato le zampe dell’elefante.
– “Non capisco di cosa state parlando” gridò il quinto cieco “l’animale assomiglia ad un muro che respira.” Questi gli aveva gli toccato i fianchi.
– Il sesto sentenziò fermamente “Non è vero nulla di tutto questo: un elefante è come una lunga e robusta fune.” Aveva toccato la coda.

Così i sei ciechi iniziarono a litigare, presi tutti dall’affermare ciò che avevano toccato. Attirato dalle urla, il principe rimase in ascolto e, comprendendo che quella situazione era destinata a protrarsi, prese la parola e disse: “Voi tutti dite una verità. Ognuno di voi sa cosa ha sentito ed è sicuro di ciò che ha toccato con mano. Ma l’esperienza che racconta è solo una parte. Se volete cogliere la verità dell’altro, sarà necessario sperimentare l’esperienza mettendovi al suo posto”

I sei chiechi e l’elefante

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