4 anni ago · Francesca Di Donato - Psicologa · 0 comments
Rivalutazione del giudizio. Francesca Di Donato
C’era una volta, tanto tempo fa, qualcuno che disse che giudicare era sbagliato e da quel momento i più, pur continuando a farlo, iniziarono a puntare il dito su chiunque osasse infliggergli tale tortura.
Ma diciamoci la verità: forse, se il giudizio venisse meno demonizzato, lo temeremo di meno.
È un po’ come i nostri fantasmi interiori: ci spaventano perché non li conosciamo, non siamo educati a essi e non perché siano di per sé terrifici o sbagliati.
Ne consegue che se cresciamo con l’idea che il giudizio è sbagliato, ovviamente passeremo la vita a difenderci da esso, invece di prenderlo per ciò che è.
Ciò che pensano gli altri di me, dei miei comportamenti, delle mie scelte in realtà non è affar mio; così come non è affar tuo ciò che qualcuno pensa di te, dei tuoi comportamenti o delle tue scelte.
Un giudizio espresso da una o più persone non riguarda me, a meno che non sia io a mettermi in condizione di farmi coinvolgere.
Quello che gli altri pensano riflette il loro personalissimo modo di vedere le cose, eppure, nel sentirlo rivolto a te quel pensiero, spesso, ti senti ferito, triste, arrabbiato, offeso…: se accade è solo perché quel giudizio esterno altro non è che un’eco del tuo giudizio interno, altrimenti quelle parole non avrebbero alcun potere su di te.
Il giudizio colpisce la parte vulnerabile di un’autostima incerta, di un’indulgenza e/o di un’accettazione mancata.
E siccome non lo si sa gestire allora si è assunta la decisione collettiva che sia sbagliato farlo.
Allo stesso modo del giudizio, anche davanti all’osservazione più costruttiva tra tutte potremmo sentirci feriti, se quell’osservazione tocca un nostro nervo scoperto.
Se è opportuno sospendere il giudizio -e ribadisco sospendere e non annullare- non è perché esso sia il male, perché non lo è, ma è perché l’altro è più facile si chiuda, difendendosi o attaccando a sua volta, se ne riceve uno. È più un atto preventivo, che lenitivo.
Il problema, quindi, non sono i giudizi in sé, semmai è l’intento che c’è dietro a un giudizio, se è quello di ferirti, di farti del male… ma a quel punto non è il giudizio che va allontanato, è la persona.
E, ancora, il problema non è il giudizio in sé, ma se quel giudizio parla di una parte che neghi a te stesso.
Allora, forse, è il caso di chiederti scusa.
________________________
Francesca Di Donato – Psicologa
Psicologia clinica, dinamica e della salute – percorsi individuali, di coppia e in gruppo: in presenza e online
Formatore e Supervisore: in presenza e online