Fissa un appuntamento

L'Aquila colloqui in presenza e on line tramite Skype. Possibilità di colloqui a seduta singola.

Chiamami:
+39 328 28 38 399

Scrivimi una email:
didonato.francesca@live.it

5 anni ago · · 0 comments

Una pietra in regalo

Una donna saggia che viaggiava attraverso le montagne trovò una pietra preziosa in un ruscello.
Il giorno dopo trovò un altro viaggiatore che stava morendo di fame e la donna saggia aprì la borsa per condividere il suo pasto.

L’affamato viaggiatore vide la pietra preziosa e chiese alla donna se gliela dava.
La donna lo fece senza esitare.
Il viaggiatore partì, compiacendosi della sua buona fortuna: sapeva che la pietra valeva sufficientemente per dargli sicurezza per tutta la vita.

Ma qualche giorno più tardi tornò a restituire la pietra alla donna saggia: “Ho riflettuto” disse “sul valore della pietra, ma te la restituisco con la speranza che tu mi possa dare qualcosa di ancora più prezioso”.

Poi aggiunse: “Dammi quello che hai dentro di te; ciò che ti ha permesso di regalarmi la pietra”.

Una pietra in regalo

__________________________________
Francesca Di Donato – Psicologa
Psicologia clinica, dinamica e della salute – percorsi individuali, di coppia e in gruppo: in presenza e online
Formatore e Supervisore: in presenza e online

5 anni ago · · 0 comments

I sei ciechi e l’elefante

C’era una volta un villaggio i cui abitanti erano tutti ciechi.
Un giorno un principe straniero, che viaggiava sopra un elefante, si fermò davanti alle mura di questo villaggio, per una sosta durante il suo tragitto.

Tra gli abitanti si diffuse la voce della presenza del principe e di un animale straordinario, che essi non conoscevano. Così i cittadini decisero di inviare sei persone ad accogliere il principe e a toccare l’elefante, così che poi avrebbero potuto descriverlo a tutti gli altri.

Al loro ritorno, i sei ciechi furono accolti con impazienza e curiosità.

– Il primo disse che un elefante è come un enorme ventaglio rugoso. Aveva toccato le orecchie.
– “Assolutamente no” intervenne il secondo “perché è come un paio di lunghe ossa.” Egli aveva toccato le zanne.
– “Ma proprio per niente!” esclamò il terzo “Un elefante assomiglia ad una grossa corda.” Aveva toccato la proboscide.
– “Ma cosa state dicendo? Piuttosto è compatto come un tronco d’albero!” replicò il quarto cieco, che aveva toccato le zampe dell’elefante.
– “Non capisco di cosa state parlando” gridò il quinto cieco “l’animale assomiglia ad un muro che respira.” Questi gli aveva gli toccato i fianchi.
– Il sesto sentenziò fermamente “Non è vero nulla di tutto questo: un elefante è come una lunga e robusta fune.” Aveva toccato la coda.

Così i sei ciechi iniziarono a litigare, presi tutti dall’affermare ciò che avevano toccato. Attirato dalle urla, il principe rimase in ascolto e, comprendendo che quella situazione era destinata a protrarsi, prese la parola e disse: “Voi tutti dite una verità. Ognuno di voi sa cosa ha sentito ed è sicuro di ciò che ha toccato con mano. Ma l’esperienza che racconta è solo una parte. Se volete cogliere la verità dell’altro, sarà necessario sperimentare l’esperienza mettendovi al suo posto”

I sei chiechi e l’elefante

___________________________
Francesca Di Donato – Psicologa
Psicologia clinica, dinamica e della salute – percorsi individuali, di coppia e in gruppo: in presenza e online
Formatore e Supervisore: in presenza e online

5 anni ago · · 0 comments

La storia indiana degli specchi

Un uomo pieno di sé fece ricoprire di specchi le pareti e il soffitto della sua stanza più bella.
Spesso vi si rinchiudeva, contemplava la propria immagine, si ammirava minuziosamente: sopra, sotto, davanti, dietro.
Si sentiva tutto ringagliardito, pronto ad affrontare il mondo.
Un mattino, lasciò la stanza senza chiudere la porta. Vi entrò il suo cane che, vedendo gli altri cani, li annusò; dato che essi lo annusavano, ringhiò; dato che essi ringhiavano, li minacciò; dato che minacciavano, abbaiò avventandosi su di essi.
Fu una lotta spaventosa: le battaglie contro se stessi sono le più terribili che ci siano!
Il cane morì, sfinito.
Un asceta passava di là mentre il padrone del cane, desolato, faceva murare la porta della stanza degli specchi: “Questo luogo può insegnarti molto, lascialo aperto.” gli disse.
– “Cosa intendi dire?”
– “Il mondo è neutro quanto i tuoi specchi. A seconda che siamo ammirativi o ansiosi, esso ci rimanda ciò che gli diamo. Se sei felice il mondo lo è. Se sei inquieto, lo è anch’esso. Vi combattiamo incessantemente i nostri riflessi e moriamo nello scontro.
Questi specchi ti aiutino a capire: in ogni essere e in ogni istante, felice, facile o difficile, non vediamo né le persone né il mondo, ma la nostra sola immagine.
Se lo capisci, ogni paura, ogni rifiuto, ogni lotta ti abbandoneranno.”

La storia indiana degli specchi

__________________________________
Francesca Di Donato – Psicologa
Psicologia clinica, dinamica e della salute – percorsi individuali, di coppia e in gruppo: in presenza e online
Formatore e Supervisore: in presenza e online

L’uccello del malaugurio. Tratto da una storia vera. Francesca Di Donato

5 anni ago · · 0 comments

L’uccello del malaugurio. Tratto da una storia vera. Francesca Di Donato

Questa mattina mentre mi dirigevo verso la mia amata montagna in compagnia di un’amica e collega, improvvisamente un canto strano iniziò a muoversi verso e sopra di noi.
Una… due… tre.. quattro cornacchie… ecco un’altra cornacchia ancora, per strada, che saltella con un pochino di difficoltà.
Ho notato la cosa, ma senza dargli troppa importanza, perché l’attenzione era su quelle presenze e sul quel particolare suono.
Poco dopo, però, l’occhio è tornato sulla cornacchia che camminava sul ciglio della strada. Passa un’auto. Non vola. Cerca solo di ripararsi.
C’è qualcosa che non va. Da questo momento l’attenzione era tutta lì. Passa un’altra macchina. Riesce per fortuna a spostarsi vicino a un muretto che separa la strada dal giardino di una casa. Un muretto basso. Ok. Non riusciva a volare, era chiaro. Come mi muovo per poggiarla almeno per il muretto, noto di nuovo il canto degli uccelli in volo, stanno tutti su di lei. Waw una cosa straordinaria… ho immaginato fosse il richiamo per quel compagno bisognoso. Ne arrivano altri due dalla montagna, sempre nella nostra direzione.
Riesco ad afferrarla… piccolina… solo una volta ha provato ad allontanarsi, poi si è affidata.
L’ho messa sul muretto. ”Ecco, vola!
No, cavolo! Il volo è troppo basso. Non ce la fa.” La preoccupazione c’era. C’erano ancora gli altri a volare lì su di lei o balzando da un ramo all’altro.
Una scena emozionante. Commovente.
Persino incredibile, se penso che il primo pensiero balenato all’arrivo di quelle cornacchie è stata all’espressione “uccello del malaugurio”.
E, invece, mi hanno insegnato qualcosa e regalato un’emozione unica, oggi, quelle cornacchie.

Quando esci, osserva ciò che accade, guardati attorno: accadono cose meravigliose.

Francesca

L’uccello del malaugurio

__________________________________
Francesca Di Donato – Psicologa
Psicologia clinica, dinamica e della salute – percorsi individuali, di coppia e in gruppo: in presenza e online
Formatore e Supervisore: in presenza e online

5 anni ago · · 0 comments

Storia dell’uomo che cambiava umore di Jorge Bucay

C’era una volta un re molto potente che regnava in un paese lontano.

Era un buon re, ma aveva un problema: c’erano giorni in cui si svegliava esultante, euforico, felice.
Fin dal mattino quelle giornate gli parevano meravigliose. I giardini del suo palazzo gli parevano più belli. I servitori, per chi sa quale fenomeno, diventavano gentili ed efficienti. Durante la colazione ribadiva che nel suo regno si producevano le migliori farine e si raccoglievano i frutti migliori.

In quei giorni il re riduceva le tasse, distribuiva le ricchezze, concedeva favori e legiferava per la pace e il benessere.
In quei giorni il re soddisfaceva tutte le richieste che gli venivano rivolte da sudditi ed amici.

Purtroppo esistevano anche giorni diversi. Erano le giornate Nere.
Già al mattino si rendeva conto che avrebbe voluto dormire un po’ di più, ma quando se ne accorgeva ormai era troppo tardi e il sonno se ne era andato.
Per quanti sforzi facesse, non riusciva a capire come mai i suoi servitori fossero così di cattivo umore e non lo riverissero come si deve.
Il sole gli dava ancora più fastidio della pioggia! Il cibo era tiepido e il caffè troppo freddo. L’idea di ricevere visite nel suo gabinetto gli dava il mal di testa.

In quei giorni, il re pensava agli impegni presi in altri tempi, quando era di buon umore. ed era molto spaventato al pensiero di doverli mantenere. Sentiva di non farcela.
Erano i giorni in cui il re aumentava le imposte, confiscava terreni, imprigionava gli oppositori…
Timoroso del presente e del futuro, perseguitato dagli errori del passato, in quei giorni legiferava contro il suo popolo e la parola che usava di più era “NO”.

Consapevole dei problemi occasionati dai suoi cambiamenti di umore, il re convocò tutti i sapienti, i maghi e i consiglieri del regno.

“Signori!” disse loro “Tutti conoscete i miei mutamenti di animo, tutti hanno tratto beneficio dalle mie crisi euforiche e hanno dovuto subire le mie ire. Ma chi soffre di più sono io, perché ogni giorno devo disfare quello che ho fatto in un altro momento, quando vedevo le cose in un modo diverso. Signori, ho bisogno che lavoriate insieme per trovare un rimedio, sia bevanda sia formula magica, che mi impedisca di essere così assurdamente ottimista da non esser consapevole dei rischi e così ridicolmente pessimista da opprimere e danneggiare chi amo.”

I sapienti accettarono la sfida e per diverse settimane lavorarono al problema del re.
Eppure nessuna alchimia, nessuna stregoneria e nessun tipo di erba riuscirono a dare una risposta al problema. Allora i consiglieri si presentarono al cospetto del re e confessarono il loro fallimento.

Quella notte il re pianse.
La mattina seguente, un bizzarro visitatore chiese udienza.

“Maestà” disse l’uomo facendo una riverenza “nel luogo da dove provengo si parla dei tuoi mali e del tuo dolore. Sono venuto a portarti qui il rimedio.”
E chinando la testa porse al re un cofanetto di cuoio.

Il re, sorpreso e speranzoso, lo aprì e frugò nel cofanetto. Dentro c’era soltanto un anello d’argento. “Grazie” disse il re in preda all’entusiasmo. “E’ un anello magico?”

“Certamente!” rispose il viaggiatore “ma non basta portarlo al dito affinché la sua magia faccia effetto; ogni mattina, quando ti alzi, dovrai leggere l’iscrizione incisa sull’anello, e ricordare quelle parole ogni volta che vedrai l’anello al tuo dito”.

Il re prese l’anello e lesse ad alta voce: “Ricorda che anche questo passerà”

Storia dell’uomo che cambiava umore di Jorge Bucay

__________________________________
Francesca Di Donato – Psicologa
Psicologia clinica, dinamica e della salute – percorsi individuali, di coppia e in gruppo: in presenza e online
Formatore e Supervisore: in presenza e online

error: Content is protected !!