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5 anni ago · · 0 comments

Il cavallo e il fiume – Fiaba orientale

Un cavallino viveva nella stalla con la madre e non era mai uscito di casa, né si era mai allontanato dal suo fianco protettivo.
Un giorno la madre gli disse: “è ora che tu esca e che impari a fare piccole commissioni per me. Porta questo sacchetto di grano al mulino!”
Con il sacco sulla groppa, contento di rendersi utile, il puledro si mise a galoppare verso il mulino.
Ma dopo un po’ incontrò sul suo cammino un fiume gonfio d’acqua che fluiva gorgogliando. “Che cosa devo fare? Potrò attraversare?” Si fermò incerto sulla riva.
Non sapeva a chi chiedere consiglio. Si guardò intorno e vide un vecchio bue che brucava lì accanto.
Il cavallino si avvicinò e gli chiese: “Zio, posso attraversare il fiume?”
– “Certo, l’acqua non è profonda, mi arriva appena al ginocchio, vai tranquillo”.

Il cavallino si mise a galoppare verso il fiume, ma quando stava proprio sulla riva in procinto di attraversare, uno scoiattolo gli si avvicinò saltellando e gli disse tutto agitato: “Non passare, non passare! È pericoloso, rischi di annegare!”
– “Ma il fiume è così profondo?” chiese il cavallino confuso.
– “Certo, un amico ieri è annegato” raccontò lo scoiattolo con voce mesta.

Il cavallino non sapeva più a chi credere e decise di tornare a casa per chiedere consiglio alla madre: “Sono tornato perché l’acqua è molto profonda” disse imbarazzato “non posso attraversare il fiume”.
“Sei sicuro? Io penso invece che l’acqua sia poco profonda” replicò la madre. “È quello che mi ha detto il vecchio bue, ma lo scoiattolo insiste nel dire che il fiume è pericoloso e che ieri è annegato un suo amico”.
– “Allora l’acqua è profonda o poco profonda? Prova a pensarci con la tua testa”.
– “Veramente non ci ho pensato”.
– “Figlio mio, non devi ascoltare i consigli senza riflettere con la tua testa. Puoi arrivarci da solo. Il bue è grande e grosso e pensa naturalmente che il fiume sia poco profondo, mentre lo scoiattolo è così piccolo che può annegare anche in una pozzanghera e pensa che sia molto profondo”.

Dopo aver ascoltato le parole della madre, il cavallino si mise a galoppare verso il fiume sicuro di sé.
Quando lo scoiattolo lo vide con le zampe ormai dentro il fiume gli gridò: “Allora hai deciso di annegare?”
– “Voglio provare ad attraversare”.

E il cavallino scoprì che l’acqua del fiume non era né poco profonda come aveva detto il bue, né troppo profonda come aveva detto lo scoiattolo.

Il cavallo e il fiume

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Francesca Di Donato – Psicologa
Psicologia clinica, dinamica e della salute – percorsi individuali, di coppia e in gruppo: in presenza e online
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5 anni ago · · 0 comments

Un bambino e le stelle marine

Una tempesta terribile si abbatté sul mare. Lame affilate di vento gelido trafiggevano l’acqua e la sollevavano in ondate gigantesche che si abbattevano sulla spiaggia come colpi di maglio, o come vomeri d’acciaio aravano il fondo marino scaraventando le piccole bestiole del fondo, i crostacei e i piccoli molluschi, a decine di metri dal bordo del mare.
Quando la tempesta passò, rapida come era arrivata, l’acqua si placò e si ritirò. Ora la spiaggia era una distesa di fango in cui si contorcevano nell’agonia migliaia e migliaia di stelle marine. Erano tante che la spiaggia sembrava colorata di rosa.

Il fenomeno richiamò molta gente da tutte le parti della costa.  Le stelle marine erano quasi immobili. Stavano morendo. Tra la gente, tenuto per mano dal papà, c’era anche un bambino che fissava con gli occhi pieni di tristezza le piccole stelle di mare. Tutti stavano a guardare e nessuno faceva niente.

All’improvviso, il bambino lasciò la mano del papà, si tolse le scarpe e le calze e corse sulla spiaggia. Si chinò, raccolse con le piccole mani tre stelle del mare e, sempre correndo, le portò nell’acqua. Poi tornò indietro e ripeté l’operazione.

Dalla balaustrata di cemento, un uomo lo chiamò. “Ma che fai, ragazzino?”
– “Ributto in mare le stelle marine. Altrimenti muoiono tutte sulla spiaggia” rispose il bambino senza smettere di correre.
– “Ma ci sono migliaia di stelle marine su questa spiaggia: non puoi certo salvarle tutte. Sono troppe!” gridò l’uomo. “E questo succede su centinaia di altre spiagge lungo la costa! Non puoi cambiare le cose!”
Il bambino sorrise, si chinò a raccogliere un’altra stella di mare e gettandola in acqua rispose: “Ho cambiato le cose per questa qui”.
L’uomo rimase un attimo in silenzio, poi si chinò, si tolse scarpe e calze e scese in spiaggia. Cominciò a raccogliere stelle marine e a buttarle in acqua. Un istante dopo scesero due ragazze ed erano in quattro a buttare stelle marine nell’acqua. Qualche minuto dopo erano in cinquanta, poi cento, duecento, migliaia di persone che buttavano stelle di mare nell’acqua.
Così furono salvate tutte.

Qual è la morale della storia?

Un bambino e le stelle marine
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5 anni ago · · 0 comments

Sultano saggio

C’era una volta un Sultano che si trovò improvvisamente senza il suo fedele contabile.
Egli morì inaspettatamente, lasciando al sultano un inestimabile tesoro da gestire.
Dopo aver preso consiglio dai ministri, il sultano mandò i suoi i banditori alla ricerca di un nuovo amministratore per la sua ricchezza.
Si presentarono diverse persone e furono condotte al cospetto del sultano.
Il sultano li condusse di persona alla camera del tesoro e li lasciò soli per qualche minuto.
Successivamente il sultano richiamò gli aspiranti, batté le mani e fece entrare i musici. Quindi si rivolse agli aspiranti contabili e disse loro: “Su, ballate!”

Tutti gli aspiranti ballavano male, con le braccia strette al petto e muovendosi lentamente: solo uno di essi saltava e danzava mostrando vigore e piacere per ciò che stava facendo. Osservata la scena, il sultano chiamò i ministri e le guardie, e disse a quello che ballava: “Tu sarai il mio nuovo contabile, in quanto a loro -indicando gli altri aspiranti – che vengano decapitati!”

Il vizir del sultano chiese allora: “Come mai è questa la vostra scelta, mio sultano?”
Ed egli rispose: “Vedi, mio fedele vizir, questi uomini hanno rubato l’oro dalla camera dove li ho lasciati: per questo mentre ballavano avevano paura che le monete nascoste cadessero.”

Poi indicò il nuovo contabile e aggiunse: “Quest’uomo invece è stato fedele e onesto, non ha rubato: infatti lui ballava sciolto, poiché non aveva nulla che gli recasse impedimento.”

Sultano saggio

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5 anni ago · · 0 comments

I tre setacci

Socrate aveva una grande reputazione di saggezza.

Un giorno venne qualcuno a trovare il grande filosofo, e gli disse: “Sai cosa ho appena sentito sul tuo amico?”
– “Un momento”, rispose Socrate, “Prima che me lo racconti, vorrei farti un test, quello dei tre setacci.”
– “I tre setacci?”
– “Ma sì”, continuò Socrate,“Prima di raccontare ogni cosa sugli altri, è bene prendere il tempo di filtrare ciò che si vorrebbe dire. Lo chiamo il test dei tre setacci.

Il primo setaccio è la verità.
-Hai verificato se quello che mi dirai è vero?”
– “No, ne ho solo sentito parlare.”
– “Molto bene. Quindi non sai se è la verità.

Continuiamo col secondo setaccio, quello della bontà.
– Quello che vuoi dirmi sul mio amico, è qualcosa di buono?”
– “Ah no! Al contrario.”
– “Dunque”, continuò Socrate, “Vuoi raccontarmi brutte cose su di lui e non sei nemmeno certo che siano vere.

Forse puoi ancora passare il test, rimane il terzo setaccio, quello dell’utilità.
– È utile che io sappia cosa mi avrebbe fatto questo amico?”
– “No, davvero.”
– “Allora”, concluse Socrate, “se ciò che volevi raccontarmi non è né vero, né buono, né utile, io preferisco non saperlo e consiglio a te di dimenticarlo”.

I tre setacci

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I due lupi

Un anziano e saggio indiano, forse Apache o forse Hopi, per educare i suoi nipoti, raccontò una storia: “Dentro di me infuria una lotta, è una lotta terribile fra due lupi.
Un lupo rappresenta la paura, la rabbia, l’invidia, il dolore, il rimorso, l’avidità, l’arroganza, l’autocommiserazione, il senso di colpa, il rancore, il senso d’inferiorità, il mentire, la vanagloria, la rivalità, il senso di superiorità e l’egoismo.
L’altro lupo rappresenta la gioia, la pace, l’amore, la speranza, il condividere, la serenità, l’umiltà, la gentilezza, l’amicizia, la compassione, la generosità, la sincerità e la fiducia.
La stessa lotta si sta svolgendo dentro di voi e anche dentro ogni altra persona.”

I nipoti rifletterono su queste parole per un po’ e poi uno di essi chiese: “Quale dei due vincerà?”

L’anziano rispose semplicemente: “Quello che nutri”.

I due lupi

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Festa al castello

Il villaggio ai piedi del castello fu svegliato dalla voce dell’araldo del castellano che leggeva un proclama nella piazza: “Il nostro signore beneamato invita tutti i suoi buoni fedeli sudditi a partecipare alla festa del suo compleanno. Ognuno riceverà una piacevole sorpresa.”

Domanda però a tutti un piccolo favore: chi partecipa alla festa abbia la gentilezza di portare un po’ d’acqua per riempire la riserva del castello che è vuota.” L’araldo ripeté più volte il proclama, poi fece dietrofront e scortato dalle guardie ritornò al castello.

Nel villaggio scoppiarono i commenti più diversi:
– “Bah! E’ il solito tiranno! Ha abbastanza servitori per farsi riempire il serbatoio. Io porterò un bicchiere d’acqua, e sarà abbastanza!”
– “Ma no! E’ sempre stato buono e generoso! Io ne porterò un barile!”
– “Io un ditale!”
-“Io una botte!”

Il mattino della festa si vide uno strano corteo salire al castello. Alcuni spingevano con tutte le loro forze grossi barili o ansimavano portando grossi secchi colmi d’acqua. Altri, sbeffeggiando i compagni di strada, portavano piccole caraffe o un bicchierino su un vassoio.

La processione entrò nel cortile del castello.
Ognuno vuotava il proprio recipiente nella grande vasca, lo posava in un angolo e poi si avviava pieno di gioia verso la sala del banchetto.
Arrosti e vino, danze e canti si succedettero, finché verso sera il signore del castello ringraziò tutti con parole gentili e si ritirò nei suoi appartamenti.

-“E la sorpresa promessa?”, brontolarono alcuni con disappunto e delusione.
Altri dimostravano una gioia soddisfatta: “Il nostro signore ci ha regalato la più magnifica delle feste!”.
Ciascuno, prima di ripartire, passò a riprendersi il recipiente. Esplosero allora delle grida che si intensificarono rapidamente. Esclamazioni di gioia o di rabbia.

I recipienti erano stati riempiti fino all’orlo di monete d’oro! “Ah! Se avessi portato più acqua”.

Festa al castello

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I tre ostacoli

Un giorno un Maestro accolse tre candidati che volevano diventare suoi discepoli.

Al primo incontro il Maestro iniziò a comportarsi in modo eccentrico a tavola, facendo discorsi assurdi e avendo atteggiamenti strani.
Disse anche talune parolacce e mangiò il suo cibo con le mani, asciugandosi la bocca al polsino della camicia.

Uno di questi tre discepoli se ne andò, scandalizzato di questo atteggiamento.

Il secondo fu avvisato dai discepoli anziani (istruiti così dal Maestro) che questi era un truffatore, che si stavano organizzando per fargliela pagare e che lui doveva stare ben attento a fidarsi di un uomo così.

Anche il secondo uscì dal gruppo.

Al terzo il Maestro proibì categoricamente di prendere la parola ogni volta che la chiedeva e di porre qualsiasi tipo di domande.

Anche il terzo se ne andò, sdegnato ed offeso.

Quando il Maestro fu solo con i suoi allievi disse: “Il comportamento di coloro che se ne sono andati illustra tre validi concetti”.
“Il primo: non giudicare a prima vista”.
“Il secondo: non giudicare cose di grande importanza da ciò che dicono gli altri”.
“Il terzo non fare della tua percezione di stima e apprezzamento altrui il metro per il tuo giudizio su di loro”.

I tre ostacoli

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La parabola del re

Un giorno il Gran Re di Persia bandì un concorso fra tutti gli artisti del suo vasto impero.

Una somma enorme sarebbe andata in premio a chi fosse riuscito a fare il ritratto più somigliante del Re.

Giunse per primo Manday l’indù, con meravigliosi colori di cui lui solo conosceva il segreto; quindi Aznavor l’armeno, portando una creta speciale; poi Wokiti l’egiziano, con scalpelli e ceselli mai visti e bellissimi blocchi di marmo.

Infine, per ultimo, si presentò Stratos il greco, munito soltanto di un sacchetto di polvere.

I dignitari di corte si mostrarono indispettiti per l’esiguità del materiale portato da Stratos il greco.

Gli altri artisti sogghignavano: “Che cosa può fare il greco con quel misero sacchetto di polvere?”.

Tutti i partecipanti al concorso furono rinchiusi per varie settimane nelle sale del palazzo reale. Una sala per ogni artista.

Nel giorno stabilito, il Re cominciò a esaminare le opere degli artisti. Ammirò i meravigliosi dipinti dell’indù, i modelli in creta colorata dell’armeno e le statue dell’egiziano.

Poi entrò nella sala riservata a Stratos il greco. Sembrava che non avesse fatto niente: con la sua polvere minuta, si era limitato a smerigliare, levigare e lucidare la parete di marmo della sala.
Quando il Re entrò poté contemplare la sua immagine perfettamente riflessa su quel marmo tirato a lucido.

Naturalmente, Stratos vinse il concorso.
Solo uno specchio poteva soddisfare pienamente il Re.

La parabola del re

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Forse

Un antichissimo racconto Cinese taoista narra di un contadino che viveva in un povero villaggio di campagna. Egli era considerato molto ricco perché possedeva un cavallo per arare la terra e per trasportare oggetti. Un giorno il cavallo scappò e tutti i vicini esclamarono: “Che disgrazia!”; il contadino disse semplicemente: “Forse”.

Alcuni giorni dopo il cavallo ritornò, portandosene dietro altri due e tutti i vicini si rallegrarono della buona fortuna del contadino, ma egli disse semplicemente: “Forse”.

Il giorno seguente, il figlio del contadino cercò di salire in groppa a uno dei due cavalli selvaggi; il cavallo lo fece cadere e il ragazzo si ruppe una gamba. Tutti i vicini manifestarono nuovamente al contadino il loro dispiacere per la disgrazia che gli era toccata, ma nuovamente il contadino disse: “Forse”.

La settimana successiva, vennero al villaggio dei funzionari governativi in cerca di uomini da mandare sotto le armi. Costoro scartarono il figlio del contadino, perché aveva una gamba rotta, quando i vicini si rallegrarono della sua fortuna, il contadino disse: “Forse”.

Continua tu la storia…

Forse

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La pietra azzurra

Il gioiellerie era seduto alla scrivania e guardava distrattamente la strada attraverso la vetrina del suo elegante negozio.

Una bambina si avvicinò al negozio e schiacciò il naso contro la vetrina. I suoi occhi color del cielo si illuminarono quando videro uno degli oggetti esposti.
Entrò decisa e puntò il dito verso uno splendido collier di turchesi azzurri: “È per mia sorella. Può farmi un bel pacchetto regalo?”.

Il padrone del negozio fissò incredulo la piccola cliente e le chiese: “Quanti soldi hai?”. Senza esitare, la bambina, alzandosi in punta di piedi, mise sul banco una scatola di latta, la aprì e la svuotò. Né vennero fuori qualche biglietto di piccolo taglio, una manciata di monete, alcune conchiglie, qualche figurina.
“Bastano?” disse con orgoglio. “Voglio fare un regalo a mia sorella più grande. Da quando non c’è più la nostra mamma, è lei che ci fa da mamma e non ha mai un secondo di tempo per se stessa. Oggi è il suo compleanno e sono certa che con questo regalo la farò molto felice. Questa pietra ha lo stesso colore dei suoi occhi”.

L’uomo entra nel retro e ne riemerge con una stupenda carta regalo rossa e oro con cui avvolge con cura l’astuccio. “Prendilo” disse alla bambina. “Portalo con attenzione”.

La bambina partì orgogliosa tenendo il pacchetto in mano come un trofeo. Un’ora dopo entrò nella gioielleria una bella ragazza con la chioma color miele e due meravigliosi occhi azzurri. Posò con decisione sul banco il pacchetto che con tanta cura il gioiellerie aveva confezionato e domandò: “Questa collana è stata comprata qui?”.
– “Si signorina”.
– “E quanto è costata?”.
– “I prezzi praticati nel mio negozio sono confidenziali: riguardano solo il mio cliente e me”.
-“Ma mia sorella aveva solo pochi spiccioli. Non avrebbe mai potuto pagare un collier come questo!”.

Il gioiellerie prese l’astuccio, lo chiuse con il suo prezioso contenuto, rifece con cura il pacchetto regalo e lo consegnò alla ragazza. “Sua sorella ha pagato. Ha pagato il prezzo più alto che chiunque possa pagare: ha dato tutto quello che aveva”.

La pietra azzurra

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