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5 anni ago · · 0 comments

Storia dell’uomo che cambiava umore di Jorge Bucay

C’era una volta un re molto potente che regnava in un paese lontano.

Era un buon re, ma aveva un problema: c’erano giorni in cui si svegliava esultante, euforico, felice.
Fin dal mattino quelle giornate gli parevano meravigliose. I giardini del suo palazzo gli parevano più belli. I servitori, per chi sa quale fenomeno, diventavano gentili ed efficienti. Durante la colazione ribadiva che nel suo regno si producevano le migliori farine e si raccoglievano i frutti migliori.

In quei giorni il re riduceva le tasse, distribuiva le ricchezze, concedeva favori e legiferava per la pace e il benessere.
In quei giorni il re soddisfaceva tutte le richieste che gli venivano rivolte da sudditi ed amici.

Purtroppo esistevano anche giorni diversi. Erano le giornate Nere.
Già al mattino si rendeva conto che avrebbe voluto dormire un po’ di più, ma quando se ne accorgeva ormai era troppo tardi e il sonno se ne era andato.
Per quanti sforzi facesse, non riusciva a capire come mai i suoi servitori fossero così di cattivo umore e non lo riverissero come si deve.
Il sole gli dava ancora più fastidio della pioggia! Il cibo era tiepido e il caffè troppo freddo. L’idea di ricevere visite nel suo gabinetto gli dava il mal di testa.

In quei giorni, il re pensava agli impegni presi in altri tempi, quando era di buon umore. ed era molto spaventato al pensiero di doverli mantenere. Sentiva di non farcela.
Erano i giorni in cui il re aumentava le imposte, confiscava terreni, imprigionava gli oppositori…
Timoroso del presente e del futuro, perseguitato dagli errori del passato, in quei giorni legiferava contro il suo popolo e la parola che usava di più era “NO”.

Consapevole dei problemi occasionati dai suoi cambiamenti di umore, il re convocò tutti i sapienti, i maghi e i consiglieri del regno.

“Signori!” disse loro “Tutti conoscete i miei mutamenti di animo, tutti hanno tratto beneficio dalle mie crisi euforiche e hanno dovuto subire le mie ire. Ma chi soffre di più sono io, perché ogni giorno devo disfare quello che ho fatto in un altro momento, quando vedevo le cose in un modo diverso. Signori, ho bisogno che lavoriate insieme per trovare un rimedio, sia bevanda sia formula magica, che mi impedisca di essere così assurdamente ottimista da non esser consapevole dei rischi e così ridicolmente pessimista da opprimere e danneggiare chi amo.”

I sapienti accettarono la sfida e per diverse settimane lavorarono al problema del re.
Eppure nessuna alchimia, nessuna stregoneria e nessun tipo di erba riuscirono a dare una risposta al problema. Allora i consiglieri si presentarono al cospetto del re e confessarono il loro fallimento.

Quella notte il re pianse.
La mattina seguente, un bizzarro visitatore chiese udienza.

“Maestà” disse l’uomo facendo una riverenza “nel luogo da dove provengo si parla dei tuoi mali e del tuo dolore. Sono venuto a portarti qui il rimedio.”
E chinando la testa porse al re un cofanetto di cuoio.

Il re, sorpreso e speranzoso, lo aprì e frugò nel cofanetto. Dentro c’era soltanto un anello d’argento. “Grazie” disse il re in preda all’entusiasmo. “E’ un anello magico?”

“Certamente!” rispose il viaggiatore “ma non basta portarlo al dito affinché la sua magia faccia effetto; ogni mattina, quando ti alzi, dovrai leggere l’iscrizione incisa sull’anello, e ricordare quelle parole ogni volta che vedrai l’anello al tuo dito”.

Il re prese l’anello e lesse ad alta voce: “Ricorda che anche questo passerà”

Storia dell’uomo che cambiava umore di Jorge Bucay

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Francesca Di Donato – Psicologa
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5 anni ago · · 0 comments

Compatibilità lavoro, tirocinio e compenso. Francesca Di Donato

Si può fare tirocinio professionalizzante nel proprio luogo di lavoro?
Sì.  L’accortezza da seguire è che le ore lavorative non debbano confondersi con quelle di tirocinio, ma avere distribuzione a se stante.

come da fonte CNOP: Il tirocinio professionalizzante non costituisce motivo di rapporto di lavoro, né deve essere sostitutivo di manodopera aziendale né di prestazione professionale.

Informazioni importanti sul tirocinio:
https://scuoladipsicologia.com/2020/08/08/tirocinio-post-lauream-tutto-quello-che-devi-sapere/

https://scuoladipsicologia.com/2020/08/08/retribuzione-tirocini/

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Francesca Di Donato – Psicologa
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Ti segnalo all’Ordine!!!

5 anni ago · · 0 comments

Ti segnalo all’Ordine!!!

Succede da un po’ di tempo a questa parte: “Stai affermando di fare terapia, quindi stai commettendo abuso di professione! Tu manipoli le informazioni con le parole! Ti segnalo all’Ordine!!!”.
A leggere queste parole penserai si tratti di un professionista sanitario che si rivolge a qualche professionista non regolamentato; un po’ come accade con i Counselor.
E invece no!
Si tratta di quel tipo di minaccia che un collega ha il coraggio di rivolgere a un altro collega, come se fosse possibile abusare della propria stessa professione.
Si tratta di quel genere di minaccia priva di fondamento e nutrita dalla disinformazione, dalla cattiva informazione e dall’ignorare gran parte della realtà della propria professionalità.
Si tratta di quel genere di minaccia nutrita da una rabbia e da un confronto mal gestiti.
Tutto questo è paradossale.
E, ancor di più, rasenta il ridicolo nel momento in cui il collega viene minacciato dopo aver esposto ampiamente argomentazioni e normative a sostegno della propria tesi.  
Si commette troppo spesso l’errore di non considerare, di disconoscere e/o  svalutare pubblicamente la formazione dei colleghi e/o muovere false e gravi accuse solo perché l’iter formativo è diverso dal proprio.

Potete descrivere le cose pensando che c’è un tempo che passa (i 4 anni di specializzazione) e tutto che si muove rispetto a questi. Ma non funziona così, se vogliamo essere precisi.
Neanche con le leggi della fisica funziona più così, figuriamoci in Psicologia.
Le formazioni vanno descritte tra loro, nel modo in cui si muovono l’una rispetto all’altra, con tutti gli elementi interessati che le coinvolgono.
E in tutto questo c’è la PERSONA, col suo vissuto, la sua esperienza personale, formativa e professionale, la sua capacità di apprendimento… la persona con le sue abilità, con lo spirito critico, con la sua dedizione, passione, cultura, intelligenza, consapevolezza, velocità e qualità di apprendimento… .
Quindi, dall’osservare come le varie formazioni si muovono tra loro, passiamo a come gli individui, con quelle formazioni, si muovono tra loro.
Galileo, nella teoria della relatività ristretta, ci spiegò che la velocità di un corpo (nel nostro caso l’individuo) varia a seconda del sistema di riferimento (per noi, tutto il contesto di vita interna ed esterna) in cui si compie la misurazione: cosa vi fa pensare di rispondere a una legge diversa?

In troppi sono abituati a pensare che c’è qualcosa che muove in basso ~lo Psicologo~ e qualcosa che si muove in alto ~lo Psicologo-psicoterapeuta~
In troppi sono abituati a pensare che c’è qualcuno che resta sulla superficie ~lo Psicologo~ e qualcuno che va nel profondo ~lo Psicologo-psicoterapeuta~.
In troppi sono abituati a pensare che l’iter formativo è uno solo o, anche quando riconoscono l’esistenza di altre forme, che solo una sia valida. 

Ma non esiste un’unica danza da ballare ~la psicoterapia- con un unico maestro d’orchestra che dà il ritmo ~la Scuola~, ma ci sono infinite possibilità che acquisiscono peso, valore, importanza, spessore, in base alle infinite caratteristiche che descrivono ognuno di noi, ciascuno con la propria danza e il proprio ritmo.

…e poi c’è il codice deontologico, per cui uno Psicologo fa terapia perché è il rapporto che instaura che è terapeutico; lo dice il codice deontologico:

articolo 27
Lo psicologo valuta ed eventualmente propone l’interruzione del RAPPORTO TERAPEUTICO quando constata che il paziente non trae alcun beneficio dalla CURA…..[..]

Per la legge lo Psicologo è abilitato (autorizzato) dallo Stato alla sua professione, dopo la laurea il tirocinio e l’eds (cioè può fare quello che sa fare e per cui è chiamato a rispondere in virtù del proprio titolo)
Per il codice deontologico (articolo 6) lo Psicologo “salvaguarda la propria autonomia […] ed è perciò responsabile […]” (cioè se ne assume la responsabilità).

Se sei autorizzato a farlo, sai farlo e te ne assumi la responsabilità, puoi farlo.
Ognuno è chiamato a fare i conti con la propria coscienza.

Ognuno di noi è chiamato a rispondere a criteri etici ed etico-professionali.
Ognuno è chiamato a rispondere del proprio bagaglio di conoscenze e competenze di fronte all’utenza che si rivolge a noi.
Siamo chiamati tutti ~Psicologi e Psicologi-psicoterapeuti~ a essere dei buoni clinici, professionisti sanitari, impegnati a garantire e garantirci una formazione continua, valida e funzionale a rinforzare la qualità del servizio che offriamo.
In tutto questo, occorre ampliare costantemente il proprio raggio di consapevolezza, su se stessi, sulle proprie risorse e criticità, lacune e punti di forza.
Siamo chiamati a limare eventuali sprazzi di onnipotenza, a fare i conti con ciò che realmente abbiamo da offrire e negli ambiti in cui ci siamo formati e che sentiamo ben allineati a noi stessi, in modo da rendere al meglio e vivere il lavoro un po’ meno come un impegno e un po’ più come un’area di piacere in cui realizzarsi.
E, ancora, siamo chiamati all’onestà intellettuale di rispettare l’immagine e il lavoro dei nostri colleghi.
Fatto questo, mi baserei sul principio di autodeterminazione delle persone, principio che, in quanto tale, determina che queste non debbano essere messe in guardia da fantomatiche, aprioristiche, pregiudizievoli constatazioni di incompetenza non verificate, ma stabilite sulla base del nulla e a partire dall’incapacità di mettere in discussione le proprie credenze.

Quindi, facciamo un ripasso:

La libera professione di Psicologo può vestire su diversi ambiti, incluso la terapia in ambito clinico. 
E non è questione di pareri, ma di fatti. 
La scuola di specializzazione offre la possibilità di diventare specialisti in un modello di intervento, e non nella clinica che è già ambito dello Psicologo per sua stessa natura. 
Lo psicoterapeuta non potrebbe occuparsi di clinica in ambito Psicologico se non fosse Psicologo (o Medico).

Secondo l’articolo 21 del Codice deontologico degli Psicologi: […] Sono specifici della professione di psicologo TUTTI gli strumenti e le tecniche conoscitive e di intervento relative a processi psichici (relazionali, emotivi, cognitivi, comportamentali) basati sull’applicazione di principi, conoscenze, modelli o costrutti psicologici

Noi non sappiamo quale formazione universitaria e extrauniversitaria pre e post lauream hanno tutti i nostri colleghi. 

Chi ha frequentato 
– tirocini realmente formativi, – laboratori esperienziali inclusi nel piano di studi, 
– corsi professionalizzanti interni all’università seppur extracurricolari, 
– corsi privati fuori dall’università in parallelo al corso di studi e oltre l’abilitazione
– supervisioni 
– gruppi didattici
– terapia personale 
– studio autonomo che si suppone un laureato sia in grado di gestire 
………… 
ha tutte le possibilità di poter far affidamento su queste cose per esprimere la propria professionalità in modo concreto

Ogni esperienza formativa è unica e irripetibile. 
Ogni collega sulla base delle competenze acquisite si indirizzerà verso specifico ambiti di intervento con quello che sa fare e per cui ha acquisito bagaglio esperienziale. 
Non facciamo l’errore di usare la nostra esperienza per estenderla, nel bene o nel male, a quella altrui.

Impariamo tutti a fornire fonti normative a sostegno delle nostre affermazioni. 

Invito a considerare anche la responsabilità personale qualora qualcuno avesse fatto un’esperienza universitaria e di tirocinio scadente o se per formarsi in termini esperienziali, oltre l’università, si è atteso l’esame di Stato. Legittima come scelta, ma che si abbia il buon senso di rispettare chi ha gestito la propria formazione in modo più adeguato già ai fini dell’abilitazione.

Detto questo, si presume che un professionista debba essere in grado di confrontarsi su certe tematiche attraverso contenuti e non attacchi, offese, svalutazioni e insinuazioni.

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5 anni ago · · 0 comments

Modelli tecniche e strumenti dello Psicologo. Francesca Di Donato

Fare uso di modelli, tecniche e strumenti, insegnati nelle Scuole di specializzazione, è commettere abuso di professione?

No, perché sono modelli, tecniche e strumenti che attengono alla professione di Psicologo, quindi, vien da sé che uno Psicologo non possa abusare della sua stessa professione.
La professione di “Psicoterapeuta” non esiste in Italia come professione autonoma, in quanto trattasi di specializzazione.

E, infatti, molti colleghi che si definiscono “Psicologi E Psicoterapeuti” commettono un errore di forma: la dicitura auspicabile è “Psicologo-psicoterapeuta”, “Medico-psicoterapeuta” oppure “Psicologo specializzato in psicoterapia” o “Psicologo specialista in psicoterapia”

In conclusione, in termini di legge (legge 56/89 articolo 3),  uno Psicologo non può affermare di fare psicoterapia qualora non abbia prima maturato i relativi 4 o 5 anni di specializzazione: qualora lo affermasse, commetterebbe un illecito amministrativo sanzionabile dall’Ordine.

Ma tornando ai modelli, alle tecniche e agli strumenti insegnati nelle scuole di psicoterapia, quei modelli, quelle tecniche e quegli strumenti sono innanzitutto dello Psicologo, come ci ricorda il codice deontologico, attraverso la scuola di specializzazione diventano specialisti di un modello, ma non esclusivi detentori dello stesso.

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5 anni ago · · 0 comments

La leggenda metropolitana dello Psicoterapeuta in formazione. Francesca Di Donato

Posso definirmi «psicoterapeuta in formazione» per dire che sono uno Psicologo iscritto a una Scuola di specializzazione?
NO
.  La formula «psicoterapeuta in formazione», usata a tal fine, è illegittima, errata, fuorviante, deontologicamente scorretta.

Si afferma, in tal modo, di possedere già la qualifica di psicoterapeuta e che si sta svolgendo una qualche formazione aggiuntiva e diversa.

L’espressione «psicoterapeuta in formazione» per uno Psicologo o Medico non ancora specializzato equivaleva fino al 1999 a usurpare un titolo ancora da acquisire e questo rimandava a ipotesi di reato, per cui si faceva appello all’art.498 del Codice penale (usurpazione di titoli o di onori).
Dal 1999 è stato depenalizzato, ma resta un illecito amministrativo.

Viola, inoltre, il Codice deontologico coinvolgendo:
– art. 39 Lo psicologo presenta in modo corretto e accurato la propria formazione, esperienza e competenza. Riconosce quale suo dovere quello di aiutare il pubblico e gli utenti a sviluppare in modo libero e consapevole giudizi, opinioni e scelte.
– art. 40 Indipendentemente dai limiti posti dalla vigente legislazione in materia di pubblicità, lo psicologo non assume pubblicamente comportamenti scorretti finalizzati al procacciamento della clientela. In ogni caso, può essere svolta pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto, nonché il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni secondo criteri di trasparenza e veridicità del messaggio il cui rispetto è verificato dai competenti Consigli dell’Ordine. Il messaggio deve essere formulato nel rispetto del decoro professionale, conformemente ai criteri di serietà scientifica ed alla tutela dell’immagine della professione. La mancanza di trasparenza e veridicità del messaggio pubblicizzato costituisce violazione deontologica.

Non si può parlare invece di esercizio abusivo della professione (art.348 Codice penale) perché non esiste la professione di Psicoterapeuta: le professioni sono quella di Psicologo o Medico.

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Promozione professionale

5 anni ago · · 0 comments

Promozione professionale

Oggi ti parlo di promozione professionale e non lo farò come farebbe un esperto del marketing, ma come una professionista che, mettendo in conto la possibilità di errore, si è messa in gioco in modo fedele al proprio modo di essere.

Ho avviato la mia attività professionale ignorando tutti i canali promozionali più in voga al momento: Facebook, Google ads, Instagram, portali per Psicologi, sito web/blog personale… o referral marketing, modalità, quest’ultima, che trovo peraltro poco etica per una professione sanitaria (non so neanche se è legale visto il divieto di pubblicità promozionale sanitaria) oltre al fatto che trovo assurdo dover pagare qualcuno per lavorare. 
Pensa, al momento, io non ho neanche il bigliettino da visita, perché non lo sento vicino al mio mondo e, di conseguenza, non sono riuscita a progettarne uno che mi rappresentasse davvero, anche se ci ho provato.
Invece, ho puntato direttamente all’incontro faccia a faccia, sul territorio, con iniziative che rispondevano a bisogni e interessi del mio ambiente di riferimento.
Come li ho individuati? Partendo da una mia caratteristica che, in tal caso, si è rivelata una risorsa: io osservo e ascolto molto e questo mi ha permesso di sintonizzarmi su un certo tipo di persone. Non solo non ho investito denaro, se non quello per le locandine, ma ho avuto subito delle entrate grazie a queste iniziative.
Come mai ha funzionato?!? Secondo me, perché ogni singola scelta era perfettamente sintonizzata su di me e, quindi, mi muovevo con padronanza, sicurezza e disinvoltura.
Di qui, ho iniziato ad avere, nel giro di pochissimo tempo dall’iscrizione all’albo, i primi pazienti e, da allora, il mio canale promozionale sono loro, attraverso il passaparola. Niente è più efficace di una persona soddisfatta: non trovi?
Da qualche mese, a professione già ben avviata, ho deciso di esplorare anche il mondo promozionale di facebook, instagram e sitoweb, ma solo per la formazione e la divulgazione giuridico-deontologica sulla professione, perché per fare corretta informazione avevo bisogno di arrivare a studenti e colleghi di tutto il territorio. 

Fatta questa premessa, veniamo al dunque.
Noto, fin troppo di frequente, che gli Psicologi libero professionisti -specie le nuove leve- scelgano i canali promozionali, non tanto in funzione di se stessi e di ciò che si sposa bene con la propria identità personale e professionale, ma guardando a quello che va al momento, pensando che, siccome lo fanno in tanti, allora funziona. Sbagliato!!! 
Questo non fa altro che generare una massa informe di professionisti che si pubblicizzano tutti allo stesso modo, con scarsa personalizzazione e, quindi, con scarsi risultati. Non pochi, inoltre,  investono somme di denaro, senza avere un ritorno economico. 
Ti dirò di più: quello che noto, la maggior parte delle volte, è il tentativo di metter su una vetrina che è attraente, sì, ma non aderente alla persona, che magari è attraente essa stessa, ma in un modo diverso, anche se non lo sa. 
Quindi, ciò che accade è che, invece di cucire qualcosa su di sé, come un abito sartoriale, si compra un abito già confezionato col quale ti dicono “con questo farai un figurone”, ma quell’abito non fa per te.

Una volta mi sono confrontata, in merito all’argomento, con un collega e mi fece l’esempio dei video-curriculum e della loro efficacia: mi parlò che un giovane alle prime armi ne fece uno, sceneggiato e montato da un professionista che lo trasformò in una figura autorevole, mentre la persona in questione era impacciatissima.
Ecco. Il collega lo prendeva come esempio vincente e, sicuramente, per certe professioni e precisi ambiti è così.
Io, invece, ti offro un altro punto di vista: questa modalità può funzionare con i vestiti, -per cui una bellissima maglietta la compri pure se è 100% acrilico-, ma farei attenzione, soprattutto in ambito clinico, a mandare un’immagine che non è fedele a se stessi, perché lavorando con la relazione in modo così privilegiato, prima o poi la vera identità -per quanto si punti alla neutralità del setting- esce fuori e trovo che il rischio di minare la propria credibilità sia alto: congruenza prima di tutto!!!

Quindi, quello che posso suggerirti oggi è:

♠ chiediti innanzitutto che tipo di Psicologo vuoi essere: parlo dei valori, dell’identità professionale, delle parti di te che scegli di mettere al servizio del tuo lavoro
fai un elenco di tue risorse e tuoi punti di forza che pensi possano tornarti utili
integra il saper fare con il saper essere e trova il tuo modo di farlo: libri, corsi, master, supervisioni, terapia personale…

♠ non perdere mai di vista la natura relazionale di cui si nutre la nostra professione e usa questo canale come prevalente nella promozione professionale

♠ individua il settore a cui rivolgere la tua professionalità basandoti sulle tue inclinazioni e preferenze, senza perdere in alcun modo di vista l’ambiente in cui andrai a inserirti (i tuttologi non esistono!!!)
♠ individua entro quel settore, i tuoi ambiti di intervento: più sono specifici, più ti sarà possibile affinare le tue competenze e , quindi, renderti riconoscibile. Ricorda di mantenere uno sguardo al tipo di utenza che tende a rivolgersi a te: non veniamo scelti per caso, quindi prestare attenzione a questo aspetto, aiuta a indirizzare la propria attenzione.

♠ fai un’analisi dei bisogni in figura, cioè quelli emergenti e consapevoli, nonché quelli meno consapevoli, ma comunque presenti.
♠ fai un’analisi dei bisogni sullo sfondo 
   ♣ quindi, osserva e ascolta: le persone lo dicono continuamente di cosa hanno bisogno, anche se non in modo diretto, ma tu puoi fare appello all’ascolto qualificato di cui
       uno Psicologo sia presume sia capace.
   ♣ se così non è, esercitati attraverso l’ascolto attento e vedrai che piano piano il tuo orecchio si abituerà a cogliere i dettagli importanti.

♠ fai anche un’analisi dell’offerta già presente sul tuo territorio e vedi cosa funziona, cosa no e cosa puoi proporre di diverso; metti in gioco la tua creatività

♠ cerca il canale promozionale (biglietti da visita, opuscoli, blog, social, attività in presenza…. video e chi più ne ha, più ne metta) che meglio si cuce su di te e nel quale riesci a esprimere tutto il tuo potenziale e la tua credibilità: questo può voler dire anche sperimentarsi e vedere come va, finché non trovi ciò che funziona per te. 

♠ fa sì che il brand e il o i canali promozionali che sceglierai siano come una cornice su un dipinto: affidagli il ruolo di agevolare l’attenzione sull’opera, creando una sorta di unicum che inviti alla contemplazione indisturbata; tieni conto che la cornice fornisce una struttura che garantisce protezione, preservazione, presentazione e valorizzazione dell’opera. 

♠ non smettere di cercare e cercarti: la tua professionalità è in continua evoluzione come lo sei tu,
♣ quindi puoi sempre imparare da ciò che vedi che non funziona e cercare alternative: gli errori sono parte dell’esperienza 

♠ acquisisci consapevolezza di te e del tuo essere nel mestiere che svolgi, tenendo conto che -restando sulla metafora- il proprio stile personale/professionale determina lo stile del brand, così come lo stile del dipinto determina lo stile della cornice.  

♠ valuta attentamente chi vuole essere pagato per insegnarti come aver pazienti/clienti/utenti (per me, sempre e solo PERSONE!), perché, nel nostro lavoro, spesso sono i primi a non essere riusciti ad averne nel settore clinico e sono finiti con il buttarsi su altro.

♠ dai forma al TUO progetto professionale, senza emulare qualcuno

Quindi, cosa aspetti!?!   
Ψ    Va! Esplora quella fetta di mondo a cui rivolgerti e trova il tuo personalissimo modo di promuovere te stesso.
Ψ   Studia, accresci le tue competenze, nutri la tua formazione per garantire servizi di qualità e ricorda che 
Ψ   AUTENTICITA’ e CONGRUENZA, in questo lavoro, insieme alle COMPETENZE sono la chiave del successo, più di qualunque strategia di marketing sui servizi che
       offri; ci scommetti? 

Se ti va, fammi sapere come va! 
Io ti auguro di raccogliere le soddisfazioni che ho raccolto e sto raccogliendo io stessa.

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Francesca Di Donato – Psicologa
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5 anni ago · · 0 comments

Professione di Psicologo. Francesca Di Donato

Una volta conseguita la laurea in Psicologia e l’abilitazione tramite esame di Stato, per esercitare la professione di Psicologo, è necessaria l’iscrizione a un Ordine degli Psicologi regionale.
La scelta dell’Ordine non deve coincidere necessariamente con la propria residenza o domicilio, ma a tal fine rimandiamo ai regolamenti interni dei singoli Ordini.
All’interno di ogni Ordine sono presenti due sezioni A e B: la sez. A contiene l’elenco degli Psicologi, la sez.B l’elenco dei Dottori in Tecniche psicologiche.
Nella sezione A, un’annotazione sarà aggiunta a coloro che, in possesso di un diploma di specializzazione, vorranno accedere all’attività psicoterapeutica.
L’attività psicoterapeutica può essere esercitata anche dai Medici che abbiano conseguito tale formazione.
Riguardo la professione medica, Psichiatra e Neuropsichiatra infantile maturano formazione in psicoterapia all’interno della loro specifica specializzazione (specializzazione in psichiatria e neuropsichiatria infantile, appunto). Tutti gli altri Medici, invece, devono maturare tale formazione in una specializzazione mirata in psicoterapia.
L’annotazione in tal caso avverrà all’interno dell’Ordine dei Medici.
La formazione specifica in psicoterapia è di 4 o 5 anni ed è solo una delle possibili opportunità formative per lo Psicologo, la più conosciuta, ma solo una delle possibili. Fortunatamente il ventaglio di formazioni si sta ampliando.

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Neuroscienze cognitive, credenze e Psicologi

PREMESSA

Per semplificazione, possiamo ritenere che il nostro cervello si avvale di due modalità di funzionamento diverse e complementari, nonché in relazione tra loro: 

VENIAMO AL DUNQUE

I processi cognitivi controllati sono l’inizio dell’apprendimento, tuttavia la ripetizione degli stessi scrive nel nostro cervello una traccia, che si traduce in processi automatici di cognizione.
Il cervello cognitivo si nutre di: 

♣ conoscenze: ci permette di aggiungere ed elaborare informazioni fino a cristallizzarle, a generalizzarne alcune, a cancellarne altre o a usarle in modo distorto pur di vederle coerenti con la propria rappresentazione del mondo.
E’ dogmatico, ancestralmente legato a vecchie regole e a vecchie soluzioni per nuovi problemi;

♣ convinzioni: credenze radicate che assumono valore di verità assolute: “è così” – “lo so” – “la vita funziona così” – “le regole sono queste”;

♣ valori: spinte che ci orientano nelle scelte e che rispondono alle domande: “perché mai dovrei cambiare le mie idee?” – “perché è importante per me fare ciò?” .
Se non ho un valore che spinge, non ho il supporto emozionale necessario capace di mettere in moto il motore del cambiamento: valore zero → cambiamento nullo;

♣ focus attentivo: selezione – di stimoli ambientali e di informazioni – che risponde alla funzione del nostro cervello di preservare energie:”ne vale la pena?Sì/No” e, quindi, ci mette in condizione di operare una scelta. Si genera, così, il “difetto di disponibilità delle informazioni” e, per riassumere, sull’atto pratico ne consegue che:
    ♠ la persona parte dal presupposto che non può trattenere troppe informazioni
    ♠ tra queste parziali informazioni, il focus di attenzione opererà un’ulteriore selezione 
    ♠ la persona ha letto solo un certo tipo di informazioni: 
       – che lo Psicologo non possa far uso di certe tecniche o strumenti e se lo fa commette abuso di professione
       – che lo Psicologo possa fare solo percorsi brevi e poi deve inviare necessariamente
       – che lo Psicologo corrisponda sempre a solo a un neo abilitato uscito da un’università priva di contenuti e che abbia sulle spalle solo 5 anni di formazione
       – che la remissione dei sintomi non sia ad appannaggio dello Psicologo
       – che fare prevenzione, sostegno, abilitazione-riabilitazione non equivalgano a fare terapia
       – che per lo Psicologo esistano solo la psicodiagnosi e il sostegno, rimuovendo gli altri atti tipici
       – confusione tra “albo” “registro” e “annotazione”: per la psicoterapia esiste un’annotazione e non l’albo.
       – ritenere che l’unica formazione valida di formazione sia la specializzazione, dimenticando che molti corsi per Psicologi sono tenuti all’interno delle Scuole stesse.
       – che uno Psicologo non faccia e non possa fare supervisione 
       – che l’unico modo per lavorare per uno Psicologo sia specializzarsi
    ♠ con queste informazioni devo prendere una decisione: “o mi iscrivo alla Scuola di specializzazione o non posso fare nulla” – “non posso inviare questa persona a quel collega, perché è solo Psicologo”, tenendo conto che le informazioni maggiormente ripetute hanno lasciato traccia nel nostro cervello e su di esse si è automatizzato. 
   
Quindi, la dimensione cognitiva può darci tanto, quanto toglierci molto: basti pensare a quelle persone che applicano e sostengono conoscenze apprese e non si capacitano, solidi di queste, dell’esistenza di:
    ♥ alternative: “esistono altre forme di formazione oltre la specializzazione”
    ♥ nuovi punti di vista: “un collega anche se non specializzato, può essere -considerato un preciso ambito- ugualmente o più competente di un collega specializzato” 
    ♥ e non considerano che le seguenti possibilità: “lo Psicologo non fa terapia” – “lo Psicologo non può fare supervisione” – “Lo Psicologo fa solo percorsi brevi” siano sbagliate e, in virtù di tale disposizione, non si capacitano del contrario, reagendo con un: “ma non è possibile!” – “ma cosa stai dicendo, so io qual è la verità” – “io so che è così!” ….. e in realtà non sanno davvero com’è e si esprimono semplicemente attraverso conoscenze radicate, cioè secondo esperienze che il cervello cognitivo ha incamerato e che continua a riproporre in automatico, come se fossero ancora attualizzabili.

Tutto ciò determina un atteggiamento mentale chiuso e, se lo vediamo in relazione allo scorrere del tempo, osserveremo che:
    ♦  il “difetto di disponibilità delle informazioni” mi convincerà sempre di più
    ♦ il focus mi farà leggere e soffermare sempre di più su ciò che conferma la disponibilità di informazione iniziale
    ♦ la disposizione della persona sarà orientata a raccogliere sempre di più frasi che si agganciano a quei contenuti 
    ♦ ciò influenzerà anche gli elementi esogeni 
       – obiettivi, figli dei limiti che si è costruito “mi iscriverò a una Scuola di psicoterapia, altrimenti non avrò chance”
       – azioni e comportamenti, figli di un atteggiamento mentale radicato, chiuso, cristallizzato, al di là del quale non si riesce ad andare “mi iscrivo e frequento la Scuola di psicoterapia perché solo con essa posso lavorare”

 

COME CAMBIARE UN ATTEGGIAMENTO MENTALE

 NO CREDENZE: intervenire sulle credenze, attiva resistenze; 
 SI CONOSCENZE: cioè ampliare il bagaglio di conoscenze, metterle in discussione, leggere, confrontarsi con chi ha informazioni distoniche rispetto ai contenuti che prediamo per certi;
 SI CURIOSITA’: stimola le aree del cervello che facilitano l’apprendimento e lo rendono più performante grazie all’attivazione delle aree del piacere che permettono di percepire soddisfazione. 

RISVEGLIARE IL CERVELLO COGNITIVO CONTROLLATO, ATTRAVERSO NUOVE CONOSCENZE E ATTRAVERSO QUELLE VECCHIE, SI, MA RIVALUTATE ALLA LUCE DELLE NUOVE.
 
> esci dalla zona confort delle tue convinzioni 
> poniti domande “Cosa so di fatto già di questo argomento?” – “In cosa cambia la mia esperienza da quella del mio collega?” – “quale normativa sostiene la mia credenza?”
> chiediti quali domande e affermazioni puoi evitare, perché rinforzano la credenza iniziale  “mi hanno detto”  
> evita le generalizzazioni: “tutti” – “nessuno”  -“sempre” – “mai”
> smonta i tasselli “cosa dice davvero questo articolo?” “cosa intende con questa parola?” 
> esercita l’ascolto attivo con quell’interlocutore che sta dicendo qualcosa di nuovo per te
> assimila nuove informazioni, perché già da sole mettono in discussione le credenze
> sposta il focus attentivo da x a y, cioè:
da “è solo Psicologo”   a   “è Psicologo”
da “Lo Psicologo ha una formazione di 5 anni+1 di tirocinio e non ha sufficienti competenze per perseguire finalità terapeutiche”   a   “Lo Psicologo è un professionista capace di agire in scienza e coscienza del suo operato e non ho motivo di dubitarne, fino a prova contraria” 
da “Lo Psicologo si è fermato all’abilitazione e non ha strumenti”   a   ” Lo Psicologo può avere alle spalle una formazione considerevole ed esperienze tali da renderlo un valido professionista”
per iniziare a vedere ciò che non immaginavi esistesse, ma già presente
> assumiti la responsabilità di ciò che affermi e porta contenuti a sostegno
> prendi atto che ci sono cose che non sai
> guarda al tempo come un alleato: il cervello per cambiare, per ri-mappare il suo sistema neurale ha bisogno di tempo, molto tempo 
   . trascorrere del tempo: il tutto e subito rischia di sballare ogni tentativo di cambio marcia ed è a più rischio fallimento, nonché rinforzo delle distorsioni 
   . tempo qualitativamente impiegato 
> meta-cognizione: conosci, come apprendi, sii auto-riflessivo, osserva e rifletti 

e adesso goditi il video

 

 

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Francesca Di Donato – Psicologa
Psicologia clinica, dinamica e della salute – percorsi individuali, di coppia e in gruppo: in presenza e online
Formatore e Supervisore: in presenza e online

5 anni ago · · 0 comments

Nascita dell’art 3 della Legge 56/89 – riflessione. Francesca Di Donato

Proviamo a ragionare insieme:

Quando nasce l’articolo 3 della Legge 56/89 (regolamentazione attività psicoterapeutica)?
Nasce quando si è creata la necessità per i Medici di continuare a occuparsi di ciò di cui già si occupavano prima della formulazione della nostra Legge Ordinistica.

Quindi sappiamo che l’art.3:
– nasce come compromesso con i i Medici
– nasce per permettere loro di occuparsi, senza commettere abuso di professione, di ciò che, con la nascita della nostra legge ordinistica, diventa da quel momento in poi di competenza dello Psicologo.
– con essa i medici acquisiscono possibilità di esprimere una competenza in più, oltre alla cura farmacologica.

E quali atti sono tipici della professione di Psicologo di cui i Medici possono occuparsi grazie all’articolo 3 della Legge 56/89?

Noi sappiamo che gli atti tipici dello Psicologo sono: prevenzione, sostegno, diagnosi, abilitazione-riabilitazione.

Quindi, alla luce di questo, possiamo dire che tali atti prendono il nome di “psicoterapia” quando un collega, Psicologo o un Medico (o un sanato) ha conseguito, appunto, una specializzazione.

Dunque, in cosa cambia, all’atto pratico e, quindi, oltre la qualifica acquisita, l’intervento di un collega specializzato da quello non specializzato?
All’atto pratico, ripeto.

Ricordiamo che la psicoterapia come atto tipico a sé non è mai stato definito per legge e sapete perché? Perché non esiste la professione di psicoterapeuta in Italia: tipico è l’atto che delinea una professione.
Risulta manchevole, poi, di definizione in quanto atto specialistico: ecco quanto è riportato per legge “l’esercizio dell’attività psicoterapeutica è subordinato ad una specifica formazione professionale, da acquisirsi, dopo il conseguimento della laurea in psicologia o in medicina e chirurgia, mediante corsi di specializzazione almeno quadriennali che prevedano adeguata formazione e addestramento in psicoterapia, attivati ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162, presso scuole di specializzazione universitaria o presso istituti a tal fine riconosciuti con le procedure di cui all’articolo 3 del citato decreto del Presidente della Repubblica.
2. Agli psicoterapeuti non medici è vietato ogni intervento di competenza esclusiva della professione medica.
3. Previo consenso del paziente, lo psicoterapeuta e il medico curante sono tenuti alla reciproca informazione.”

La declaratoria del CNOP del 2015 a cui qualcuno fa sempre appello è, invece, un documento interno che non ha valore giuridico e in essa viene, sì, espresso a cosa si rivolge la psicoterapia, ma:
– né se ne parla in termini esclusivi
– né viene riportato che quelle cose non le si possa fare con altri atti tipici

(ovviamente parliamo sul piano normativo e non su quello delle competenze personali che cambia comunque da persona a persona e di cui nessuna formazione potrà mai farsi garante.)

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Francesca Di Donato – Psicologa
Psicologia clinica, dinamica e della salute – percorsi individuali, di coppia e in gruppo: in presenza e online
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