Dal motivazionale al contro-motivazionale a tutti i costi: due facce della stessa medaglia. Francesca Di Donato

Per qualcuno saper “di poter splendere in ogni caso”, facile o meno che sia, di poco o di molto che si possa, dà speranza.
Per qualcun altro sapere che “volere è potere” offre la spinta per mettersi in gioco, con la convinzione di quanto le proprie scelte, le proprie volontà, le proprie benevole convinzioni siano supportive al raggiungimento dei propri obiettivi.

Talvolta dobbiamo fermarci e chiederci quanto, semplicemente, ognuno ha un sua narrazione, costruita in base alla propria storia di vita.

Dovremmo chiederci quanto certe letture, volte a passare aprioristicamente come nocive qualunque narrazione filo-motivazionale, siano il prodotto del proprio vissuto, che la vera rappresentazione su intenti malevoli altrui.

Nessuna frase motivazionale è nociva di per sé, dipende dall’uso che se ne fa:
c’è chi le osserva in modo neutro, senza occuparsene o trattandole come affar proprio;
c’è chi, in quelle frasi ci trova forza, sprono, vigore… trattandoli come punti di partenza per alzarsi o rialzarsi in piedi, senza necessariamente escludere a se stessi il diritto di stare fermi, inciampare, cadere, dover cambiare percorso;
c’è chi ci si aggancia senza via di uscita, identificandosi con la prestazione, con il risultato/esito e perdendo di vista se stessi, il processo e il valore dell’errore ;
e c’è chi si difende, perché contattano tutta la pressione che quel messaggio sollecita loro, ma che non viene dal messaggio in sé, ma dalla propria storia di vita nutrita probabilmente di aspettative ricevute che ancora oggi si fa fatica a gestire: in tal caso, ho l’impressione che se le sentano appiccicate addosso in prima persona, come aspettative da cui difendersi.

Ogni messaggio motivazionale, che lo si senta aderente o meno, può essere uno stimolo a guardare dentro di sé per rintracciare la propria verità.

Una frase è solo una frase. Sono le nostre storie a fare la differenza.