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41. La mente del bambino. Noemi Virgilio

2 mesi ago · · 0 comments

41. La mente del bambino. Noemi Virgilio

Il cervello del bambino si sviluppa già durante la sua vita prenatale, ma dal momento della nascita

sino ai primi 2 anni di vita è il tempo in cui le sue connessioni cerebrali si sviluppano più

velocemente e intensamente, questa plasticità cerebrale continua in maniera intensa sino ai sei

anni, tuttavia con gli anni non si interrompe ma continua per tutta la vita seppure ad un ritmo più

lento. Durante i primi anni è importante ,per il bambino, un’ambiente ricco e accogliente che

possa essere stimolante dal punto di vista cognitivo ed emotivo. Per ambiente ricco non si

intende un ambiente carico di stimoli, ma un luogo in cui la presenza delle figure di riferimento

possa permettere un’esplorazione libera, seppur guidata. Avere un contesto sicuro in cui fare

esperienza positiva di tutti gli stimoli che qualunque ambiente quotidiano può offrire ad un

bambino che è nel pieno del suo potenziale di sviluppo. In questa fase a volte è difficile capire la

mente del bambino, perché è profondamente diversa dalla nostra, è importante ricordarci che il

bambino va compreso e guidato, senza pensare che il nostro ruolo sia quello di renderlo simile ad

un adulto, infatti in questa fase nel cervello del bambino non è ancora sviluppata la parte

prefrontale del cervello che serve per pianificare le azioni, prevedere le conseguenze delle azioni e

inibire i comportamenti automatici, per questo motivo i bambini spesso ci appaiono

incomprensibili. Capire come funziona il loro cervello può aiutarci a diventare la loro guida senza

rischiare di giudicare i loro comportamenti come capricciosi o minimizzarli, sintonizzarsi con loro è

infatti fondamentale per essere il loro punto di riferimento. I bambini infatti apprendono da noi per

imitazione, ed è ormai dimostrato che nell’apprendimento e nell’attenzione e in generale in tutti i

processi cognitivi è fondamentale il ruolo delle emozioni, sarà quindi più facile apprendere in un

contesto sereno, facilitante e coinvolgente.


Noemi Virgilio
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40. La permanenza dell’oggetto. Sara Anderlini

2 mesi ago · · 0 comments

40. La permanenza dell’oggetto. Sara Anderlini

La permanenza dell’oggetto riguarda la capacità del bambino di comprendere che un oggetto o una persona non scompaiono davvero se si nascondono o escono dal suo campo visivo. Nei primi mesi di vita, fino intorno agli 8/10 mesi, il bambino non ha la percezione che un oggetto continua ad esistere anche al di fuori del suo campo visivo. Sono state condotte delle ricerche in merito al comportamento che il bambino mette in atto quando un oggetto viene nascosto.

Durante i primi due o tre mesi di vita, l’universo visivo del bambino è costituito da una serie di immagini prive di permanenza; dai tre ai sei mesi il bambino, coordinando la visione e il movimento della mano, tenta di raggiungere gli oggetti presenti nel suo campo visivo, senza cercare quelli assenti, che per lui hanno perduto ogni esistenza.

Verso gli 8/10 mesi cerca di raggiungere un oggetto nascosto, purchè egli abbia avuto modo di osservare come sia stato nascosto. Nei primi sei mesi del secondo anno di vita, il bambino diventa capace di rendersi conto anche delle possibilità di spostamento degli oggetti. Infine, arriva all’ultimo stadio dell’acquisizione del concetto di permanenza degli oggetti, mediante la ricerca di oggetti che non ha visto nascondere.

A cosa ci serve conoscere la permanenza dell’oggetto? Ci spiega come il bambino, nelle diverse fasi di sviluppo, vive l’assenza delle figure di riferimento e ci permette di comprendere come mai piange e si dispera e si rasserena appena la figura di riferimento rientra nel suo campo visivo.

Per facilitare l’acquisizione di questa competenza si possono fare con il bambino dei giochi, in base alla sua età, il cucù o il nascondino per i più grandicelli. Il gioco del cucù, che presuppone brevissime sparizioni per poi ricomparire, è un grande alleato per i genitori e per i bambini che piano piano interiorizzeranno che le sue figure di riferimento non smettono di esistere ma continueranno ad esistere pure fuori dal suo campo visivo.

 


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39. Premi e punizioni. Noemi Virgilio

2 mesi ago · · 0 comments

39. Premi e punizioni. Noemi Virgilio

Premi e punizioni sono due facce della stessa medaglia, mirano a modificare il comportamento

dei bambini o ragazzi in funzione di una minaccia o in funzione di una promessa. Tuttavia ricorrere

a premi e punizioni risulta spesso inefficace perché modifichiamo il comportamento senza

permettere che sia compresa la reale necessità di quel cambiamento da parte dei nostri figli.

Spesso infatti ci ritroviamo a punire o premiare sempre per gli stessi motivi proprio perché la

punizione e il premio non hanno un collegamento diretto con il comportamento e non permettono

al bambino o ragazzo di interiorizzare il comportamento a partire da una propria convinzione, o da

una vera comprensione della necessità di quel comportamento. Quale potrebbe essere dunque la

strategia più efficace? Il primo passo quando si hanno opinioni diverse in merito ad un

comportamento da tenere è certamente parlare e capire quali sono le ragioni che spingono a quel

comportamento. Con i bambini piccoli spesso ci rendiamo conto che alcune azioni sono spinte

dall’ambiente, dalla stanchezza, da uno stato emotivo particolare, dunque ha senso fermarsi e

comprendere per predisporre l’ambiente in modo da evitare che si possa innescare quel

determinato comportamento. Con i ragazzi può essere utile fare una lista di soluzioni per produrre

un comportamento alternativo. Sia con i bambini che con i ragazzi è molto più efficace far

sperimentare le conseguenze naturali delle proprie azioni, in modo che sperimentino e

comprendano in modo diretto. Per esempio se un ragazzo in preda ad una crisi di rabbia rompe

qualcosa, la conseguenza naturale è aggiustarla, se necessario con i propri soldi. Se un bambino

tende a lanciare le cose, la conseguenza naturale è doverle andare a riprendere. Quando si usano

le conseguenze naturale delle azioni l’atteggiamento non deve essere punitivo, ma deve essere di

accompagnamento proprio per permettere di vedere e comprendere davvero perché ha senso

evitare quel comportamento.


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38. Spazi di coppia nella genitorialità. Paola Pellegrino

2 mesi ago · · 0 comments

38. Spazi di coppia nella genitorialità. Paola Pellegrino

Soprattutto nei primi anni di vita dei figli, quelli in cui i loro bisogni assorbono tutte le

energie di mamma e papà, rimanere anche Coppia e prendersene cura è molto difficile.

Anche prendersi cura del dialogo tra partner, che assume un ruolo ancora più importante

in una fase così delicata,diviene complesso e anzi spesso si assiste ad un aumento la

conflittualità.

Ecco perché è protettivo che appena possibile mamma e papà si svestano un pochino di

questo ruolo e prendano del tempo per loro in quanto compagni di vita.

Il punto fondamentale è provare a cercare anche solo un piccolo spazio o modo per

iniziare a farlo compatibilmente alle proprie situazioni e necessità aiutandosi

comprendendo che ii tempo che dedichiamo allo ‘svago’ è  importante quanto quello

dedicato il “dovere”.

Anche qui è fondamentale lasciare andare i luoghi comuni e i giudizi che spesso

accompagnano l’identikit del genitore ideale perché spesso nutriti di pregiudizi e poca

conoscenza e perché soprattutto non sono utili nel portare avanti l’obiettivo di vivere e

costruire un sistema Coppia e famiglia sereno.

La chiave è sempre ricercare l’equilibrio più funzionale per il proprio sistema con flessibilità

e pazienza avendo però la consapevolezza che la Coppia è il primo vero figlio di cui

occorre prendersi cura per nutrire le proprie relazioni di salute e appagamento.


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37. Minacce e ricatto emotivo. Sara Anderlini

2 mesi ago · · 0 comments

37. Minacce e ricatto emotivo. Sara Anderlini

“Guarda che ti tolgo tutti i giochi”, “Se non fai questo io non ti voglio più bene”,  “Se non mangi tutto la mamma è triste” “guarda che così mi arrabbio”. Si potrebbe continuare all’infinito e probabilmente ad ognuno di noi giungerà un po’ di familiarità nel sentire queste espressioni, perché appartengono ad uno stile educativo autoritario, identificato nella “pedagogia nera”.

Per quanto le minacce e il ricatto sono delle modalità che funzionano nel breve termine, portando i bambini a fare ciò che vogliamo, in realtà bisogna riflettere su cosa vogliamo realmente insegnargli e dobbiamo volgere lo sguardo un po’ più lontano. Per un crescita psicologica sana qualsiasi modalità fondata sulla manipolazione va accantonata. Dobbiamo fornire una guida sicura, ferma ed amorevole che generi fiducia nel nostro ruolo, non paura o senso di colpa. Dobbiamo modificare la nostra comunicazione e renderla più rispettosa, tenendo a mente che a volte dobbiamo abbassare le nostre aspettative. Focalizziamoci sulla conseguenza diretta di un comportamento, magari fornendo anche un’alternativa in base all’età, piuttosto che sulle minacce o i ricatti:

  • “Se continui a lanciare i giochi te li tolgo tutti”  (ricatto) → “Se lanci i giochi questi si rompono, meglio se li appoggiamo”/”Non posso permetterti di lanciare i giochi perché si rompono e puoi farti male ecc, mi aiuti a riordinarli?”
  • “Se non ti vesti, niente cartoni per una settimana!” (ricatto) → “Ora dobbiamo vestirci perché si sta facendo tardi/altrimenti all’asilo chiudono i cancelli e non possiamo entrare, dobbiamo proprio andare!”
  • “Guarda che andiamo a casa!” (minaccia) → “Mario noto che in questo momento fai fatica a calmarti e così rischi di farti male o far male a qualcuno, vieni qui con me che ci calmiamo un po’ insieme”

“Se non mangi poi la mamma piange” (ricatto emotivo) → “Va bene se non vuoi mangiare, ascolta se sei sazio, perché poi potrebbe venirti fame”


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36 Genitori e spazi per sé. Paola Pellegrino

2 mesi ago · · 0 comments

36 Genitori e spazi per sé. Paola Pellegrino

Essere genitori non è un impegno con data di scadenza: i figli crescono e con loro la loro

indipendenza, si modificano i loro bisogni ma non si può delimitare concretamente la vita

che viviamo da genitori da quella che viviamo in quanto semplicemente persone ,perché

siamo entrambi sempre.

Per questo l’impegno con noi stessi e con il nostro benessere non può essere rimandato e

non può essere vincolato al ruolo di Genitore per esistere:è fondamentale per la nostra

vita e per la qualità della relazione con i figli stessi.

Ciò che rende difficile continuare a prendersi cura di noi anche con un figlio, spesso ha a

che vedere con le aspettative che abbiamo sul modo in cui questo andrebbe fatto o con il

peso che giudizi morali sul ruolo di madre/padre possono avere sulla nostra storia..

Ciò che conta invece è adattare quello che è possibile o disponibile in ogni momento

anche sulla base dell’età del/i bambino/i e concepire che è normale che in alcuni momenti

lo spazio per noi può essere anche molto piccolo e compresso.

Partire dal piccolo è sempre un passo che necessita di essere valorizzato perché

rappresenta l’impegno di prendersi cura del proprio bambino senza smettere mai di tenere

per mano se stessi con la consapevolezza che per essere un genitore sufficientemente

buono occorre per prima cosa essere persone sufficientemente serene prima di tutto “da

sole”.

I bisogni individuali in quanto persone prima ancora che portatori di un ruolo specifico nella

vita, non può che avere la precedenza per vivere in maniera sana e funzionale.


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35. Non chiamateli capricci. Noemi Virgilio

2 mesi ago · · 0 comments

35. Non chiamateli capricci. Noemi Virgilio

Perché è sbagliato parlare di “capricci”? Il termine capriccio arriva dalla vecchia educazione e rimanda ad un accezione negativa che non ci permette di sintonizzarci con quello che sta succedendo. Quando decidiamo di etichettare un comportamento come “capriccioso”, falliamo nel nostro ruolo educativo perché giudichiamo prima di comprendere e siamo focalizzati sulla nostra necessità di cambiare quel comportamento senza chiederci cosa ci sta comunicando. Le nostre azioni sono rivolte al terminare il comportamento che ci appare inutile, ingiustificato, insensato. Tuttavia quello che vediamo è una disregolazione emotiva, che ha sempre un significato per il bambino che la mette in atto. Il nostro compito è quello di fermare le azioni che possono essere un pericolo per sé o per gli altri, ma è anche quello di comprendere cosa ha innescato quel comportamento. A volte noi vediamo la crisi solo quando è alla sua massima espressione, senza renderci conto che ci sono stati segnali precedenti di disagio da parte del bambino. Il bambino che sente un disagio crescente se non è accompagnato non riesce a regolare le proprie emozioni in autonomia e quando lasciato senza guida arriva ad avere quei comportamenti che noi adulti non capiamo. Quando possibile è importante sintonizzarsi con il bambino già quando ha i primi segnali di disagio, in modo da capire cosa sta innescando la crisi. Non sempre il bisogno è lo stesso, quindi ogni situazione va valutata: può essere ricerca di attenzioni, voglia di condividere qualcosa, troppo entusiasmo, stanchezza, ricerca di comprendere i limiti, etc. Quando ormai la situazione ha portato ad una crisi evidente è importante stare con il bambino, portare la calma di cui ha bisogno, essere l’esempio di calma, aiutare a trovare strategie per sfogarsi talvolta, per esempio colpire un cuscino, o lanciare una palla o strappare dei fogli, oppure respirare con voi o spegnere delle finte candeline per calmarsi.


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34. Crisi di coppia. Sara Anderlini

2 mesi ago · · 0 comments

34. Crisi di coppia. Sara Anderlini

Diventare genitori comporta già dall’inizio della gravidanza l’assunzione di un nuovo ruolo per i membri della coppia. L’assunzione del ruolo genitoriale porta grandi cambiamenti dal punto di vista psicologico e relazionale che, saranno presenti ed in continua evoluzione lungo tutto il resto del ciclo vitale degli individui coinvolti che si trovano a dover svolgere una nuova funzione, compiere scelte, elaborare decisioni, individuare obiettivi assumendo un’ottica comune.

La genitorialità è un processo dinamico rappresentato dalla nascita non solo di un figlio, ma di una nuova relazione.

Dal punto di vista individuale e psicologico i genitori si trovano a dover costruire una nuova identità, quella di madre e padre.

Il singolo genitore si trova a fare i conti con una nuova dimensione personale, rapportata non soltanto al figlio appena nato, ma anche alle proprie esperienze personali di figlio e ai modelli genitoriali acquisiti.

Dal punto di vista relazionale, la coppia muta le proprie dinamiche interne, dovendo riconoscere il cambiamento dei reciproci ruoli, e delle modalità di dialogo tra gli elementi che la compongono, in vista di obiettivi comuni.

L’arrivo di un figlio innanzitutto segna il passaggio da coppia a triade portando un fisiologico disequilibrio. In questo caso la parola “crisi” è da leggere in un’accezione neutra. Ci si ritrova in un nuovo ruolo, si deve imparare a bilanciare la dimensione coppia e quella genitoriale, si fa fatica a ritrovarsi quando l’attenzione è concentrata sul bambino. Ognuno con il proprio bagaglio e con un proprio vissuto. La crisi che interessa il periodo perinatale ha una durata variabile, non è definibile a priori, ma dipende da fattori e caratteristiche della coppia stessa. Sebbene sia una fase naturale, è importante rivolgersi ad uno psicologo, qualora si abbia bisogno di un sostegno o di un accompagnamento, al fine di favorire il processo e ristabilire nuovi equilibri.

 


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33. Scelta degli ambienti. Noemi Virgilio

2 mesi ago · · 0 comments

33. Scelta degli ambienti. Noemi Virgilio

Quando i figli iniziano la loro vita relazionale nei contesti sociali, ci troviamo varie volte a dover fare delle scelte: il nido, la materna, la scuola, lo sport. A volte queste scelte sono basate su una valutazione prettamente pragmatica di vicinanza fisica. Sebbene sia importante scegliere un contesto che permetta di avere una gestione familiare agevole degli spostamenti è altrettanto importante scegliere contesti educativi che siano selezionati anche in base ai nostri approcci educativi. Questo vuol dire conoscere il più possibile i contesti a cui ci affidiamo prima di decidere di mandare i nostri figli. A volte basta analizzare il territorio per renderci conto che ci sono moltissime proposte anche in territori molto vicini a noi, e a volte vale la pena spendere del tempo per valutarli e conoscerli. Chiedere dei colloqui alle insegnanti, partecipare agli open day a fare domande mirate che vi permettano di esplorare la dimensione relazione e gli approcci educativi utilizzati è importante per permettervi di affidarvi e sentirvi sereni quando i vostri figli non sono con voi. Valutate che i contesti a cui vi affidate siano in linea con il vostro approccio educativo, e anche quando non lo sono completamente, valutate di avere a che fare con un contesto aperto al dialogo e alla condivisione. Una volta fatta la scelta che vi sembrerà la migliore, potrà capitare che ci siano momenti in cui non capirete alcune scelte educative. E’ importante stare con il vissuto del bambino, se il bambino è sottoposto ad una certa frustrazione ma si mostra sereno vuol dire che probabilmente sta attivando le sue risorse per affrontare quella frustrazione, e questo lo farà sentire capace. Cercare il confronto con le insegnanti può essere ugualmente utile a voi per comprendere anche il loro punto di vista e sentirvi più allineati. Se invece percepite un disagio nel bambino diventa necessario trovare strategie insieme alle insegnanti che gli permettano di proseguire il suo percorso serenamente.


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32. Ruoli bilanciati tra mamma e papà. Paola Pellegrino

2 mesi ago · · 0 comments

32. Ruoli bilanciati tra mamma e papà. Paola Pellegrino

La Genitorialità è stata per lungo tempo intesa come una dimensione solo femminile. La donna accoglie, partorisce e nutre in ogni senso possibile e questo è vero. Allo stesso tempo è vero che queste dimensioni relazionali interessano anche la figura paterna: un uomo in quanto padre è importante che nutra, accolga e cresca, a partire dalle proprie caratteristiche, la vita del figlio. Questo può avvenire solo se vi è un funzionale bilanciamento tra i due ruoli e quando uomo e donna, padre e madre sono disposti eventualmente anche a rivedere i pregiudizi e gli stereotipi che possono averli accompagnati fino a quel momento. Un corretto bilanciamento permette lo spazio giusto di relazione ad entrambi i membri, permette livelli di sovraccarico e stanchezza più equilibrati, consente una comunicazione più intima e funzionale tra partner in trasformazione, ecc.

Spesso la donna in quanto madre è la prima persona che inconsapevolmente ostacola questo processo per sentimenti diversi, insicurezze e paure. Provare a lasciare andare un pezzettino non significa non essere o non fare abbastanza ma riconoscere che la responsabilità della crescita di questa nuova vita non è solo materna. Ogni coppia genitoriale ha bisogno di tempo e pazienza per poter conoscere ciò che concorre al proprio benessere, crescendo ogni giorno. Regalatevi per questo flessibilità e il giusto sostegno reciproco ed esterno per poterlo fare nel migliore dei modi, migliore per voi.

 


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