Studiare per anni, frequentare l’università dovrebbe essere un potente antidoto ai pregiudizi, alle false credenze e alle facili tifoserie.
Il prodotto primo di anni di studi non dovrebbe essere tanto il bagaglio nozionistico fino a se stesso o il suo risvolto pratico, ma cosa ci si riesce a fare con esso in modo intrinsecamente trasversale nel proprio modo di stare al mondo: capacità di riflessione e di ragionamento, di messa in discussione, capacità critica, analitica…
Alcune discipline dovrebbero portare a questo, perfino più di altre, per loro stessa natura.
Eppure, spesso, ciò non accade e ci si confronta con una ammasso informe di attestati alle pareti che di valore hanno solo la pergamena sulla quale sono stati stampati e di titoli che sono solo una macchia di inchiostro sugli stessi.
Eppure chi sembra doversi difendere è proprio chi porta un sano pensiero laterale, perché il passaggio dall’ascolto all’attacco personale si fa, in breve, immediato. Sembra un paradosso, ma non sono convinta che lo sia davvero.
L’attacco a me appare più come una fisiologica risposta di chi si vede costretto a fare i conti con la più o meno consapevole limitatezza delle proprie posizioni, visto che implicitamente, già solo che gli venga mostrato un punto di vista alternativo, li si mette davanti alla condizione di dover proprio cambiare atteggiamento mentale sulle cose, con tempi e modi che non sono i loro, ma di chi offre il punto di vista diverso: più abbiamo a che fare con convinzioni che diventano verità interne, perfino elementi identitari, più noteremo una chiusura che sfocia fino all’attacco personale.
Il paradosso sta, invece, più nel fatto che lo stesso tipo di formazione sulla quale puntano per esibire un piglio di superiorità, non sia stata capace di scardinare convinzioni radicate, attraverso la vera conoscenza e la curiosità. Una formazione che non offre questo non è formazione, ma indottrinamento.
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Francesca Di Donato – Psicologa
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